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Friday, March 28, 2014

ITALIA: PORTI NUCLEARI, UN’EMERGENZA OSCURATA DAL SEGRETO DI STATO

 
 
- di Gianni Lannes -
 
Attualmente, qual è il livello di #contaminazione nucleare del Mar #Mediterraneo, provocato dalle attività belliche della #Nato ? Alla prova dei fatti, i cosiddetti “alleati” hanno trasformato lo Stivale in una portaerei per fare la guerra, in violazione dell’articolo 11 della Costituzione italiana. E il Governo Renzi che fa? Applaude lo straniero occupante? L’abusivo capo dello Stato pro tempore, pappa e ciccia con lo zio Sam dagli anni ’70, fa finta di nulla. Non tutti sanno che un sottomarino a propulsione nucleare è una centrale atomica a tutti gli effetti. Un sottomarino a propulsione nucleare, tuttavia, è meno protetto rispetto ad una centrale atomica di terra in quanto ha – per esigenze di leggerezza e manovrabilità – di minori schermature esterne ed inoltre può essere soggetto a collisioni, affondamento, eccetera.
L’Italia – che ha abolito le centrali nucleari con due referendum popolari (1987, 2011) – corre ancora il rischio, nelle aree marine di transito e a ridosso delle città, dove sostano  unità nucleari, che si verifichi un incidente ai reattori atomici di bordo. Esiste inoltre il problema del transito di scorie radioattive francesi (plutonio) nel Mediterraneo. Il plutonio è un elemento radioattivo presente in vari reattori nucleari. Una dispersione di plutonio contaminerebbe il mare per oltre 24 mila anni (durata del dimezzamento radioattivo del plutonio). Il chimico Enzo Tiezzi ha argomentato: «Un chilo di plutonio disperso nell’ambiente rappresenta il potenziale per 18 miliardi di cancro al polmone. Un milionesimo di grammo costituisce una dose letale». Anche il cesio 137 non scherza: è un prodotto di fissione dell’uranio e ha un’emivita di 30 anni. E così altri radioisotopi che hanno contaminato il Mediterraneo e le acque costiere italiane, come hanno certificato le analisi del Crirad di Parigi e dell’Università della Tuscia nell’arcipelago della Maddalena. In loco, nell’isola di Santo Stefano, dal 1972 al 2008 c’era un distaccamento di sommergibili atomici della sesta flotta, una presenza mai autorizzata dal Parlamento italiano. In questo parco marino nazionale non vi è stata alcuna bonifica e Washington non ha pagato il conto dell’nquinamento provocato dalle sue attività belliche. In compenso, la popolazione locale è afflitta da patologie tumorali, e da decenni nascono bambini con gravi malformazioni. Nel 2003 ho realizzato un’inchiesta per il settimanale Famiglia Cristiana. E nel 2004 ho portato a termine un reportage pubblicato dal settimanale D La Repubblica delle donne.
Quali sono i porti italiani in cui vi può essere transito di unità navali a propulsione nucleare? Essi sono: Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto, Trieste, Venezia.
L’elenco è contenuto nel “piano di emergenza per le navi militari a propulsione nucleare” classificato come “riservato” dalla Marina. La versione integrale del documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della Protezione Civile) datata luglio 1996 è intitolata “Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche”. Questo documento non è accessibile a cittadini e cittadini della Repubblica italiana. Tale divieto è un palese ed intollerabile abuso di potere di chi ha occupato le istituzioni dello Stato per conto straniero.
E’ possibile in base alla legge conoscere il piano di emergenza per i porti a rischio nucleare? Grazie al decreto legislativo 230/95 un cittadino può conoscere preventivamente le informazioni di interesse civile contenute nel piano di emergenza nucleare della propria città: il tipo di incidente ipotizzato, l’impatto sull’ambiente e sulla salute delle persone e le misure di protezione civile previste dagli organi competenti (in particolare la Prefettura). In base al decreto in questione le Prefetture dovrebbero dare ai cittadini queste informazioni anche in assenza di richiesta esplicita: è un obbligo sancito dall’articolo 129 del decreto 230/95.
Dunque, in una dozzina di porti italiani è prevista la possibilità di transito e attracco di sottomarini a propulsione nucleare; tale attività comporta evidenti rischi per la popolazione civile, vista la possibilità che possano determinarsi incidenti dalle conseguenze gravissime per la salute pubblica e per l’ecosistema.
Il decreto legislativo 17 marzo 1995, numero 230, emanato in attuazione delle direttive Euratom 80/386, 84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti, nella Sezione I (Piani di emergenza) disciplina l’emergenza nucleare riferita alle situazioni determinate da eventi incidentali negli impianti nucleari e all’articolo 124 (Aree portuali) prende in considerazione la possibilità di emergenza in conseguenza di incidenti derivanti dalla presenza di naviglio a propulsione nucleare nelle aree portuali.
Al Capo X (Stato di emergenza nucleare), Sezione II (Informazione della popolazione), articoli 127-134 del decreto legislativo n. 230 del 1995, vengono prese in esame le misure di informazione della popolazione in merito alla protezione sanitaria e al comportamento da adottare per i casi di emergenza radiologica; l’articolo 129 (obbligo di informazione) prevede che le «informazioni previste nella presente sezione devono essere fornite alle popolazioni [...] senza che le stesse ne debbano fare richiesta. Le informazioni devono essere accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica».
