Spesso parlando di "retroingegneria aliena" a persone totalmente estranee alla tematica ufologica c'è sempre qualche saccente scientista ( come quelli del CICAP per intenderci), che non prendono la cosa molto sul serio e anzi attribuiscono subito queste cose a voci non confermate messe in giro da folli esaltati. Ma spesso, escludere a priori tutto quello che non rientra nei propri limitati schemi mentali può portare ad un approccio errato, sia con l'argomento, ma anche nella vita di tutti i giorni. Per questo motivo si rende sicuramente necessario da parte dei ricercatori citare a tal proposito vicende credibili e circostanziate, ricordando come questi temi dovrebbero essere di dominio pubblico e non relegati a sparuti gruppi che già credono nella realtà del fenomeno.
Ben Rich
Tra tutte le testimonianze concernenti lo sviluppo di tecnolologie avanzatissime grazie al suggerimento ricevuto dai nostri "amici" alieni, quella di Ben Rich è per il ruolo da lui occupato nella vicenda, più che credibile. Egli, infatti, tra il 1975 e il 1991 fu a capo dei Lockheed Martin Advanced Development Programs, noti anche come Skunk Works, le ricerche più avanzate nel settore aeronautico.
Poco dopo il suo pensionamento, Rich iniziò a tenere una serie di conferenze nelle quali fece
affermazioni di interesse assoluto.
Il 22 settembre 1992, durante una
conferenza presso il museo dell’Usaf a Dayton, Ohio. Rich dichiarò che l’aeronautica degli Stati Uniti aveva
appena affidato alla Lockheed un progetto per “riportare ET a casa”
( parole testuali ). Lo stesso concetto venne ribadito da Rich e
il 23 marzo 1993 a una conferenza gestita dalla UCLA School of Engineering Alumni Association. Affermò infatti, parlando degli USA, che “siamo in possesso della tecnologia per riportare ET
a casa”. Ma non si limitò a dire solo questo, Rich rilasciò una
dichiarazione ancora più importante: “Siamo già in possesso dei mezzi per
effettuare viaggi interstellari, ma queste tecnologie sono talmente occultate all’interno dei black programs che ci vorrebbe un
intervento divino per far renderle di pubblico dominio.
Avevamo compiuto degli errori di calcolo- continua Rich - ma li abbiamo individuati e
corretti e ora sappiamo come viaggiare verso le stelle, e non ci vuole
certo una vita intera per giungervi”. Ricordo a tal proposito il "velato" ma non troppo riferimento
all’esistenza di una flotta interstellare statunitense, scoperto dall’hacker scozzese McKinnon e anche da altri. Realtà o fantasia? Non
è dato saperlo,almeno ufficialmente, ma certamente l’ipotesi che tale flotta esista concretamente viene ora
ulteriormente avvalorata.
Sempre stando a quanto affermato da Rich
nel corso di quella stessa conferenza; nel 1964 la Lockheed avrebbe effettuato
un balzo tecnologico in avanti gigantesco, talmente grande che a decenni di
distanza, la tecnologia scoperta non può ancora essere applicata nei
settori privati. Con una frase molto ad effetto, Rich concluse affermando che “i progetti che stiamo portando avanti
riguardano tecnologie sulle quali una volta fantasticavano gli
scrittori di fantascienza. L’intelligence vorrebbe che ciò rimanesse
nell’ombra, ma è tempo di porre fine a tutta questa segretezza, dal
momento che non rappresenta più una minaccia alla sicurezza nazionale”.Quanto appena detto non può non far
pensare alle limpide affermazioni del colonnello Philip J. Corso, ufficiale di
Stato maggiore presso la Foreign Technology Division poi assegnato dal 18 luglio 1962, alla Plans Division presso l’Operation Command Research & Development con
il compito, all’interno di un progetto di retroingegneria su tecnologie
non terrestri, di smistare e destinare alle aziende statunitensi più avanzate, a
seconda del campo di ricerca, le parti del disco volante recuperato a
Roswell e non solo quelle.
