Sono finalmente iniziate, con l’estrazione delle barre di
combustibile dall’edificio del reattore più a rischio, le operazioni di
demolizione. Ma tanti sono i problemi da risolvere e tante le incognite
ancora da scoprire. Ce lo racconta la nostra collaboratrice Naoko Okada
nel suo diario di novembre 2013
di Naoko Okada -
Ma cosa hanno fatto in questi due anni e otto mesi? Al di là di tutto il tempo dedicato al problema della fuoriuscita di acqua contaminata dagli impianti, è servito quasi un anno di lavoro solo per eliminare le macerie accumulatesi, a causa dell’esplosione che lo ha coinvolto, sula terrazza dell’edificio del reattore. Successivamente, da agosto 2013, è iniziata l’eliminazione delle macerie cadute nella vasca e andate ad accumularsi sopra le scorie nucleari. Operazione che è stata preceduta da una lunga preparazione iniziata subito dopo l’incidente. Un gruppo guidato dal disegnatore tecnico Tomohiko Motoki della Hitachi-GE Nuclear Energy, attraverso riprese subacquee, ha creato la “mappa delle macerie” identificando una a una dove si collocano, di quale materia sono fatte e quanto pesano. A partire dalla piastra di ferro lunga 10 metri fino ai pezzi più piccoli di cemento sparpagliati ovunque e in gran quantità. Sono stati appositamente disegnati 21 tipi differenti di apparrecchi (dime) per poter afferrare diversi tipi di macerie affondate a 7 metri. Sono già state eliminate le macerie più grandi e così è iniziata il 18 novembre la rimozione delle scorie nucleari conservate oltre la tenda d’acqua che blocca dal mondo esterno le radiazioni più intense.
Al momento del terremoto del magnitudo 9 che ha colpito la regione Tohoku l’11 marzo 2011, il reattore 4 era in revisione quindi senza combustibile nucleare al suo interno. Ma il 15 marzo l’edificio dove si trova è esploso, per un motivo tuttora ignoto, rendendolo estremamente fragile. Tutti e quattro i reattori che hanno subito l’incidente dispongono di una vasca dove riposano le scorie nucleari, ma gli abitanti locali hanno chiesto di sistemare quanto prima quella del reattore 4 appunto per la fragilità dell’edificio. A causa delle scosse di assestamento che colpiscono ancora spesso la zona, e anche per il gran numero di barre di combustibile conservate; 1.533 tra cui 1.331 sono di combustibile esausto, mentre il totale delle barre conservate nelle vasche dei reattori 1,2 e 3 è pari a 1,573. Barre che emanano decine di migliaia di sievert all’ora di radiazione, quantità sufficiente da uccidere in breve tempo le persone nelle vicinanze.
Nella prima fase, dal 18 al 22 novembre, sono state estratte 22 barre non usate e che quindi garantivano un minor rischio. Dal 26 novembre è iniziata la seconda estrazione, quella delle barre esauste, e il 29 novembre il recipiente che contiene le 22 barre estratte è stato portato senza intoppi alla “vasca comune”. In impianto specializzato nella conservazione delle barre di combustibile che in Giappone esiste solo in questa zona, grande tre volte la vasca del reattore 4.
Dove ora rimangono 1.489 barre tra cui 1.309 esauste, che verranno estratte entro la fine dell’anno prossimo. Sembrerebbe non aver molto senso spostare le barre da una vasca all’altra, in realtà questa operazione serve a far sparire radiazioni dall’edificio, facilitandone così lo smantellamento.
È un tipo di intervento che nessun altro nel mondo ha fatto prima d’ora, quindi potrebbe sempre accadere qualcosa di imprevedibile, oltre a possibili scosse di assestamento proprio durante lo svolgimento di operazioni delicate, come il sollevamento, con la gru, del recipiente che contiene le scorie e che pesa 100 tonnellate. Ma anche dopo aver spostato le scorie nella vasca comune non è ancora detto che si possa arrivare a un lieto fine. Le scorie nucleari continueranno a emanare le radiazioni per decine di migliaia di anni e saranno portate in impianti di riprocessamento dove saranno estratti uranio e plutonio.
Ma nella vasca del reattore 4, subito dopo il black out della centrale dovuto allo tsunami, sono state iniettate 721 tonnellate di acqua marina pur di poter continuare il raffreddamento. L’impatto della salinità dell’acqua marina sulla lega che copre le barre di combustibile è ancora ignoto, quindi non si sa ancora sesarà possibile riprocessare quelle barre. Come ancora non si sa come realizzare la fase finale, cioè lo smantellamento degli edifici all’interno della centrale, dove esistono numerosi altri elementi ad alto rischio.
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