Ora il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approva la realizzazione del complesso Cemex che consentirà di cementare e condizionare i rifiuti radioattivi liquidi ad alta attività (i più pericolosi) presenti nell’impianto Eurex di Saluggia (Vercelli). Queste scorie saranno conservate all’interno del deposito temporaneo D3, in vista del loro successivo trasferimento al deposito unico nazionale.
Lo rende noto la Sogin che nei giorni scorsi ha firmato il
contratto d’appalto per la progettazione esecutiva e la costruzione del
complesso, attività che saranno ultimate in 42 mesi. «Una tappa
fondamentale – rileva l’azienda – per proseguire le attività di bonifica
dell’impianto Eurex».
Il decreto di autorizzazione per la realizzazione del complesso
Cemex, all’interno del sito Eurex di Saluggia, pubblicato sul sito
internet del dicastero, «è stato emesso al termine della Conferenza dei
servizi, nel corso della quale è stata raggiunta l’intesa fra Stato e
Regione Piemonte – spiega Sogin – Tale atto conclude l’iter
autorizzativo per le opere di interesse pubblico, e sostituisce, ad ogni
effetto, atti di intesa, pareri, concessioni, anche edilizie,
autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti da leggi statali e
regionali».
Tutto a posto? «Il complesso Cemex, comprensivo del deposito
temporaneo D3 – sottolinea la Sogin – aveva ottenuto, nel 2008, il
decreto di compatibilità ambientale Via dal Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare e, nel 2010, l’autorizzazione del
Ministero dello Sviluppo Economico (prevista dall’art.6 della legge
1860/62)». Secondo la Sogin «tale atto conclude l’iter autorizzativo,
previsto dal D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 e s.m.i, per le opere di
interesse pubblico, e sostituisce, ad ogni effetto, atti di intesa,
pareri, concessioni, anche edilizie, autorizzazioni, approvazioni, nulla
osta, previsti da leggi statali e regionali».
Irresponsabilità istituzionale – La pratica di
cementare gli scarti atomici è un’abitudine tutta italiana, bocciata a
livello scientifico internazionale, già praticata nel centro di ricerca
atomica dell’Enea in Basilicata. Il primo cimitero nucleare italiano è stato realizzato alla Trisaia di Rotondella (provincia di Matera), in riva al fiume Sinni a poche centinaia di metri dal mar Jonio,
scavando delle semplici fosse nella nuda terra, ben 40 anni fa.
L’operazione segreta, oltretutto, ha devastato un’ area archeologica e
gli antichi siloi.
In pasta al cemento: basta scorrere la letteratura in materia per
rendersi conto dell’assurdità. D’altronde, l’Italia, al pari di Stati
Uniti, Gran Bretagna, Francia, Unione Sovietica (Russia), Svizzera,
Germania ha affondato nelle profondità marine, lontano da occhi
indiscreti, la propria melma nucleare già a partire dalla fine degli
anni Sessanta. I documenti dell’Unione europea lo certificano senza
alcun dubbio. La malsana idea di inglobare nel cemento i rifiuti
nucleari più pericolosi è del generale Carlo Jean (nominato nel 2003 da Berlusconi, commissario per l’emergenza nucleare), e diventa operativa il primo luglio 2004.
Sul caso Cemex, il 28 dicembre 2006 Alessandro Longhi ha presentato al Governo Prodi l’interrogazione a risposta scritta numero 4-02096.
L’atto parlamentare non ha mai avuto risposta. Secondo Longhi, tra
l’altro, “il progetto Cemex avrebbe un valore di circa 80 milioni di
euro”. A tutt’oggi non è stata ancora individuata dalla scienza e dalla
tecnologia l’esatta miscela di cemento in grado di inertizzare le scorie
atomiche. Con la vetrificazione (una tecnica usata in Francia e Gran
Bretagna) si sarebbe speso la metà.
Il centro di ricerche Eurex (Enriched Uranium
Extraction) di Saluggia di proprietà dell’Enea, risulta in funzione dal
1970 al 1984. In loco si riprocessavano le barre di combustibile della
centrale di Trino e della centrale di Petten (Olanda) per estrarne
uranio e plutonio.
Il punto nodale: i livelli di contaminazione radioattiva erano già
noti alle autorità italiane negli anni ’70, ben prima del disastro di
Chernobyl (1986). E’ sufficiente leggere con attenzione i rapporti del Cnen e dell’Enea riguardo alla centrale atomica del Garigliano
ed all’inquinamento di suolo, sottosuolo, nonché di un’ ampia area
marina del Tirreno. I rilasci radioattivi sono avvenuti a seguito di
incidenti nascosti all’opinione pubblica ed alcune piene del fiume Garigliano,
attraverso le emissioni in aria e gli scarichi liquidi. La catena
alimentare risulta compromessa da alcuni decenni. Riferimenti
bibliografici? C’è l’imbarazzo della scelta oper chi vuole documentarsi e
capire in quale inferno i governanti italioti per conto terzi hanno
ridotto l’Italia. E’ sufficiente studiare gli atti del convegno
organizzato dall’Enea il 14 giugno 1983 a La Spezia: Un esempio di analisi ecologica del sistema marino-costiero. Da Capo Circeo all’isola di Ischia. Il più interessante contributo scientifico è senz’altro quello di Papucci e Lovarello, dal titolo: La distribuzione dei radionuclidi tra Capo Circeo e l’Isola di Ischia.