Il salto operato nel 1964 dalla Lockheed, infatti, ben potrebbe
essere frutto di un aiuto esterno che portò gli scienziati e i
ricercatori in possesso di tecnologia avanzatissima, non terrestre naturalmente. Una prima obiezione che si potrebbe
muovere su quanto sopra esposto è che, in realtà, Rich non ha mai citato alcun utilizzo di tecnologia extraterrestre, per cui si
potrebbe anche pensare che non vi sia stato alcun aiuto esogeno nel
raggiungimento di livelli tecnologici così elevati. Ma dalla corrispondenza intrattenuta tra lo stesso
Rich e John Andrews senior designer della Testor Corporation emerge una chiave di lettura della vicenda piuttosto interessante. In una
lettera del 1 luglio 1986, quest’ultimo domandava a Rich se credesse
negli Ufo. Una settimana dopo, Ben Rich rispose su carta intestata
Lockheed che non aveva ombra di dubbio sulla loro esistenza . Incuriosito,
Andrews insistette per saperne di più, e gli domandò se
credesse in un’origine extraterrestre o umana degli Ufo. Rich
con una lettera datata 21 giugno rispose di “credere in entrambe le
categorie di Ufo. Ritengo che tutto sia possibile. Molti dei nostri Ufo infatti
erano Un Funded Opportunities“. L’utilizzo dell’espressione “Un Funded
Opportunities” merita sicuramente un attenta analisi. La lettura più semplicistica è che queste “opportunità non finanziate” si riferiscano a
programmi avanzati all’interno degli Skunk Works che non
ricevevano i fondi necessari per uno sviluppo appropriato. Ma c'è anche un altra chiave di lettura, vale a dire quella per cui si
tratti di riferimenti a “opportunità” sì prive di finanziamenti, ma
prive in quanto non ne necessitavano.Infatti si trattava di
tecnologia ottenuta da altrove, vale a
dire da un possibile provveniente da ricerche di retroingegneria su velivoli
extraterrestri precipitati e confluita poi nel
progetto Snowbird, il quale prevedeva lo studio di tecnologia aliena da
replicare per tentare di creare dischi volanti terrestri identici a quelli
recuperati dai vari siti di UFO Crash, tra i quali sicuramente Roswell e non solo. Per quanto possa trattarsi di una
coincidenza, non si può non citare il fatto che, nel
corso di una mostra d’arte nel 1992 vicino a Laguna Beach, California;
Ben Rich, a domanda dello storico aeronautico Lee Graham, che gli domandava se potesse confermare l’esistenza del progetto Snowboard, Rich
rispose che non poteva lasciarsi andare a dichiarazioni su quell’argomento. A
ciò si aggiunge quanto affermato da John Andrews, il quale, formulando
analoga domanda a Rich, si sentì rispondere dallo stesso Rich che se avesse parlato di tale progetto, sarebbe sicuramente sarebbe stato arrestato. In ogni caso, stando alle affermazioni di Rich, non si può non giungere a una ovvia: non tutti gli Ufo sono attribuibili agli alieni. Perciò molti Ufo, potrebbero essere velivoli statunitensi sperimentali supersegreti. A questo punto è chiaro che non è sempre facile capire a priori se un avvistamento UFO è attribuibile a qualcosa di terrestre, ma sconosciuto ai più, o ad un origine esogena.
La tipologia che emerge maggiormente dagli Skunk Works è quella
di velivoli di forma triangolare/boomerang. Di conseguenza, tutti gli
avvistamenti di oggetti triangolari potrebbero essere letti nell’ottica
di una possibile origine umana, specie se avvengono nei pressi di basi
militari. Non si può non citare a questo punto l' ondata di
avvistamenti di velivoli triangolari in Belgio degli anni ’90 così come gli avvistamenti nella Hudson
Valley negli anni ’80 di velivoli a forma di boomerang, ma ce se sarebbero anche altri meno conosciuti, ma non meno importanti. Al tempo stesso non bisogna dimenticare
come il fenomeno Ufo tende a essere camaleontico, nel senso che tende a mimetizzarsi a secondo dei periodi storici in cui si manifesta. Per quanto concerne gli Ufo di forma
triangolare, l’avvistamento più eclatante è stato quello dell'agosto 1989 fatto da Chris Gibson, ingegnere petrolifero che
stava lavorando su una piattaforma nel Mare del Nord e anche dal suo collega
Graeme Winton. I due videro in cielo un KC-135 Stratotanker e due F-111
al suo fianco. Nulla di strano, se non fosse che attaccato allo
Stratotanker con sistema “buddy buddy” per effettuare il rifornimento in
volo, vi era un velivolo dalla forma di triangolo isoscele, completamente
nero.Se si trattasse del celebre Aurora, di
un SR-75 Penetrator, di un XR-7 Thunder Dart o di un TR-3A Black Manta
non è facile stabilirlo, ma risulta chiaro come l’Aviazione degli
Stati Uniti ha dei prototipi dalle forme peculiari e tecnologicamente avanzati, trattandosi di velivoli in grado di raggiungere,
stando ad alcune indiscrezioni, velocità pari a Mach 20.
