Nel 2014, un team di ricerca guidato dal professor Peter Schultz della Brown University di Providence era riuscito ad individuare molecole organiche nel vetro contenuto in un'area di impatto in Argentina, risalente a milioni di anni fa. Kevin Cannon e Jack Mustard, colleghi di Schultz in quel lavoro, hanno provato ad andare oltre i confini del pianeta Terra, estendendo lo spettro della loro ricerca fino a Marte, come descritto in uno studio pubblicato su Geology.
"Il lavoro fatto da Pete e da altri ci ha mostrato come il vetro sia potenzialmente importante per preservare delle biofirme", spiega Cannon. "Sapendo questo, abbiamo voluto cercarlo su Marte, e questo è ciò che abbiamo fatto. Prima di questo studio, nessuno era riuscito a rilevarlo con certezza sulla superficie".
L'elemento di grande interesse nella ricerca è il modo nel quale sia stata rilevata la presenza di vetro, un compito molto facile sulla Terra ma particolarmente complesso quando la superficie da esaminare è distante centinaia di milioni di km. Cannon è riuscito a creare in laboratorio del vetro partendo polveri con una composizione simile a quella delle rocce presenti sul Pianeta Rosso e ha esaminato lo spettro emesso.
I dati sono stati poi passato a Cannon, vice-responsabile del Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars, che ha potuto verificare che i segnali emessi dai materiali presenti in alcuni crateri di Marte coincidevano: ed ecco svelata la presenza del vetro. Si tratta di una scoperta che potrebbe dare il via a nuove strategie per la ricerca della vita sul Pianeta Rosso.
"L'analisi dei ricercatori suggerisce che i depositi di vetro siano caratteristiche di impatto relativamente comuni su Marte", commenta Jim Green, direttore della divisione per la scienza planetaria della NASA. "Queste aree potrebbero essere gli obiettivi di future esplorazioni, con i nostri esploratori robotici che spianano la strada verso il viaggio verso Marte con degli esseri umani negli anni '30".
Alessandro Martorana
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