Anche basi dosi di radiazioni sono dannose per la salute dell’essere umano. Gianni Mattioli, docente di Fisica alla Sapienza non ha dubbi in merito: «Il
danno sanitario da radiazioni è un danno senza soglia. Dosi anche
piccole di radioattività innescano spesso processi di tumori, leucemie,
tanto che la definizione di “dose massima ammissibile” per i lavoratori e
per le popolazioni, fornita dalla Commissione internazionale per la
radioprotezione, invece di essere “quella particolare dose al di sotto
della quale non esiste rischio”, è curiosamente “quella dose cui sono
associati effetti somatici, tumori e leucemie, che si considerano
accettabili a fronte dei benefici economici associati a siffatte
attività o radiazioni”. Attualmente la dose per i lavoratori di una
centrale è di 20 millisievert e per le popolazioni di un millisievert,
che rappresenta in media il raddoppio del fondo naturale di radiazioni –
puntualizza il padre della lotta nucleare italiane negli anni ’80 – Se
gli stessi criteri fossero applicati ad una fabbrica di auto con 50 mila
dipendenti, ad esempio la Fiat, ogni anno avremmo 50 operai ammalati di
tumore».
L’Europa uccide – Il 3 novembre 2010 la Commissione europea ha proposto una direttiva sullo stoccaggio degli scarti atomici.
In sintesi: secondo questa Commissione la soluzione è disfarsi
dell’ingombrante spazzatura nucleare nascondendola sotto terra, magari
in un altro Stato. Nulla di nuovo: solo che ora c’è una copertura
apparentemente a norma di legge. In altri termini, si legalizza un
andazzo criminale degli Stati occidentali (in primis: Europa & Stati
Uniti) che per decenni hanno occultato nei Paesi del terzo mondo,
soprattutto in Africa (alla voce Somalia: progetto Urano 2), ma anche nel Mar Nero a danno in particolare della Turchia,
enormi quantitativi di rifiuti chimici e nucleari. I burocrati di
Bruxelles si sono affidati al Joint Research Centre e all’European
Implementing Geological Disposal Technology Platform. Proprio
quest’ultima società di ricerca sostiene in un documento finanziato
dall’Euratom, che lo «stoccaggio in depositi profondi è la soluzione più
appropriata» per disfarsi dei rifiuti nucleari.
Secondo un rapporto di Helene Wallace, direttore dell’istituto di ricerca GeneWatch «finora
non esiste un impianto in nessuna parte del mondo dimostratosi
all’altezza di questo compito che prevede un “deposito di sicurezza” per
materiale variamente confinato che presenta rischi sanitari e
ambientali per una arco di tempo stimabile nelle decine o nelle
centinaia di migliaia di anni».
Sempre a proposito dell’Unione europea: ad Ispra – a meno di 50 chilometri dal centro di Milano – sorge un centro nucleare (ex Euratom)
ceduto in proprietà dallo Stato italiano all’Ue. Nel sito ci sono due
reattori nucleari in fase di dismissione dall’anno 2005 e ben 12 mila
metri cubi di scorie atomiche – in condizioni di evidente insicurezza
– insaccate in migliaia di fusti in pessime condizioni da 220 litri
(progettati per resistere solo alcuni anni); ed inoltre sono presenti
alcune decine di elementi di combustibile irraggiato. Già nel 1980 l’Enea
aveva avvertito la popolazione locale di non bere l’acqua del Lago
Maggiore, di non mangarne i prodotti lacustri e addirittura di non
bagnarvisi. Proprio qui ha mosso i primi sulla scena delle ecomafie
internazionali, il famigerato Giorgio Comerio con i
suoi siluri penetratori. Ed infine, in loco, è stato sviluppato negli
anni ’70 il progetto costato 120 milioni di dollari, finanziato dalla Cee e dagli Stati Uniti d’America, che prevedeva l’affondamento negli abissi marini delle scorie nucleari.
Mafie di Stato – Ad onor di cronaca: per lo smantellamento della centrale nucleare di Caorso la stessa Sogin si affidò nel 2008, senza gara d’appalto, alla ditta Eco.ge dei Mamone: una famiglia calabrese considerata dalla Direzione investigativa antimafia, “imparentata ed organica alla ‘ndrangheta”.
Dopo aver fatto questa scoperta direttamente nel sito nucleare in riva
al Po, fui contattato da due funzionari della Sogin che mi chiesero di
tenere la bocca chiusa; in sostanza, pretesero omertà, ma non la
ottennero. Infatti alla presenza del mio legale feci verbalizzare da un
ufficiale e due sottufficiali del Noe carabinieri di
Roma, i risultati di questa scoperta giornalistica e ne parlai
pubblicamente in una serie di incontri pubblici. Dopodiché misi
direttamente al corrente alcuni magistrati della Procura Nazionale
Antimafia. Risultati giudiziari a tutt’oggi? Non pervenuti. In compenso,
sono giunti attentati e minacce di morte.
