Scoperto nel 2008 nelle immagini del telescopio Hubble, l'esopianeta nei
pressi della stella Formalhaut era stato poi declassato da studi
successivi a semplice nube di gas. Ma una nuova analisi delle immagini
originali lo riabilita, anche se con nuove caratteristiche
di Nicola Nosengo
Immagine in luce visibile, ripresa da Hubble, della stella Formalhaut,
il suo anello di polveri e il presunto pianeta. L'anello nero è una
maschera che copre la luce della stella(NASA/ESA/T. Currie, U. Toronto)
Guardando meglio, c’è davvero un pianeta nei pressi della stella
Fomalhaut. Nel 2008 era saltato fuori nelle immagini riprese dallo
Hubble Space Telescope, e battezzato Formalhaut b. In seguito però altri
studi con altri strumenti non erano riusciti a confermare l’esistenza
del pianeta. Chi lo ha cercato in lunghezze d’onda diverse dall’ottico,
in particolare l’infrarosso, non ne ha trovato traccia. Tanto che
proprio quest’anno uno studio aveva suggerito che si trattasse solo di una nube di polveri.
Per togliersi il dubbio, un gruppo guidato da Thayne Currie
dell’Università di Toronto è tornata ad analizzare le immagini originali
di Hubble, riprese tra il 2004 e il 2006, incrociandole con
osservazioni fatte dal telescopio Subaru alle Hawaii, e
dall’osservatorio orbitante Spitzer della NASA.
Si sono ritrovati con risultati molto diversi da quelli che
apparivano nella scoperta iniziale, e che fanno pensare che Fomalhaut b
sia sì un pianeta, ma di un tipo molto raro, forse unico, completamente
avvolto da gas. “I nostri risultati mettono in dubbio quelli a cui è
legata la scoperta originale, ma lo fanno in un modo che in realtà rende
l’interpretazione di questo oggetto molto più chiara. e lascia intatta
la conclusione che si tratti di un pianeta di grande massa” spiega
Currie.
Al tempo della scoperta, i ricercatori scrivevano che la luminosità
di Fomalhaut b variava nel tempo di un fattore due, il che sembrava una
prova che il pianeta stesse crescendo grazie all’acquisizione di gas.
Gli studi seguenti avevano invece interpretato questa variazione come la
prova che si trattasse solo di una nube di polvere in transito davanti
alla stella.
Ora, Currie e il suo team hanno aggiunto all’individuazione del
pianeta in luce visibile (in lunghezze d’onda tra i 600 e gli 800
manometri) quella in luce ultravioletta, a 400 nanometri. Ma hanno anche
scoperto che la luminosità resta in realtà costante, il che rafforza
l’ipotesi planetaria. Ancora nessuna traccia in luce infrarossa nei dati
di Subaru e Spitzer, cosa che implica che la massa del pianeta deve
essere inferiore al doppio della massa di Giove.
Il lavoro di Currie approfondisce anche l’analisi di un altro punto
molto dibattuto, l’orbita del pianeta. Fomalhaut b (qualunque cosa sia)
si trova in mezzo a un anello di polveri che circonda la stella, simile a
quelli di Saturno. Ma dai dati iniziali non era ben chiaro che rapporto
avesse con esso. Se è lui a fare da “pastore” e influenzare l’orbita
dell’anello, allora deve avere un’orbita allineata con esso, cosa messa
in dubbio da diverse osservazioni. Lo studio di Currie invece conferma
che il pianeta si muove con una velocità e un’orbita coerente con l’idea
che la sua gravità dia forma all’anello.
Quanto all’idea che il pianeta sia in realtà solo una nube di gas,
Currie e i colleghi lo ritengono impossibile. In base a quanto si è
capito dell’ambiente gravitazionale in cui si trova l’oggetto, una nube
del genere si sarebbe già dissipata da un pezzo. Piuttosto, “pensiamo
che si tratti di un oggetto planetario completamente avvolto da gas”
spiega il coautore John Debes, dello Space Telescope Science Institute
di Baltimora.
Lo studio è su Arxiv, ed è stato accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal Letters.
Fonte: http://www.media.inaf.it
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