La Russia non smette di essere al centro del dibattito sugli ufo e
l'esistenza della vita extraterrestre. Il primo ad alzare il sipario
sulla questione è stato l'ex cosmonauta sovietico Georgij Grečko che, in una intervista rilasciata al tabloid russo My Secret Stars, si è detto disponibile ad incontrare gli alieni il prossimo 21 dicembre 2012!
Poi è toccato all'emittente televisiva Russia Today
che ha mandato in onda un'intera trasmissione dedicata agli alieni e
alla necessità di preparare la popolazione mondiale al primo contatto
con una civiltà aliena. Ancora, qualche giorno fa il premier russo Dimitri Medvedev, in un “fuori onda” choc,
si è fatto scappare alcune dichiarazioni sconcertanti sugli ufo e
l'attività aliena sul nostro pianeta. Ora, in una mostra organizzata da
un'ente affiliato allo Smithsonian Institution, un “Autentico Artefatto Alieno” proveniente dall'Incidente di Dalnegorsk, l'equivalente russo del caso Roswell.
Tra il 6 e l'8 dicembre 2012, Travel Channel
ha messo in onda diverse repliche della puntata di Mysteries at the
Museum (Misteri al Museo) dedicata ad una particolarissima mostra
promossa dal National Atomic Testing Museum, ente associato allo Smithsonian Institution,
nella quale è possibile osservare “una raccolta di misteriosi detriti
che potrebbero essere la prova dell'esistenza di intelligenze aliene”.
Secondo quanto dichiarato in un comunicato stampa da Allan Palmer,
direttore del museo, la mostra prende in esame alcuni frammenti
ritrovati nel 1986 dopo una misteriosa esplosione avvenuta a Dalnegorsk,
una città mineraria dell'estremo oriente della Russia. I metalli
sarebbero stati raccolti in seguito allo schianto di un velivolo non
identificato avvenuto il 29 gennaio 1986 sui Monti Izvestkovaya.
Da quanto riportato dalla Pravda,
i testimoni descrissero l'ufo come una sfera silenziosa rossastra che
saliva e scendeva lentamente, amplificando la sua luminosità ogni volta
che riprendeva quota. Secondo i racconti, poi l'ufo si avvicinò ai
monti, “si udì una forte esplosione”, per poi “cadere a terra come una
roccia”. L'incidente è ampiamente indicato come il caso Roswell russo,
in analogia al famoso presunto “ufo crash” del 1947 nei pressi di
Roswell, New Mexico, negli Stati Uniti.
Secondo quanto riporta il giornalista americano George Knapp sull'Huffington Post, Valen Dvuzhilini, dell'Accademia Russa delle Scienze,
fu il primo ad arrivare sul posto, due giorni dopo l'accaduto. Lo
scienziato raccolse alcuni campioni sparsi sul terreno di una strana
lega metallica e campioni di rocce e vegetali bruciati a seguito dello
scoppio. I campioni furono poi analizzati da diversi istituti
scientifici russi. Nei giorni successivi all'incidente, centinaia di
testimoni raccontarono di aver visto altri ufo aggirarsi sul luogo dello
schianto, come se stessero cercando qualcosa.
Grazie al suo impegno e ai suoi contatti negli Stati Uniti e in Russia, George Knapp (vincitore di una dozzina di Emmy Awards)
è stato il primo giornalista americano a recarsi sul luogo
dell'incidente nel 1990. Gli furono mostrate alcune sfere di materiale
vetroso molto piccole e perfettamente tonde, le stesse attualmente in
mostra al National Atomic Testing Museum.
Secondo quanto descrivono le didascalie della mostra, gli esami
scientifici sui materiali hanno fatto registrare comportamenti bizzarri:
“Tre centri accademici sovietici e altri 11 istituti di ricerca hanno
analizzato i detriti prodotti dall'indicente ufo. Le analisi hanno
mostrato che la configurazione atomica del materiale ferroso è molto
differente dal ferro normale e non può essere rivelato dagli strumenti
radar. Inoltre, il materiale, quando riscaldato, è in grado di
scomparire per poi ricomparire una volta raffreddato. Un pezzo è
completamente sparito davanti a quattro testimoni. Infine, il nucleo del
materiale è composto di una sostanza con proprietà antigravitazionali”.
“Gli scienziati russi sono sempre stati prudenti e non hanno mai
dichiarato che questi oggetti provengano da un altro mondo, ma nemmeno
si può negare che siano in possesso di proprietà insolite”, spiega
Knapp. La teca dedicata all'Incidente di Dalnergorsk si inserisce in una mostra più ampia intitolata “Area 51: mito o realtà”,
nella quale vengono mostrate alcune testimonianze storiche su quello
che è considerato uno dei luoghi più segreti d'America. Aerei spia come
l'U2 e l'A-12, sono stati testati regolarmente in questa zona collocata a
circa 80 miglia a nord di Las Vegas. Alcuni modelli di aerei staelth, e
altri velivoli, sono stati esposti all'interno del museo.
Alcune delle aree della mostra sono state dedicate alle speculazioni
in corso sulla possibilità che l'esercito degli Stati Uniti sia venuto
in possesso di alcuni rottami di origine extraterrestre ritrovati nel
1947 nei pressi di Roswell.
La mostra non si limita ad esaminare i casi ufo americani. Ed è qui
che viene mostrato il materiale del caso Dalnergorsk, dietro un cartello
che recita “Autentico Artefatto Alieno”. L'uso della parola “autentico”
è un affermazione piuttosto audace, considerando il fatto che la mostra
- la prima di questo genere in un museo nazionale - è stata organizzata
in una struttura affiliata allo Smithsonian Institution. Ci si chiede,
allora, se l'apertura della mostra sull'Area 51 non possa essere il
segno che il governo americano (e quello russo) siano pronti a rivelare
l'esistenza di civiltà extraterrestri che operano ordinariamente sul
nostro pianeta.
La missione globale della Smithsonian Institution è quella di “dare
forma al futuro, conservare il nostro patrimonio, scoprire nuove
conoscenze e condividere le nostre risorse con il mondo”. A quanto pare,
la missione globale comprende anche l'esposizione di possibili detriti
di uno schianto ufo. Forse la descrizione di “Autentico Artefatto
Alieno” è un altro passo avanti sulla strada della divulgazione di E.T.
Tratto da: http://ilnavigatorecurioso.myblog.it
No comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.