Sei missili balistici intercontinentali lanciati lo scorso 20 ottobre
verso il profondo blu atmosferico, questo il bilancio della più grande
esercitazione strategica compiuta da Mosca dalla fine della guerra
fredda. Una manifestazione di potenza inusuale, praticata in un momento
decisamente difficile
L’esercitazione ha coinvolto la triade nucleare russa al
completo, oltre al sistema di comando e controllo degli armamenti
strategici. L’esercito ha lanciato un missile balistico intercontinentale (ICBM) RS-12M Topol dal sito di Plesetsk
nel nord della Russia. Quasi contemporaneamente il sottomarino a
propulsione nucleare Svyatoy Georgiy Pobedonosets – classe Delta III –
ha lanciato un SLBM dal mare di Okhotsk, probabilmente un SS-N-18. Oltre
a esercito e marina, anche l’aeronautica è stata coinvolta, con il
lancio di quattro missili cruise da bombardieri Tu-95 Bear e Tu-160
Blackjack.
Le forze armate russe hanno anche testato il sistema di comando e
comunicazione, coinvolgendo il Comando generale delle forze armate della
Federazione Russa al completo. Putin ha supervisionato l’esercitazione
e secondo fonti del Cremlino si è congratulato con tutte le forze
coinvolte per l’ottima riuscita della manifestazione. Nulla è trapelato
sui reali risultati dell’esercitazione, per i quali si dovrà attendere
un’analisi approfondita da qualche organo di intelligence open source
occidentale. La presenza del presidente all’esercitazione era scontata,
anche se ufficialmente in tempo di pace è il ministro della Difesa a
dirigere il Comando generale delle forze armate. Putin, da vero
presenzialista, non poteva mancare a un manifestazione di potenza in
vero stile sovietico.
Lo show strategico aveva una doppia audience: il popolo russo e il
mondo occidentale, in particolare i membri della Nato. L’esercitazione è
sicuramente servita a Mosca per dimostrare che, nonostante la riduzione
degli armamenti e le scarse dotazioni economiche delle forze armate, la
triade nucleare è ancora affidabile per garantire la deterrenza a
livello globale.
Un messaggio chiaro per la Russia sostenitrice di Putin, ma anche per
le tante voci critiche che premono da destra e da sinistra per un revanchisme
in salsa russa. A livello internazionale, l’esercitazione è servita a
ricordare a Washington e alla Nato che la Russia è davvero pronta a
“congelare” ogni ulteriore riduzione del suo arsenale nucleare, se gli Stati Uniti non si ammorbidiranno sulla “Missile Defense”, che Mosca vede come un tentativo occidentale di minare la parità strategica.
Il Cremlino ha poi annunciato la prossima uscita della Russia dal Nunn-Lugar Cooperative Threat Reduction Program.
Il programma, che prende il nome dai due senatori statunitensi che lo
hanno sponsorizzato, è stato approvato nel 1992 con lo scopo di
smantellare in sicurezza parte dell’ex arsenale strategico sovietico.
Fornisce fondi ed assistenza tecnica agli Stati ex-Urss per
decommissionare le armi nucleari, biologiche e chimiche. In particolare
sotto l’ombrello finanziario del programma ricade quella parte
dell’arsenale nucleare russo che doveva essere smantellato in rispetto
dei termini del trattato SALT II.
Ad oggi il programma ha avuto un discreto successo: sono stati
disattivati o distrutti 7551 testate nucleari, 537 ICBM e relativi
silos, 496 SLBM e 27 sottomarini nucleari. Oltre ai risultati, è il
metodo del programma ad essere vincente. Attraverso fondi statunitensi – e non solo – i sistemi d’arma vengono smantellati e distrutti,
mentre le parti più pericolose come il materiale fissile vengono
immagazzinate in sicurezza sul territorio russo o negli Stati Uniti. Il
sistema è pensato per evitare che la cronica mancanza di fondi di Mosca
porti ad incidenti potenzialmente gravissimi durante la fase di decomissioning, oppure al furto o alla sparizione si materiale sensibile.
Il ritiro del Cremlino dal programma è dunque una notizia decisamente
negativa per la sicurezza internazionale. Non è tanto l’arsenale
nucleare a preoccupare, perché comunque Mosca è ancora tenuta a
rispettare i termini del SALT II, quindi a mantenere operativi solo un
certo numero di testate e di sistemi d’arma. A preoccupare sono le armi biologiche e chimiche.
Il programma ad oggi ha finanziato lo smantellamento del 35%
dell’arsenale chimico di Mosca, mentre i due terzi sono ancora stoccati
in magazzini non proprio sicuri, almeno dal punto di vista ambientale.
Relativamente all’arsenale biologico non v’è certezza: il programma di guerra biologico sovietico – definito
da Leitenberg e Zilinskas come il più grande e sofisticato mai
intrapreso da una nazione – resta avvolto nel più completo mistero. Il
Nunn-Lugar ha finanziato lo smantellamento e la trasformazione di alcune
strutture di ricerca, ma nessuno ha ancora chiarito l’estensione
dell’ex programma di armi biologiche di Mosca. La posizione ufficiale
russa, ancora oggi, è che un programma biologico offensivo non è mai
esistito.
Fonte: http://www.meridianionline.org
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