L'agricoltura spaziale non è più solo fantascienza. La tecnologia rende oggi possibile la coltivazione dei suoli extraterrestri, attraverso la selezione delle varianti vegetali più adatte e resistenti. E colture ancora più impegnative sono in progetto per i prossimi anni.
Gli ultimi esperimenti effettuati nel
campo hanno infatti dimostrato che la coltivazione di specie vegetali
nello spazio è possibile ma presenta una serie di particolarità. Per prima cosa le varietà prodotte sono affette da una forma di nanismo, che aumenta da una generazione all’altra. In secondo luogo, nelle coltivazioni extraterrestri bisogna tener sempre presenti alcuni essenziali fattori: la limitatezza dello spazio a disposizione per le colture, la scarsità della luce, la particolare composizione del suolo a disposizione (ricco a volte di sali, perclorati e metalli pesanti), la diversa forza di gravità, la disponibilità e il ciclo dell’acqua, la concentrazione dell’anidride carbonica, dell’azoto e dell’ossigeno.
Le prospettive future dell’agricoltura spaziale
Al momento i ricercatori stanno studiando delle varietà super-nane
(tra queste non solo grano, riso e patate, ma anche lattuga, cipolle,
pomodori e fragole) in grado di soddisfare tutte queste esigenze e di
resistere a condizioni di vita totalmente differenti da quelle presenti
sulla terra. Hanno poi individuato nelle luci a Led, economiche ed efficienti, una buona fonte di energia per il compimento della fotosintesi.
Infine, ci sono i prototipi dei progetti già in via di sviluppo: come
la serra lunare, che entro il 2030 potrebbe raggiungere la grandezza di
25 metri quadrati e poi via via fino ad assumere dimensioni che
consentano la sopravvivenza e l’autosufficienza di almeno un astronauta.
E magari la tecnologia spaziale ideata per la coltivazione dei suoli extraterrestri potrà essere poi reimpiegata in patria a tutto vantaggio di soluzioni ecologiche utili per le megalopoli del futuro.
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