Due anni dopo, centinaia di migliaia di evacuati sono ancora in attesa di risposte dal Governo e di risarcimenti dalla TEPCO
Due anni dopo, sono ancora in attesa di una sistemazione adeguata e di un risarcimento.
Vivono in casupole da poco più di 30 metri quadri e aspettano che le
promesse del Governo diventino realtà. Se mai lo diventeranno. Non si
sta parlando dell’Italia dei dissesti e dei terremoti, delle
inefficienze e delle promesse mancate: la denuncia arriva infatti dal
Giappone, preso spesso come esempio di funzionalità e ottimizzazione dei
servizi e che invece si trova oggi ad affrontare l’onda a lungo termine
degli effetti del terremoto e dello tsunami che nel marzo 2011 hanno devastato il Paese, costringendo centinaia di migliaia di persone all’evacuazione e riproponendo il rischio di un disastro nucleare.
A distanza di due anni, la speranza di
poter fare ritorno alle proprie case o di ottenere migliori condizioni
di vita rimane un miraggio per molti evacuati dalle aree contaminate . A
documentarlo è il giornalista della RT Aleksey Yaroshevsky, che
raccolto le testimonianze degli sfollati, alloggiati in minuscole casupole da 30 metri quadri
a Koriyama, e rilevato come alla speranza di poter tornare alla propria
vita precedente è seguita la disillusione: «Quando lo tsunami ha
colpito – ha raccontato uno di loro alla RT – ci è stato detto di
portare con noi solo le cose strettamente necessarie e di scappare. Hanno detto che sarebbe stata solo una questione di due, tre giorni.
Ora, vivendo in questa gabbia di casa, tornare nella nostra abitazione è
un sogno che sappiamo non diventerà realtà. Siamo stati riempiti di
promesse per una casa più grande, ma fino ad ora questo sono state:
promesse».
Secondo il Ministero delle scienze e dell’ambiente, indicativamente 84mila evacuati hanno ricevuto o riceveranno dalla compagnia che gestiva la centrale di Fukushima (la TEPCO, Tokyo Electric Power Co.) un’indennità per l’evacuazione
calcolata sulla base del tenore di vita precedente al cataclisma. La
compagnia infatti è stata accusata di non aver preso le precauzioni
necessarie e immediate per contenere i danni a seguito dello tsunami,
tanto che a settembre il Japan Times aveva parlato di 171 persone della
prefettura di Fukushima che l’avevano citata in giudizio insieme al
Governo Giapponese per un totale di 15,714,000 dollari di danni. Reclami simili sono stati schedati in almeno undici tribunali distrettuali del Giappone.
Nelle regioni attorno alla centrale ci sono centinaia di campi come quello di Koriyama, campi che ospitano più di 300mila persone,
in prevalenza pensionati e disoccupati: molti di loro hanno visto la
propria attività distrutta a seguito della catastrofe oppure sono stati
costretti ad abbandonarla a causa dell’evacuazione forzata ed ora sono
in attesa di un risarcimento. Come il produttore di miele intervistato
dalla RT, la cui attività rendeva 100mila dollari all’anno, che ha
citato in giudizio la TEPCO perché non gli è mai stato offerto alcun
reale rimborso a seguito dell’evacuazione.
Per quanto riguarda le condizioni abitative, i tempi invece si prospettano lunghi:
«Il governo ha detto che sta costruendo case più grandi, ma non saranno
pronte prima di due anni – ha spiegato alla RT un rappresentante locale
delle amministrazioni a Koriyama – Non tutte queste persone potranno
abitarvi. Questo è tutto ciò che ci è stato comunicato dal governo centrale».
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