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Wednesday, October 31, 2012

La Russia testa il suo deterrente nucleare in vero stile sovietico

Sei missili balistici intercontinentali lanciati lo scorso 20 ottobre verso il profondo blu atmosferico, questo il bilancio della più grande esercitazione strategica compiuta da Mosca dalla fine della guerra fredda. Una manifestazione di potenza inusuale, praticata in un momento decisamente difficile

 Putin streetart


L’esercitazione ha coinvolto la triade nucleare russa al completo, oltre al sistema di comando e controllo degli armamenti strategici. L’esercito ha lanciato un missile balistico intercontinentale (ICBM) RS-12M Topol dal sito di Plesetsk nel nord della Russia. Quasi contemporaneamente il sottomarino a propulsione nucleare Svyatoy Georgiy Pobedonosets – classe Delta III – ha lanciato un SLBM dal mare di Okhotsk, probabilmente un SS-N-18. Oltre a esercito e marina, anche l’aeronautica è stata coinvolta, con il lancio di quattro missili cruise da bombardieri Tu-95 Bear e Tu-160 Blackjack.
Le forze armate russe hanno anche testato il sistema di comando e comunicazione, coinvolgendo il Comando generale delle forze armate della Federazione Russa al completo. Putin ha supervisionato l’esercitazione e secondo fonti del Cremlino si è congratulato con tutte le forze coinvolte per l’ottima riuscita della manifestazione. Nulla è trapelato sui reali risultati dell’esercitazione, per i quali si dovrà attendere un’analisi approfondita da qualche organo di intelligence open source occidentale. La presenza del presidente all’esercitazione era scontata, anche se ufficialmente in tempo di pace è il ministro della Difesa a dirigere il Comando generale delle forze armate. Putin, da vero presenzialista, non poteva mancare a un manifestazione di potenza in vero stile sovietico.
Lo show strategico aveva una doppia audience: il popolo russo e il mondo occidentale, in particolare i membri della Nato. L’esercitazione è sicuramente servita a Mosca per dimostrare che, nonostante la riduzione degli armamenti e le scarse dotazioni economiche delle forze armate, la triade nucleare è ancora affidabile per garantire la deterrenza a livello globale.
Un messaggio chiaro per la Russia sostenitrice di Putin, ma anche per le tante voci critiche che premono da destra e da sinistra per un revanchisme in salsa russa. A livello internazionale, l’esercitazione è servita a ricordare a Washington e alla Nato che la Russia è davvero pronta a “congelare” ogni ulteriore riduzione del suo arsenale nucleare, se gli non si ammorbidiranno sulla “Missile Defense”, che Mosca vede come un tentativo occidentale di minare la parità strategica.
Il Cremlino ha poi annunciato la prossima uscita della Russia dal Nunn-Lugar Cooperative Threat Reduction Program. Il programma, che prende il nome dai due senatori statunitensi che lo hanno sponsorizzato, è stato approvato nel 1992 con lo scopo di smantellare in sicurezza parte dell’ex arsenale strategico sovietico. Fornisce fondi ed assistenza tecnica agli Stati ex-Urss per decommissionare le armi nucleari, biologiche e chimiche. In particolare sotto l’ombrello finanziario del programma ricade quella parte dell’arsenale nucleare russo che doveva essere smantellato in rispetto dei termini del trattato SALT II.
Ad oggi il programma ha avuto un discreto successo: sono stati disattivati o distrutti 7551 testate nucleari, 537 ICBM e relativi silos, 496 SLBM e 27 sottomarini nucleari. Oltre ai risultati, è il metodo del programma ad essere vincente. Attraverso fondi statunitensi – e non solo – i sistemi d’arma vengono smantellati e distrutti, mentre le parti più pericolose come il materiale fissile vengono immagazzinate in sicurezza sul territorio russo o negli Stati Uniti. Il sistema è pensato per evitare che la cronica mancanza di fondi di Mosca porti ad incidenti potenzialmente gravissimi durante la fase di decomissioning, oppure al furto o alla sparizione si materiale sensibile.
Il ritiro del Cremlino dal programma è dunque una notizia decisamente negativa per la sicurezza internazionale. Non è tanto l’arsenale nucleare a preoccupare, perché comunque Mosca è ancora tenuta a rispettare i termini del SALT II, quindi a mantenere operativi solo un certo numero di testate e di sistemi d’arma. A preoccupare sono le armi biologiche e chimiche. Il programma ad oggi ha finanziato lo smantellamento del 35% dell’arsenale chimico di Mosca, mentre i due terzi sono ancora stoccati in magazzini non proprio sicuri, almeno dal punto di vista ambientale.
Relativamente all’arsenale biologico non v’è certezza: il programma di guerra biologico sovietico – definito da Leitenberg e Zilinskas come il più grande e sofisticato mai intrapreso da una nazione – resta avvolto nel più completo mistero. Il Nunn-Lugar ha finanziato lo smantellamento e la trasformazione di alcune strutture di ricerca, ma nessuno ha ancora chiarito l’estensione dell’ex programma di armi biologiche di Mosca. La posizione ufficiale russa, ancora oggi, è che un programma biologico offensivo non è mai esistito.

Fonte: http://www.meridianionline.org

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