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Monday, December 2, 2013

Nespoli, l'astronauta: "Non ho mai visto gli extraterrestri ma vorrei salutarli"

L’uomo di Verano volato tra le stelle: "Sono ancora astronauta, la Nasa mi ha offerto la guida di una stazione"


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Monza, 1 dicembre 2013 - «Sognate cose impossibili, non perdete tempo con quelle possibili... e poi svegliatevi, datevi da fare con dedizione e tenacia perché anche i sogni impossibili ogni tanto si realizzano». Paolo Nespoli, 56 anni, lo ripete come un mantra agli studenti (e non solo) che incontra. Paracadutista incursore, ingegnere, maggiore dell’esercito, laureato, soprattutto astronauta.
Come chiarmarla?
«Paolo può bastare. Sono cresciuto a Verano, il paese della mia famiglia (padre bancario e madre casalinga): all’oratorio, con tutti i vantaggi e gli svantaggi della vita di provincia. Dopo il liceo scientifico a Desio, mi sono iscritto al Politecnico, ma non girava benissimo, non andavo d’accordo con i miei genitori, non ingranava. Dopo un periodo di riflessione, decisi di andare a militare di leva, chiesi di fare il paracadutista: facevo già roccia in Grigna e sul Resegone, e speleologia: insomma volevo cimentarmi».
A Pisa diventa istruttore dei parà, poi incursore nei reparti speciali.
«Andai subito in Libano (dall’82 all’84) in missione di pace, era la prima volta nel dopoguerra che il nostro esercito andava all’estero: fu un’esperienza forte e formante, non facevo più la guardia a una bidone vuoto, c’era la guerra vera. Al ritorno da questa esperienza forte ci fu un momento di riflessione: avevo 26 anni, da 7 ormai ero nell’esercito, avevo una carriera già consolidata».
Ma incontrò Oriana Fallaci, la grande giornalista...
«Mi chiese: cosa vuoi fare da grande? E a me saltò fuori un’idea di quando ero piccolo: volevo fare l’astronauta... Fu un azzardo: lasciavo l’esercito e volare nello spazio era come vincere la Lotteria di Capodanno. Avevo però due handicap: serviva una laurea tecnica, conoscere benissimo l’inglese e avere un fisico normale. Io avevo solo un fisico normale. A scuola avevo fatto francese e non mi ero mai laureato».
Nespoli non si scoraggia.
«Il miglior modo per non realizzare un sogno è... non provarci neppure. Mi iscrissi a ingegneria spaziale al Politecnico di New York. Fu tosto, ma nell’85 partii per l’America e per quattro anni la mia vita fu casa, metropolitana e università. Ci davo dentro di brutto e un facoltà che gli Americani fanno in 6 anni io la feci in 4».
La corsa allo spazio era solo all’inizio: viene rifiutato per tre volte ai bandi di concorso.
«Venni però accettato, in Germania, come ingegnere addetto all’istruzione degli astronauti. E nel ‘97 finalmente l’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea, mi prese e mi mandò a Houston, dove presi la qualifica di astronauta. Mi misi in coda per un volo».
Dopo 8 anni la prima missione sullo Shuttle.
«Come coordinatore delle passeggiate spaziali».
Eppure dovette aspettare ancora.
«Dovetti andare in Russia per conto dell’Esa, riqualificarmi dopo 10 anni di Shuttle e imparare il russo. Nel 2010 ci hanno sparato con la Soyuz sulla Stazione Spaziale Internazionale. Fu una missione complessa e interessante, era come fare una tripla maratona: sullo Shuttle a fatica puoi ignorare le peculiarità dello spazio, la vita come se non ci fosse la forza di gravità. Su una stazione invece no, devi trasformarti in un extraterrestre. Poi diventa piacevole, anche se per mesi vivi in un ambiente minuscolo, prendi un sacco di radiazioni, i tuoi muscoli impazziscono e le ossa si sciolgono. Ma guardare la Terra da lassù è una cosa unica...»
Ora è finita?
«La Nasa ha offerto la possibilità di darmi il comando di una stazione spaziale, ma l’Italia continua a dire che non ci sono risorse per mandarmi. Sono soddisfatto, mi sforzo di vedere il bicchiere mezzo pieno, specie se penso al ragazzino di Verano che ero. E finché passo le visite mediche, posso ancora volare».
Ha senso volare?
«Una domanda legittima, perché è costoso e pericoloso. Ma dico sempre: nello spazio si trovano condizioni irripetibili, la microgravità e la posizione rispetto alla Terra consentono ricerche scientifiche irripetibili. E poi come esseri umani siamo di natura curiosi, esploratori e siamo disposti a rischiare la vita: c’è così tanto da esplorare che ne vale la pena».
Roba da Star Trek...
«Ma io preferivo film come Alien. Da bambino mi avevano intrigato le foto che arrivavano dalla Luna, la jeep lunare: sognavo di fare derapate sulla sabbia della Luna...
E gli extraterrestri?
«Non ne ho mai avuto la prova, ma li avrei salutati volentieri se li avessi incontrati. Non ho mai visto niente, ma questo non vuol dire che non ci creda. Con tanti pianeti nell’universo mi dico: è mai possibile non ce ne sia almeno uno simile alla Terra per condizioni di vita? Il problema vero sono le distanze astronomiche... Per raggiungere Proxima Centauri, la stella a noi più vicina, ci vorrebbero 162mila anni. Oggi noi non possiamo riuscirci, ma chissà che qualcun altro non sia in grado di venire da noi: però, se un extraterrestre ci sta guardando, cosa vede? Come era Monza 23mila anni fa. In fondo però anche i telefonini di oggi 20 anni fa erano impensabili... E poi, crediamoci o no, prima o poi da questo pianeta ce ne dovremo andare»
Andremo su altri pianeti?
«Marte oggi no, ma è una mèta possibile. E perché no, prima o poi, una colonia sulla Luna...»
La felicità per un astronauta?
«Quando ero in orbita e facevo un esperimento complesso, se mi riusciva ero contento e mi sentivo utile per me e per gli altri. E sono contento di aver realizzato un sogno impossibile. Ma ancora non basta: vorrei prendere il brevetto da pilota di elicottero, solo che non ho abbastanza tempo...».
Mai trovato Dio nei suoi voli?
«Si dice che lo spazio ti porta ad avvalorare e amplificare le tue credenze, ti dà paradossalmente una prova. Io sono in una posizione neutrale: cresciuto in una cultura cattolica, sono poi diventato agnostico, ma mi rendo conto che quando sei “lassù” ci sono tante cose che non conosciamo. Più conosco e vedo cose, anche se dovrei essere legato alla scienza e alla tecnologia, in realtà più scopro che ci sono tante cose che non so: boh... Dio esiste? Non lo so».

Dario Crippa

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