All’articolo 130, si afferma che «La popolazione che rischia di essere interessata dall’emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica»; l’articolo 133 prevede l’istituzione presso il Ministero della sanità della Commissione permanente per l’informazione sulla protezione contro i rischi da radiazioni ionizzanti, avente il compito di «predisporre e aggiornare le informazioni preventive di cui agli articoli 130 e 132 e di indicare le vie di comunicazione idonee alla loro diffusione, nonché la frequenza della diffusione stessa»; al medesimo articolo si dispone inoltre di «predisporre gli schemi generali delle informazioni da diffondere in caso di emergenza di cui all’ articolo 131 e indicare i criteri per l’individuazione degli idonei mezzi di comunicazione», e, infine, di «studiare le modalità per la verifica che l’informazione preventiva sia giunta alla popolazione, utilizzando anche le strutture del servizio sanitario nazionale e il sistema informativo sanitario».
Nonostante la normativa vigente sia estremamente chiara circa l’obbligo di fornire adeguata informazione alla popolazione civile riguardo i rischi derivanti da incidente nucleare e individui le autorità e gli enti cui spetta il compito di predisporre i piani di emergenza, a tutt’oggi, in particolare per quanto riguarda le aree portuali interessate dal transito di sottomarini a propulsione nucleare, tali disposizioni vengono disattese e non viene fornita alla popolazione adeguata informazione a riguardo di eventuali emergenze nucleari; non sono noti – tranne che, parzialmente, per i porti di La Spezia e Taranto – i piani di emergenza predisposti dalla Marina militare di concerto con le Prefetture.
Il 23 novembre 2004 in risposta ad un’interpellanza il Governo conveniva che la classifica di sicurezza, «impedendo la divulgazione delle pianificazioni, precludeva di fatto la possibilità di informare la popolazione sul rischio potenziale a cui era esposta, non permettendo, tra l’altro, l’acquisizione, da parte della popolazione stessa, delle norme di comportamento da rispettare nel caso dovesse verificarsi realmente una tale emergenza». Nell’ambito della medesima risposta, il Governo rendeva noto che l’Agenzia per la protezione dell’ ambiente e il Ministero delle politiche comunitarie avevano in progetto un’azione coordinata finalizzata all’emissione in tempi rapidi dei decreti attuativi del suddetto decreto legislativo in risposta ad una procedura di infrazione al riguardo avviata dalla Commissione europea.
A tutt’oggi i decreti attuativi non sono stati ancora promulgati, in compenso le unità Nato a propulsione e armamento nucleare transitano a ridosso delle coste italiane e sostano segretamente in numerosi porti della Penisola.
Per quale ragione non vengono desecretati i piani di emergenza per la popolazione come prescritto dal decreto legislativo 17 marzo 1995, numero 230?
Dal momento che le coperture assicurative private in caso di incidente nucleare escludono il risarcimento dei danni, è stata prevista e attivata una copertura assicurativa dallo Stato italiano atta a risarcire i danni a cose e persone in caso di incidente nucleare per ogni singolo cittadino danneggiato e, in caso negativo, se intenda predisporre tale copertura assicurativa in ogni sito in cui è previsto il piano di emergenza nucleare?
 Si sono già verificati incidenti su unità navali a propulsione e armamento nucleare?
Sono stati riportati numerosi incidenti, già avvenuti nel Mediterraneo, nel rapporto di Greenpeace 1994 a cura di Paola Biocca e Annarita Peritore, in cui si legge:
«Nel fondo del Mediterraneo giacciono due capsule nucleari, perdute a seguito di un
incidente aereo di cui non sono mai stati resi noti gli estremi. Il 29 agosto 1959 la città di Napoli rischiò la catastrofe per un incendio a bordo del caccia Decour. Nel 1976 lo scontro tra due navi statunitensi (la portaerei J.F. Kennedy e l’incrociatore Belknap, entrambe dotate di armi nucleari) avvenuto durante un’esercitazione al largo della Sicilia, stava per causare un grave incidente nella Santa Barbara nucleare. In quell’occasione fu lanciato l’allarme Broken Arrow, il piu’ grave secondo la classificazione USA. Tre sottomarini d’attacco della flotta francese (il 50% della flotta) hanno subito gravi incidenti negli ultimi 12 mesi: agosto 1993: il Rubis entra in collisione con una petroliera a largo di Fos: si sfiora la catastrofe ambientale; febbraio 1994: incendio a bordo dell’Amethiste; marzo 1994: incendio a bordo dell’Emeraude,10 vittime tra l’equipaggio. Il governo francese non ha ancora reso pienamente note la dinamica e gli esiti degli incidenti. Dal 1945 al 1988 nel Mediterraneo si sono verificati 114 incidenti in cui sono state coinvolte una o più navi da guerra. Nel solo 1989 almeno 25 incendi sono scoppiati a bordo di sottomarini nucleari nel mondo. Le tre flotte nucleari che pattugliano il Mediterraneo (USA, Gran Bretagna e Francia) hanno subito rispettivamente 61,16 e 12 incidenti».
Questi riscontri documentati per quanto datati sono estremamente significativi. Vanno comunque ricordati altri due incidenti gravi: il 14 maggio 2000 all’inglese Tireless in Sicilia, e il 25 ottobre 2003 in Sardegna (arcipelago della Maddalena) al sommergibile Hartford, battente bandiera United States of America. Di recente, il Tireless ha fatto rientro nel Mediterraneo.

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