- di Gianni Lannes -
Attualmente, qual è il livello di #contaminazione nucleare del Mar #Mediterraneo, provocato dalle attività belliche della #Nato
? Alla prova dei fatti, i cosiddetti “alleati” hanno trasformato lo
Stivale in una portaerei per fare la guerra, in violazione dell’articolo
11 della Costituzione italiana. E il Governo Renzi che fa? Applaude lo
straniero occupante? L’abusivo capo dello Stato pro tempore, pappa e
ciccia con lo zio Sam dagli anni ’70, fa finta di nulla. Non tutti sanno
che un sottomarino a propulsione nucleare è una centrale atomica a
tutti gli effetti. Un sottomarino a propulsione nucleare, tuttavia, è
meno protetto rispetto ad una centrale atomica di terra in quanto ha –
per esigenze di leggerezza e manovrabilità – di minori schermature
esterne ed inoltre può essere soggetto a collisioni, affondamento,
eccetera.
L’Italia – che ha abolito le centrali nucleari con due referendum
popolari (1987, 2011) – corre ancora il rischio, nelle aree marine di
transito e a ridosso delle città, dove sostano unità nucleari, che si
verifichi un incidente ai reattori atomici di bordo. Esiste inoltre il
problema del transito di scorie radioattive francesi (plutonio) nel
Mediterraneo. Il plutonio è un elemento radioattivo presente in vari
reattori nucleari. Una dispersione di plutonio contaminerebbe il mare
per oltre 24 mila anni (durata del dimezzamento radioattivo del
plutonio). Il chimico Enzo Tiezzi ha argomentato: «Un chilo di plutonio
disperso nell’ambiente rappresenta il potenziale per 18 miliardi di
cancro al polmone. Un milionesimo di grammo costituisce una dose
letale». Anche il cesio 137 non scherza: è un prodotto di fissione
dell’uranio e ha un’emivita di 30 anni. E così altri radioisotopi che
hanno contaminato il Mediterraneo e le acque costiere italiane, come
hanno certificato le analisi del Crirad di Parigi e dell’Università
della Tuscia nell’arcipelago della Maddalena. In loco, nell’isola di
Santo Stefano, dal 1972 al 2008 c’era un distaccamento di sommergibili
atomici della sesta flotta, una presenza mai autorizzata dal Parlamento
italiano. In questo parco marino nazionale non vi è stata alcuna
bonifica e Washington non ha pagato il conto dell’nquinamento provocato
dalle sue attività belliche. In compenso, la popolazione locale è
afflitta da patologie tumorali, e da decenni nascono bambini con gravi
malformazioni. Nel 2003 ho realizzato un’inchiesta per il settimanale
Famiglia Cristiana. E nel 2004 ho portato a termine un reportage
pubblicato dal settimanale D La Repubblica delle donne.
Quali sono i porti italiani in cui vi può essere transito di unità navali a propulsione nucleare? Essi sono: Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto, Trieste, Venezia.
L’elenco è contenuto nel “piano di emergenza per le navi militari a
propulsione nucleare” classificato come “riservato” dalla Marina. La
versione integrale del documento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri (Dipartimento della Protezione Civile) datata luglio 1996 è
intitolata “Piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze
radiologiche”. Questo documento non è accessibile a cittadini e
cittadini della Repubblica italiana. Tale divieto è un palese ed
intollerabile abuso di potere di chi ha occupato le istituzioni dello
Stato per conto straniero.
E’ possibile in base alla legge conoscere il piano di emergenza per
i porti a rischio nucleare? Grazie al decreto legislativo 230/95 un
cittadino può conoscere preventivamente le informazioni di interesse
civile contenute nel piano di emergenza nucleare della propria città: il
tipo di incidente ipotizzato, l’impatto sull’ambiente e sulla salute
delle persone e le misure di protezione civile previste dagli organi
competenti (in particolare la Prefettura). In base al decreto in
questione le Prefetture dovrebbero dare ai cittadini queste informazioni
anche in assenza di richiesta esplicita: è un obbligo sancito
dall’articolo 129 del decreto 230/95.
