Un’ora
di buio per ricordare al mondo la necessità di intervenire per salvare
la Terra dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale. Scatta
oggi “L’Ora della Terra”: in oltre 150 paesi, a seconda del fuso orario,
per un'ora verrà spenta l’illuminazione ai luoghi simbolo
Si va dalla
Cupola di San Pietro a Roma, alle 20.30, all’Empire State Building di
New York, dalla porta di Brandeburgo di Berlino, al Cremlino a Mosca.
L’iniziativa, nata per volere del WWF, quest’anno ha visto l’adesione
del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon e di nuovi Paesi, come
Palestina, Tunisia, Galapagos, Suriname, Guyana Francese, St.Helena e
Rwanda. Francesca Sabatinelli ha intervistato Simone Bastianoni, docente di chimica dell’ambiente all’Università di Siena:
R. – Stiamo consumando le risorse del pianeta in maniera troppo veloce e troppo devastante per il pianeta stesso.
D.
– Sono tantissimi i Paesi che hanno aderito, ci sono manifestazioni
collegate a questo evento che poi alla fine si riduce a un’ora in un
anno. Bisognerebbe sensibilizzare di più gli abitanti di questo pianeta:
ci si riesce?
R. – E’ molto difficile, perché ci sono due
esigenze all’apparenza contrastanti. Da una parte c’è questa crisi
ambientale enorme per cui in un anno consumiamo quello che la Terra ci
darebbe in un anno e mezzo: ci vorrebbero, quindi, 1,5 terre per
supportare gli abitanti della Terra stessa. Al contempo, la crisi
economica ci dice sempre che la parola d’ordine è “crescita”, quindi:
aumentare i consumi. Queste due cose, all’apparenza diventano opposte
l’una all’altra, nemica l’una dell’altra: l’economia nemica degli
aspetti ambientali, e così via. In realtà, la cosa potrebbe essere molto
più facilmente gestibile con un’unione armoniosa delle due,
dell’economia e degli aspetti ambientali.
D. – Da chi dovrebbe partire l’educazione, in questo senso?
R.
– Siamo abbastanza pieni, direi, di educazione, nel senso che di
momenti in cui queste cose ci vengono ricordate sono veramente tanti.
Purtroppo, il metro economico al momento è quello dominante per cui la
cultura di quello che viene il giorno dopo è sempre più impellente che
non una visione un po’ più a lungo termine.
D. – Papa Francesco,
sin dalla sua elezione si è molto richiamato alla responsabilità
dell’uomo affinché si dedichi di più all’ambiente, affinché manifesti
una maggiore attenzione verso l’ambiente, verso il Creato …
R. –
Devo dire che le parole del Papa hanno dato anche a me una grande
speranza di cambiamento in questo senso. C’è bisogno di capire che la
Terra è quella che ci fornisce da mangiare, da vestire, tutto ciò che
abbiamo ce lo fornisce la Terra. E se noi avveleniamo la Terra, o la
consumiamo troppo velocemente, ovviamente la Terra non potrà che darci
il risultato di questi eccessi di consumi, degli eccessi di
inquinamento, e quindi per noi non sarà un momento – in qualche caso lo è
già – particolarmente facile da affrontare.
D. – Ma lo stato attuale di salute della Terra, qual è?
R.
– Lo stato attuale non è semplice. La situazione per molti aspetti è
ancora reversibile: siamo ancora in tempo a percorrere strade molto più
virtuose di quelle attuali. Sicuramente la direzione in cui stiamo
andando non è quella auspicabile. La popolazione della Terra è una
popolazione enorme, per essere mantenuta in vita ha bisogno di risorse
in grandissima quantità. Queste risorse ovviamente sono limitate. Fino a
che non ci rendiamo conto che viviamo in un sistema limitato, e non
traiamo le conseguenze da questa idea, non cambieremo rotta e la rotta
che stiamo seguendo non è sicuramente una rotta auspicabile per il bene
dell’umanità.
D. – Comunque ci sono degli esempi virtuosi: ci
sono aziende che hanno basato la loro produzione e anche le loro
campagne pubblicitarie sul rispetto dell’ambiente …
R. –
Sicuramente sì! Esempi virtuosi in questo senso ce ne sono. E’ una
cultura che si sta diffondendo: situazioni in cui, ad esempio, alla fine
della spesa, una persona può vedere quanti gas-serra con quanto
acquistato. C’è l’idea di aumentare la consapevolezza delle persone
anche da parte di alcune grandi aziende o del sistema di distribuzione,
ma è il criterio dei valori, la cultura, che devono cambiare
profondamente.
Fonte
No comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.