Lo scenario in mano ai servizi segreti ed alla criminalità
organizzata per lavori di bassa manovalanza, è catastrofico: addirittura
il Governo Berlusconi nel 2003 ha posto il segreto di Stato sulla centrale nucleare militare di San Piero a Grado,
ad un soffio da Pisa. Da allora, esclusa incredibilmente dalla
contabilità nucleare nazionale. In loco le scorie atomiche (di terza
categoria) sono state seppellite nella pineta marittima di Migliarino San Rossore: un’area protetta sulla carta.
In ogni caso nello Stivale, come sempre si fa finta di nulla:
carichi radioattivi che sfuggono ad ogni controllo, grazie alle tacite
connivenze dell’autorità centrale e di quelle periferiche. In quale buco
nero vanno a finire attualmente i rifiuti radioattivi (e relative
sorgenti) di origine sanitaria e industriale?
La devastazione dell’ambiente è la cartina di tornasole della
rapina economica, del degrado morale e della sudditanza politica a
Nazioni straniere. La salute di città, paesi e territori minacciata da
fiumi sotterranei d’ogni sorta di veleni mortali. E la barca va…
all’affondamento, mentre imperversano le distrazioni grullesche ed il
potere finanziario a livello internazionale detta sempre più legge.
(Rock solid’ A Scientific Review of Geological Disposal of High-Level Radioactive Waste):
http://www.greenpeace.org/eu-unit/press-centre/reports/rock-solid-a-scientific-review
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=nucleare
inquinamento nucleare d’Italia, prima del disastro di Chernobyl (bibligrafia di sintesi):
Anselmi, B., Benvegnu, F., Brondi, A., Ferretti, O, 1979 – Studi sui parametri biologici rilevanti al fine della contaminazione ambientale del territorio nazionale – Cnen RT/prot (79) 14.
Anselmi, B., Ferretti, O., Papucci, C., 1981 – Studio preliminare dei sedimenti della piattaforma costiera della zona della foce del Garigliano. Rendiconti Soc. Ital. di Min. e Petrografia, 38 (1): pp. 367-384.
Anselmi, B., Brondi, A., Ferretti, O., Papucci, C., 1983 – Connessioni tra geormofologia costiera, granulometria dei sedimenti e distribuzione di radionuclidi in zone marine subcostiere. Annali di Radioprotezione, 1982, pp. 109-129.
Antonelli, A., Castaldo, M., Cigna Rossi, L., Laneri, U., Pagnotta, R., 1970 – Primi risultati di un’indagine radioecologica sul fiume Garigliano. Atti del XVI congresso nazionale Associazione Italiana di Fisica Sanitaria e di Protezione contro le radiazioni. Firenze 24-26 settembre 1970.
Antonelli, A., Castaldo, N., Cigna Rossi, L., Laneri, U., Pagnotta, R., 1971 – Determinazione dei fattori di concentrazione in componenti abiotici e biologici del fiume Garigliano in Proceedings of the International Symposium on Radioecology applied to the Protection of man and his Environment. Rome, 7-10 September 1971.
Enel, 1977 (e aggiornamenti) – Informazioni relative alla richeista di revisione delle prescrizioni tecniche per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi della centrale del Garigliano.
inquinamento nucleare d’Italia, prima del disastro di Chernobyl (bibligrafia di sintesi):
Anselmi, B., Benvegnu, F., Brondi, A., Ferretti, O, 1979 – Studi sui parametri biologici rilevanti al fine della contaminazione ambientale del territorio nazionale – Cnen RT/prot (79) 14.
Anselmi, B., Ferretti, O., Papucci, C., 1981 – Studio preliminare dei sedimenti della piattaforma costiera della zona della foce del Garigliano. Rendiconti Soc. Ital. di Min. e Petrografia, 38 (1): pp. 367-384.
Anselmi, B., Brondi, A., Ferretti, O., Papucci, C., 1983 – Connessioni tra geormofologia costiera, granulometria dei sedimenti e distribuzione di radionuclidi in zone marine subcostiere. Annali di Radioprotezione, 1982, pp. 109-129.
Antonelli, A., Castaldo, M., Cigna Rossi, L., Laneri, U., Pagnotta, R., 1970 – Primi risultati di un’indagine radioecologica sul fiume Garigliano. Atti del XVI congresso nazionale Associazione Italiana di Fisica Sanitaria e di Protezione contro le radiazioni. Firenze 24-26 settembre 1970.
Antonelli, A., Castaldo, N., Cigna Rossi, L., Laneri, U., Pagnotta, R., 1971 – Determinazione dei fattori di concentrazione in componenti abiotici e biologici del fiume Garigliano in Proceedings of the International Symposium on Radioecology applied to the Protection of man and his Environment. Rome, 7-10 September 1971.
Enel, 1977 (e aggiornamenti) – Informazioni relative alla richeista di revisione delle prescrizioni tecniche per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi della centrale del Garigliano.
(foto Gilan: Cemerad, scorie radioattive abbandonate)
Gianni Lannes
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