Un gruppo di astronomi che studiano le immagini raccolte da una macchina fotografica a 340 megapixel ha individuato un ammasso stellare con un’entità separata dall’ammasso principale della ragione della formazione stellare più studiata nella nostra Galassia, la Nebulosa di Orione
Scritto da Hoda Arabshahi
Utilizzando le immagini ottenute dalla macchina fotografica MegaCam
a 340 Megapixel montata sul telescopio hawaiano, conosciuto come CFHT
(Canada-France-Hawaii Telescope Legacy Survey), gli astronomi hanno
identificato che l’ammasso massiccio di giovani stelle NGC 1980 ha
un’entità nettamente separata dall’ammasso principale della regione
della formazione stellare più studiata nella nostra Galassia.
Una tecnica basata sulla combinazione dei dati ottici, infrarossi e medio infrarossi ha reso certi gli astronomi di star campionando solo le stelle localizzate in primo piano della Nebulosa di Orione. Inoltre, questa tecnica li ha portati alla scoperta di un ammasso vicino ad una piccola stella, battezzata L1641W.
La nebulosa di Orione è una delle grandi meraviglie del cielo notturno. La sua scoperta risale a 400 anni fa quando fu descritta come “nebbia” nei risultati delle osservazioni dell’astronomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1610).
La scoperta della nebulosa di Orione è intimamente associata con lo sviluppo precoce dei telescopi, ma solo negli ultimi 60 anni, gli scienziati hanno capito la vera importanza astrofisica di questo oggetto affascinante: questa nebulosa, come tante altre nella Via Lattea e nelle altre galassie, forma nuove stelle.
All’interno della Nebulosa di Orione, gli astronomi hanno trovato nel corso degli anni un range di oggetti stellari giovani e simili a stelle, dalle stelle ionizzanti massive decine di volte più massicce del Sole agli oggetti noti come nane brune, che non sono abbastanza massicce per bruciare idrogeno e diventare stelle.
Di tutti i nidi giganti nella nostra Galassia, la Nebulosa di Orione è il più vicino alla Terra, solo 1,500 anni luce di distanza. Per questo motivo questa regione è molto speciale, e offre agli astronomi la migliore occasione per capire come le leggi della fisica portano alla trasformazione delle nubi molecolari di gas molto diffuso nelle stelle fallite e nelle stelle che bruciano idrogeno.
Ma, a quanto pare, la realtà è più complessa. Le recenti osservazioni della Nebulosa di Orione dal Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT) con la macchina fotografica MegaCam a 340 Megapixel accoppiate alle precedenti osservazioni del telescopio spaziale Herschel dell’ESA e dei telescopi spaziali XMM-Newton, Spitzer e WISE della NASA hanno rivelato che l’ammasso stellare noto come NGC 1980 è un cluster massiccio ben distinto delle stelle un po’ più vecchie davanti a questa Nebulosa.
Anche se, dagli anni ’60, gli astronomi sapevano della presenza di una popolazione stellare in primo piano, le nuove osservazioni del CFHT hanno rivelato che questa popolazione è più massiccia di quanto si pensasse prima, e non è distribuita in maniera uniforme, raggruppandosi attorno alla stella iota Ori sulla punta meridionale della spada di Orione .
L’importanza di questa scoperta è duplice: il primo, l’ammasso stellare identificato come un’entità separata è solo un fratello poco più grande del Trapezio, un ammasso aperto visibile al centro della Nebulosa di Orione, nella costellazione di Orione, scoperto da Galileo Galilei nel 1617, e il secondo, quello che gli astronomi hanno chiamato “l’ammasso della Nebulosa di Orione” (ONC) è in realtà una miscela complessa di questi due ammassi.
Hervé Bouy del Centro europeo di astronomia spaziale a Madrid, uno dei due autori di questo studio, spiega: “Abbiamo bisogno di definire quello che pensavamo che fosse la stella più robusta.”