Ma pensate, in questi casi si tratterebbe di
velivoli che rientrano tra quelli che Rich ha definito di “seconda
fascia”, nel senso che, pur mostrando prestazioni superiori a qualsiasi
altro velivolo di potenze straniere rientrano ancora nella categoria dei "normali" . Ne esisterebbero di superavanzati, addirittura fisicamente invisibili. Stando alle dichiarazioni di
Rashid Zeineh, ricercatore della società californiana Advanced American Enterprise, l'invisibilità totale sarebbe stata raggiunta tramite lo Stealth Technology System
(STS), un sistema di occultamento visivo sul cui funzionamento c'è la massima segretezza. Questo sistema, afferma Zeineh (che ne è
l’inventore), sarebbe applicabile non solo ai cosiddetti UCAV (Unmanned Combat Air Vehicle),
ma anche su veicoli terrestri, navali e addirittura sugli stessi soldati. Il sistema utilizzato
conferirebbe un’invisibilità totale fino a 7-8 metri di distanza
dall’osservatore. Da alcune indiscrezioni, sembra che questo sistema si
basi su un insieme di videocamere e proiettori che trarrebbero immagini
dall’ambiente circostante riproiettandole sulla superficie dell’oggetto,
in questo modo il target diventerebbe virtualmente invisibile poiché non
distinguibile oltre una certa distanza, dallo scenario circostante. Ritengo tuttavia che esista anche un
altro tipo di tecnologia che utilizzando metamateriali in
grado di deviare la luce intorno all’oggetto per poi ricomporla come se
l’oggetto non si trovasse nel mezzo, conferisce l’invisibilità totale ai
velivoli.
Questo emergerebbe in alcune sequenze di fotografie reperibili anche
su internet, nelle quali si vedono Balls of Light (BOLs) ad alta quota, seguite da scie, che a seguito di un procedimento di decloaking
diventano atratti visibili e si palesano per essere come F117-A. Al riguardo, il
Professor John Pendry, dell’Imperial College di Londra, con il suo team
di ricercatori nel campo dell’invisibilità, ha fatto un bello esempio, molto calzante: se prendiamo un masso in mezzo a un fiume con l'acqua che vi scorre intorno, chi vede arrivare il flusso d’acqua non potrà stabilire
dalla forma dell’acqua, se in mezzo al fiume sia presente il masso. Quindi possiamo tranquillamente comprendere come quello che si sa sullo sviluppo di queste tecnologie avanzatissime non è altro che la punta dell'iceberg. Non posso fare a meno di ricordare quelle che Ben Rich disse in punto di morte allo storico James
Goodall: “Jim, là nel deserto abbiamo delle cose di cinquant’anni più
avanti. Se hai visto qualcosa nella serie Star Trek o in Guerre
Stellari, noi l’abbiamo realizzato o abbiamo deciso che non valeva lo
sforzo realizzarlo”. Proprio in quest’ottica gli
atteggiamenti di certi ambienti "scientifici" improntati sulla negazione a priori di un qualche fenomeno per la supposta impossibilità di
essere e di esistere fanno sicuramente sorridere, dal momento che di prove
concernenti l’esistenza di una nuove tecnologie ve ne sono eccome, purchè non si voglia fare come lo struzzo che per paura del leone che arriva mette la testa sotto la sabbia, pensando non vedendolo più di aver risolto il problema. Risultato: alla fine viene mangiato lo stesso!
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