Essere famosi, avere successo nella vita e nella carriera, ha il suo lato negativo: si vive di meno. L’amletico dilemma diviene dunque “essere o non essere (famosi)?”.
La risposta dipende da ciò che riteniamo più importante: una vita breve ma intensa, o una vita più lunga un pò più nell’ombra – normale, insomma.
Ma per chi ha scelto la fama e il successo, lo scotto è appunto una vita più breve. Questo, almeno, è quanto suggerito dai ricercatori statunitensi, Richard Epstein e Catherine Epstein, che hanno analizzato oltre 1.000 necrologi pubblicati tra il 2009 e il 2011 sul New York Times.
I necrologi sono stati suddivisi in base al sesso, l’età, la professione e la causa della morte della persona. La scelta dei necrologi è stata dettata dal sapere che chi è oggetto di questa pratica, in genere, è una persona conosciuta, di successo.
Oltre a queste caratteristiche, i necrologi sono anche stati scremati per quattro distinte categorie professionali generali, che contenevano al loro interno delle sottocategorie: attori, cantanti, musicisti , ballerini, sportivi, scrittori, compositori e artisti visivi. E attività come quella militare, politica e professionale, accademica e religiosa.
Tutti i dati sono riportati sulla rivista QJM: An International Journal of Medicine, e mostrano come la fama non sempre va a braccetto con la longevità. Ad avere avuto la peggio, stando ai necrologi, sono stati i maschi, con 813 decessi contro i 186 delle femmine.
Quanto a professione, chi esercitava un mestiere operativo come lo sport era più soggetto a morte prematura, al pari di chi esercitava un mestiere creativo, come recitare: in sostanza, ad avere la peggio sono sportivi e attori.
Se la passano invece meglio i professionisti accademici e i docenti universitari, e ancora di più i militari di carriera e i politici. Tra le cause di morte, le più frequenti sono state gli incidenti, le infezioni (HIV compreso) e i tumori. [lastampa.it]
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