di Giampiero Petrucci -
Abbiamo già visto nella nostra sezione ‘Tsunami Italiani’ come le coste italiane non siano al riparo dagli tsunami e come il Mediterraneo orientale (nel 365 a Creta e molto tempo prima a Santorini)
possegga un terrificante potenziale tsunamigenico. Tutti noi ormai
sappiamo che Oceano Pacifico (Cile 22 maggio 1960) ed Oceano Indiano (26
dicembre 2004) rappresentano sedi privilegiate di tsunami così come le
coste dell’arcipelago nipponico (11 marzo 2011). Nemmeno l’Atlantico
(Lisbona 1755) è immune da rischi tant’è vero che alcuni scienziati
hanno lanciato l’allarme su un possibile evento catastrofico che,
partendo dalle isole Canarie (in particolare dallo sprofondamento del
vulcano situato su La Palma), potrebbe coinvolgere addirittura New York.
Ma pochi probabilmente conoscono le insidie che si nascondono
addirittura nel “grande Nord”, in prossimità del Circolo Polare Artico:
anche il Mare del Nord ed il Mare di Norvegia hanno infatti avuto il
loro megatsunami.
Bisogna tornare molto indietro nel
tempo, addirittura ben 8000-8200 anni fa, intorno al 6000-6200 a.C. In
quel tempo il livello del Mare del Nord era circa 10-15 metri più basso
dell’attuale, lasciando dunque molte terre emerse. L’Inghilterra
meridionale era direttamente collegata alla Danimarca attraverso una
specie di “ponte continenale”, caratterizzato da lagune e paludi
intervallate da terraferma, che gli scienziati chiamano “Doggerland” ed
in cui vivevano probabilmente sparute popolazioni umane del Mesolitico.
Questo “abbassamento” dei mari rispetto al livello attuale è
scientificamente appurato: nelle isole Shetland, ad esempio, non
esistono depositi marini geologicamente recenti in terraferma e spesso
le spiagge odierne sabbiose si trovano al di sopra di depositi di torba,
a testimonianza di come in quelle lande esistessero soprattutto laghi e
paludi ma non il mare.
Abbiamo già visto (qui l’intervista alla ricercatrice)
come i “cacciatori di paleotsunami” indirizzino la loro ricerca
soprattutto verso piccoli e caotici livelli sabbiosi di origine marina
(contenenti resti di molluschi e gasteropodi) intercalati ad altri
depositi di origine continentale. Ebbene proprio nelle Shetland, in
particolare nei potenti depositi di torba, gli scienziati hanno
individuato alcuni livelli di tsunamiti che, sottoposti al metodo del
radiocarbonio, sono stati datati intorno al 6000 a.C., confermando
dunque l’esistenza di questo megatsunami.
Ma
è in Norvegia, in particolare nei fondali marini davanti alla città di
Kristiansund, che si trovano le prove del più grande fenomeno
catastrofico sviluppatosi nel Mare del Nord. Si tratta di un’immensa
frana sottomarina, denominata Storegga, parola della vecchia lingua
norvegese che significa “grande bordo” (riferito in questo caso alla
scarpata continentale): un’enorme colata di detriti e fango, ampia ben
2500 kmq (come l’intera Islanda!), con una nicchia di distacco larga
oltre 200 km e che addirittura s’è mossa di circa 800 km, in un’area
distante circa 400 km dal Circolo Polare Artico. Un terrificante mostro
sottomarino che, partito dal margine della piattaforma continentale
norvegese, ha viaggiato verso gli abissi ad una velocità di circa 20-25
m/s, in direzione Nord-Ovest, come una gigantesca valanga inarrestabile.
Indagini batimetriche dei fondali, studi
di geologia regionale e tettonica, carotaggi (anche sui ghiacci
groenlandesi), analisi glaciologiche e sui muschi che le onde di tsunami
strapparono dalla terraferma (ritrovati poi sedimentati nel terreno)
hanno portato all’individuazione esatta dei materiali trasportati da
Storegga ed alle ipotesi sulla sua genesi. Certamente il suo sviluppo è
una risposta alle variazioni climatiche connesse all’ultimo avanzamento
dei ghiacci ed alla successiva deglaciazione. In questo contesto
l’avanzata dei ghiacci contribuisce a trasportare in mare sedimenti che
si accumulano in prossimità della scarpata continentale, in condizioni
di equilibrio precario, soprattutto la frazione più fine. Quando il
ghiacciaio si ritira a seguito del riscaldamento globale e la
conseguente deglaciazione, la crosta terrestre subisce una minore
pressione e tende quasi a rigonfiarsi. Questo fenomeno, detto anche
“rimbalzo glacio-isostatico”, può provocare terremoti che innescano il
progressivo e rapido scivolamento dei materiali precedentemente
depositati sui fondali marini di piattaforma: materiali ovviamente
caotici, costituiti da fiumi di fango e detriti vari, talora anche di
grandi dimensioni, fermatisi soltanto dopo centinaia di km.