Dunque, in una dozzina di porti italiani è prevista la possibilità
di transito e attracco di sottomarini a propulsione nucleare; tale
attività comporta evidenti rischi per la popolazione civile, vista la
possibilità che possano determinarsi incidenti dalle conseguenze
gravissime per la salute pubblica e per l’ecosistema.
Il decreto legislativo 17 marzo 1995, numero 230, emanato in
attuazione delle direttive Euratom 80/386, 84/467, 84/466, 89/618,
90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti, nella Sezione I
(Piani di emergenza) disciplina l’emergenza nucleare riferita alle
situazioni determinate da eventi incidentali negli impianti nucleari e
all’articolo 124 (Aree portuali) prende in considerazione la possibilità
di emergenza in conseguenza di incidenti derivanti dalla presenza di
naviglio a propulsione nucleare nelle aree portuali.
Al Capo X (Stato di emergenza nucleare), Sezione II (Informazione
della popolazione), articoli 127-134 del decreto legislativo n. 230 del
1995, vengono prese in esame le misure di informazione della popolazione
in merito alla protezione sanitaria e al comportamento da adottare per i
casi di emergenza radiologica; l’articolo 129 (obbligo di informazione)
prevede che le «informazioni previste nella presente sezione devono
essere fornite alle popolazioni [...] senza che le stesse ne debbano
fare richiesta. Le informazioni devono essere accessibili al pubblico,
sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza
radiologica».
All’articolo 130, si afferma che «La popolazione che rischia di
essere interessata dall’emergenza radiologica viene informata e
regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa
applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul
comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica»; l’articolo
133 prevede l’istituzione presso il Ministero della sanità della
Commissione permanente per l’informazione sulla protezione contro i
rischi da radiazioni ionizzanti, avente il compito di «predisporre e
aggiornare le informazioni preventive di cui agli articoli 130 e 132 e
di indicare le vie di comunicazione idonee alla loro diffusione, nonché
la frequenza della diffusione stessa»; al medesimo articolo si dispone
inoltre di «predisporre gli schemi generali delle informazioni da
diffondere in caso di emergenza di cui all’ articolo 131 e indicare i
criteri per l’individuazione degli idonei mezzi di comunicazione», e,
infine, di «studiare le modalità per la verifica che l’informazione
preventiva sia giunta alla popolazione, utilizzando anche le strutture
del servizio sanitario nazionale e il sistema informativo sanitario».
Nonostante la normativa vigente sia estremamente chiara circa
l’obbligo di fornire adeguata informazione alla popolazione civile
riguardo i rischi derivanti da incidente nucleare e individui le
autorità e gli enti cui spetta il compito di predisporre i piani di
emergenza, a tutt’oggi, in particolare per quanto riguarda le aree
portuali interessate dal transito di sottomarini a propulsione nucleare,
tali disposizioni vengono disattese e non viene fornita alla
popolazione adeguata informazione a riguardo di eventuali emergenze
nucleari; non sono noti – tranne che, parzialmente, per i porti di La
Spezia e Taranto – i piani di emergenza predisposti dalla Marina
militare di concerto con le Prefetture.
Il 23 novembre 2004 in risposta ad un’interpellanza il Governo
conveniva che la classifica di sicurezza, «impedendo la divulgazione
delle pianificazioni, precludeva di fatto la possibilità di informare la
popolazione sul rischio potenziale a cui era esposta, non permettendo,
tra l’altro, l’acquisizione, da parte della popolazione stessa, delle
norme di comportamento da rispettare nel caso dovesse verificarsi
realmente una tale emergenza». Nell’ambito della medesima risposta, il
Governo rendeva noto che l’Agenzia per la protezione dell’ ambiente e il
Ministero delle politiche comunitarie avevano in progetto un’azione
coordinata finalizzata all’emissione in tempi rapidi dei decreti
attuativi del suddetto decreto legislativo in risposta ad una procedura
di infrazione al riguardo avviata dalla Commissione europea.
