Un motore a fusione nucleare potrebbe avvicinare di molto la possibilità dell'esplorazione umana di Marte.
I motori a combustione chimica utilizzati finora per i veicoli interplanetari hanno il difetto di funzionare solo per breve tempo prima di esaurirsi. La quasi totalità del viaggio, quindi, avviene in navigazione inerziale, a motore spento. Anche il viaggio verso un pianeta vicino come Marte dura perciò mesi, o anche anni per un veicolo di grandi dimensioni. Un tempo accettabile per una sonda automatica, ma che per un equipaggio umano presenterebbe problemi oggi insormontabili, come la lunga esposizione alle radiazioni cosmiche.
Nel corso del recente simposio NIAC (NASA Innovative Advanced Concepts) è stato però proposto il concetto di un motore a fusione nucleare che, secondo il suo inventore, il professor John Slough della Boeing, potrebbe "rendere i viaggi spaziali con equipaggio umano non solo possibili, ma addirittura banali".
A differenza di quanto avveniva nei motori nucleari concepiti in passato, qui il combustibile non si limita a scaldare il propellente, ma diventa esso stesso il propellente. Ciò significa che viene immediatamente espulso (minimizzando i problemi di radioattività), e che l'impulso specifico (cioè il rapporto tra spinta ottenibile e massa) è molto maggiore.
Presso il Plasma Dynamics Lab di Redmond è stata già allestita una camera di combustione sperimentale per provare la validità del meccanismo. Il progetto ha già ricevuto un secondo finanziamento e si avvia a raccogliere dati per la costruzione di un modello operativo. Secondo Slough e i suoi colleghi, con il motore FDC il viaggio verso Marte potrebbe durare dai 30 ai 90 giorni.
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