Lo scienziato sottolinea la necessità delle successive ricerche sulla Nubeulosa di Orion in cui “dobbiamo svelare queste due popolazioni miste, se vogliamo comprendere la regione, e la formazione stellare in questi gruppi, e le prime fasi di formazione dei pianeti. Per me la parte più interessante è che il fratello più grande cioè l’ammasso iota Ori, è così vicino a quello più giovane come le stelle ancora in fase di formazione all’interno della Nebulosa di Orione”, ha dichiarato João Alves dell’Università di Vienna.
Il risultato di questo studio è stato pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics.
Tratto da: gaianews.it
Una tecnica basata sulla combinazione dei dati ottici, infrarossi e medio infrarossi ha reso certi gli astronomi di star campionando solo le stelle localizzate in primo piano della Nebulosa di Orione. Inoltre, questa tecnica li ha portati alla scoperta di un ammasso vicino ad una piccola stella, battezzata L1641W.
La nebulosa di Orione è una delle grandi meraviglie del cielo notturno. La sua scoperta risale a 400 anni fa quando fu descritta come “nebbia” nei risultati delle osservazioni dell’astronomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1610).
La scoperta della nebulosa di Orione è intimamente associata con lo sviluppo precoce dei telescopi, ma solo negli ultimi 60 anni, gli scienziati hanno capito la vera importanza astrofisica di questo oggetto affascinante: questa nebulosa, come tante altre nella Via Lattea e nelle altre galassie, forma nuove stelle.
All’interno della Nebulosa di Orione, gli astronomi hanno trovato nel corso degli anni un range di oggetti stellari giovani e simili a stelle, dalle stelle ionizzanti massive decine di volte più massicce del Sole agli oggetti noti come nane brune, che non sono abbastanza massicce per bruciare idrogeno e diventare stelle.
Di tutti i nidi giganti nella nostra Galassia, la Nebulosa di Orione è il più vicino alla Terra, solo 1,500 anni luce di distanza. Per questo motivo questa regione è molto speciale, e offre agli astronomi la migliore occasione per capire come le leggi della fisica portano alla trasformazione delle nubi molecolari di gas molto diffuso nelle stelle fallite e nelle stelle che bruciano idrogeno.
Ma, a quanto pare, la realtà è più complessa. Le recenti osservazioni della Nebulosa di Orione dal Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT) con la macchina fotografica MegaCam a 340 Megapixel accoppiate alle precedenti osservazioni del telescopio spaziale Herschel dell’ESA e dei telescopi spaziali XMM-Newton, Spitzer e WISE della NASA hanno rivelato che l’ammasso stellare noto come NGC 1980 è un cluster massiccio ben distinto delle stelle un po’ più vecchie davanti a questa Nebulosa.
Anche se, dagli anni ’60, gli astronomi sapevano della presenza di una popolazione stellare in primo piano, le nuove osservazioni del CFHT hanno rivelato che questa popolazione è più massiccia di quanto si pensasse prima, e non è distribuita in maniera uniforme, raggruppandosi attorno alla stella iota Ori sulla punta meridionale della spada di Orione .
L’importanza di questa scoperta è duplice: il primo, l’ammasso stellare identificato come un’entità separata è solo un fratello poco più grande del Trapezio, un ammasso aperto visibile al centro della Nebulosa di Orione, nella costellazione di Orione, scoperto da Galileo Galilei nel 1617, e il secondo, quello che gli astronomi hanno chiamato “l’ammasso della Nebulosa di Orione” (ONC) è in realtà una miscela complessa di questi due ammassi.
Hervé Bouy del Centro europeo di astronomia spaziale a Madrid, uno dei due autori di questo studio, spiega: “Abbiamo bisogno di definire quello che pensavamo che fosse la stella più robusta.”
Lo scienziato sottolinea la necessità delle successive ricerche sulla Nubeulosa di Orion in cui “dobbiamo svelare queste due popolazioni miste, se vogliamo comprendere la regione, e la formazione stellare in questi gruppi, e le prime fasi di formazione dei pianeti. Per me la parte più interessante è che il fratello più grande cioè l’ammasso iota Ori, è così vicino a quello più giovane come le stelle ancora in fase di formazione all’interno della Nebulosa di Orione”, ha dichiarato João Alves dell’Università di Vienna.
Il risultato di questo studio è stato pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics.
Tratto da: gaianews.it
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