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Wednesday, December 25, 2013

La vera storia (antica) di Babbo Natale



Ogni anno, milioni di bambini in tutto il mondo aspettano con ansia l’arrivo di Babbo Natale. I genitori raccontano ai loro figli la storia di un uomo anziano con la barba bianca, vestito con un giubba rossa, che vive al Polo Nord e che ogni notte del 25 dicembre gira il mondo a bordo della sua slitta volante trainata da renne magiche per distribuire regali ai bambini più buoni.
In realtà, questa favola, che non ha nulla a che vedere con le storia vera che lega la figura di Babbo Natale al personaggio storico di San Nicola, è la sapiente opera di cesellatura portata avanti dai maghi del marketing. In realtà, il Babbo Natale vestito di rosso e con la barba bianca è un personaggio inventato.
Peggio. Un personaggio pubblicitario. Sono stati infatti i pubblicitari della Coca Cola, all’inizio degli anni ’30, a creare l’immagine del vecchietto sulla slitta, per promuovere la bevanda nei mesi invernali. In particolare il celebre illustratore Haddon Sundblom: fu lui a porre la firma al primo disegno del moderno Santa Claus.
Sarebbe bello, per amore di verità e di rispetto per i propri figli, che i genitori raccontassero anche la storia del vero Babbo Natale, un uomo che ha dedicato la sua vita alla cura dei bambini più poveri. La sua storia comincia con Nicola (270-343 d.C.), un uomo nato a Patara, all’epoca un villaggio greco, ma che poi è diventato parte della Turchia.
Come riportato sul sito del St. Nicholas Center, Nicola nasce in una famiglia benestante, dal quale riceve una solida educazione religiosa. Entrambi i suoi genitori morirono a causa di un’epidemia, quando Nicola era ancora molto giovane. Affascinato dalle parole di Gesù “va, vendi quello che hai e dallo ai poveri”, Nicola utilizzò tutta l’eredità lasciatagli dai genitori per aiutare i bisognosi, gli ammalati e i sofferenti.
Sentì ad un tratto di voler dedicare la sua vita a Dio, diventando vescovo di Myra ancora molto giovane. Il vescovo Nicola divenne subito noto in tutto il paese per la sua generosità verso i più bisognosi, il suo amore per i bambini e la sua attenzione per i marinai e le navi.
Sotto il regno dell’imperatore Diocleziano, il quale perseguitò spietatamente i cristiani, il vescovo Nicola ebbe a soffrire l’esilio e la prigionia. Le prigioni pare che fossero così piene di vescovi, sacerdoti e diaconi che non ci fosse più spazio per assassini, ladri e rapinatori. Dopo la sua liberazione, Nicola partecipò ai lavori del Concilio di Nicea del 325 d.C. La sua morte avvenne il 6 dicembre 343 d.C. A Myra, dove fu sepolto nella chiesa cattedrale.
Sono molte le storie che si sono tramandate sulla vita e le opere di San Nicola, le quali ci aiutano a comprendere il suo carattere straordinario e perchè fosse così amato e venerato come protettore dei bisognosi e dei bambini. In una di queste, si racconta che Nicola aiutò segretamente un povero padre di tre giovani donne con tre sacchetti pieni d’oro.
Se le tre figlie non avessero avuto una buona dote, non avrebbero trovato marito e sarebbero state vendute come schiave. I sacchetti con l”oro, lanciati attraverso una finestra aperta, finirono in alcune calze lasciate ad asciugare davanti al fuoco del camino. Ed è così che nacque l’usanza per i bambini di appendere le calze per ricevere i regali di San Nicola.
Altre storie raccontano di come Nicola salvò il suo popolo dalla carestia, difese gli innocenti ingiustamente accusati e aiutò i bambini bisognosi. Molte delle sue azioni erano compiute in segreto, senza aspettarsi nulla in cambio. Nel giro di un secolo dalla sua morte fu riconosciuto e celebrato come un santo. Oggi è venerato in Oriente e Occidente come patrono di una grande varietà di persone: bambini, marinai, orfani, viaggiatori, poveri, fanciulle da marito, vittime di errori giudiziari e prigionieri.
Attraverso i secoli, San Nicola ha continuato ad essere venerato dai cattolici, ortodossi e protestanti. Con il suo esempio di generosità verso chi è nel bisogno, specialmente i bambini, San Nicola continua ad essere un modello per uno stile di vita basato sulla cura altrui e sull’affetto gratuito.
Almeno fino a quando le multinazionali non ne sterilizzeranno completamente la figura facendone un testimonial commerciale. Una società civile, a prescindere dall’orientamento religioso dei suoi componenti, non dovrebbe permettere l’annacquamento delle proprie figure ‘eroiche’ tradizionali.
Certamente, le religioni (tutte) hanno commesso errori e misfatti nel corso della storia, ma hanno sempre rappresentato un baluardo contro la completa ‘cosificazione’ della vita e l’ultimo contatto con la domanda sul senso della vita. Nel disegno scellerato di chi vuole trasformare l’uomo in uno schiavo-consumatore, le religioni hanno il fastidioso pregio di stimolare il contatto con la dimensione spirituale dell’esistenza: non bisogna permettere il loro annientamento, sia per ragioni culturali che per ragioni antropologiche.

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