A tutt’oggi i decreti attuativi non sono stati ancora promulgati,
in compenso le unità Nato a propulsione e armamento nucleare transitano a
ridosso delle coste italiane e sostano segretamente in numerosi porti
della Penisola.
Per quale ragione non vengono desecretati i piani di emergenza per
la popolazione come prescritto dal decreto legislativo 17 marzo 1995,
numero 230?
Dal momento che le coperture assicurative private in caso di
incidente nucleare escludono il risarcimento dei danni, è stata prevista
e attivata una copertura assicurativa dallo Stato italiano atta a
risarcire i danni a cose e persone in caso di incidente nucleare per
ogni singolo cittadino danneggiato e, in caso negativo, se intenda
predisporre tale copertura assicurativa in ogni sito in cui è previsto
il piano di emergenza nucleare?
Si sono già verificati incidenti su unità navali a propulsione e armamento nucleare?
Sono stati riportati numerosi incidenti, già avvenuti nel
Mediterraneo, nel rapporto di Greenpeace 1994 a cura di Paola Biocca e
Annarita Peritore, in cui si legge:
«Nel fondo del Mediterraneo giacciono due capsule nucleari, perdute a seguito di un
incidente aereo di cui non sono mai stati resi noti gli estremi. Il
29 agosto 1959 la città di Napoli rischiò la catastrofe per un incendio
a bordo del caccia Decour. Nel 1976 lo scontro tra due navi
statunitensi (la portaerei J.F. Kennedy e l’incrociatore Belknap,
entrambe dotate di armi nucleari) avvenuto durante un’esercitazione al
largo della Sicilia, stava per causare un grave incidente nella Santa
Barbara nucleare. In quell’occasione fu lanciato l’allarme Broken Arrow,
il piu’ grave secondo la classificazione USA. Tre sottomarini d’attacco
della flotta francese (il 50% della flotta) hanno subito gravi
incidenti negli ultimi 12 mesi: agosto 1993: il Rubis entra in
collisione con una petroliera a largo di Fos: si sfiora la catastrofe
ambientale; febbraio 1994: incendio a bordo dell’Amethiste; marzo 1994:
incendio a bordo dell’Emeraude,10 vittime tra l’equipaggio. Il governo
francese non ha ancora reso pienamente note la dinamica e gli esiti
degli incidenti. Dal 1945 al 1988 nel Mediterraneo si sono verificati
114 incidenti in cui sono state coinvolte una o più navi da guerra. Nel
solo 1989 almeno 25 incendi sono scoppiati a bordo di sottomarini
nucleari nel mondo. Le tre flotte nucleari che pattugliano il
Mediterraneo (USA, Gran Bretagna e Francia) hanno subito rispettivamente
61,16 e 12 incidenti».
Questi riscontri documentati per quanto datati sono estremamente
significativi. Vanno comunque ricordati altri due incidenti gravi: il 14
maggio 2000 all’inglese Tireless in Sicilia, e il 25 ottobre 2003 in
Sardegna (arcipelago della Maddalena) al sommergibile Hartford, battente
bandiera United States of America. Di recente, il Tireless ha fatto
rientro nel Mediterraneo.
Riferimenti:
- http://staff.polito.it/massimo.zucchetti/Rapporto_Sommergibili.pdf
- http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=porti+nucleari
- http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=TIRELESS
- http://www.shima.demon.co.uk/sublist.htm
- http://www.fas.org/nuke/guide/nep5text.htm
- http://www.fas.org/nuke/hew/index.html
- http://warships1.com/index1_submarines.htm
- http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1995;230
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