Gli scienziati però stanno ancora
discutendo sulla causa ultima scatenante questa immensa frana. Due sono
le ipotesi principali: la più ovvia è legata appunto ad un terremoto.
Chi ritiene il Mare del Nord completamente asismico, sbaglia: nel 1931
ad un centinaio di km ad Est dalla costa dello Yorkshire inglese si
verificò infatti un sisma di magnitudo 6.1, il più forte mai registrato
nell’area. L’altra tesi si basa sul ritrovamento di un grande giacimento
di metano (denominato Ormen Lange) proprio nella zona di distacco di
Storegga. In corrispondenza infatti della deglaciazione, con l’aumento
della temperatura, il metano, subendo anche variazioni delle sue
caratteristiche fisiche, avrebbe potuto innescare ulteriori disturbi nei
sedimenti dove sarebbe aumentata la pressione nei pori fino alla
rottura dell’equilibrio e la conseguente messa in moto per gravità verso
i fondali marini, senza bisogno dunque di un terremoto come
“propulsore”. Tra l’altro elevate ed anomale concentrazioni di metano
sono state rinvenute in alcune carote di ghiaccio estratte dal
sottosuolo della Groenlandia e corrispondenti come età proprio a circa
8000-8200 anni fa: metano che si sarebbe dunque effettivamente propagato
nell’atmosfera, per poi rimanere “intrappolato” dai ghiacci.
Se comunque non è ancora provata la
genesi del fenomeno (terremoto e liberazione di metano potrebbero anche
coesistere), ben più certi appaiono i suoi effetti. L’immensa frana
sottomarina infatti generò un megatsunami. Come già detto, nelle isole
Shetland, situate a Nord-Est della Scozia, sono stati rintracciati
evidenti livelli di tsunamiti, datati intorno al 6000 a.C. Analoghi
depositi sono stati rinvenuti in Norvegia (in particolare nei laghi),
nelle isole Far Oer e nella stessa Scozia dove l’onda anomala sarebbe
arrivata dopo circa 4 ore dall’innesco del fenomeno. Le tsunamiti nelle
Shetland si trovano ben nove metri al di sopra dell’attuale livello del
mare. Considerando che 8000 anni fa il mare era situato almeno 10-12
metri più in basso, ecco come gli scienziati giungono alla conclusione
che l’onda di tsunami potesse avere un run-up di almeno 20-25 metri: un
devastante potenziale distruttivo su una vasta area geografica, dal
Circolo Polare Artico all’Inghilterra meridionale.
D’altra
parte le frane, subaeree o sottomarine, sono una causa di tsunami più
frequente di quello che si può generalmente ritenere. In particolare
sulle nostre coste: come già ricordato anche nelle pagine di MeteoWeb, a
Scilla nel 1783, a Vulcano nel 1988 ed a Stromboli nel 2002 si sono verificati tsunami generati da grandi frane senza dimenticare che, secondo una recente teoria, anche il grande terremoto dello Stretto di Messina nel 1908
innescò una gigantesca frana sottomarina che a sua volta provocò lo
tsunami. Ecco perché si deve continuare a vigilare ed a ricordare i
grandi eventi catastrofici del passato: solo indagando i fenomeni già
avvenuti, di qualsiasi natura essi siano, è possibile salvaguardare il
nostro futuro.
- Si ringrazia il Prof. Stein Bondevik, Sogn og Fjordane University College (Sogndal – Norvegia), per la gentile collaborazione e la concessione delle immagini estratte dai suoi articoli
- Thanks to Prof. Stein Bondevik (Sogn og Fjordane University College, Sogndal) who has provided us with the photos here published
BIBLIOGRAFIA
- Bondevik S. ed altri, The Storegga Slide Tsunami – Comparing Field Observations with Numerical Simulations, Marine and Petroleum Geology 22, 2005
- Bondevik S. ed altri, Record-breaking Height for 8000-Year-Old Tsunami in the North Atlantic, EOS Vol. 84 n. 31, 2003
- Bondevik S. ed altri, Green Mosses Date the Storegga Tsunami to the Chilliest Decades of the 8.2 ka Cold Event, Quaternary Sciences Reviews 45, 2012
- Bryn P. ed altri, Explaining the Storegga Slide, Marine and Petroleum Geology 22, 2005
- Weninger W. ed altri, The Catastrophic Final Flooding of Doggerland by the Storegga Slide Tsunami, Documenta Praehistorica XXXV, 2008
Fonte: http://www.meteoweb.eu
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