A partire dal 2007,
Legambiente Solidarietà e i Circoli locali dell’Emilia-Romagna portano
avanti il “Progetto Rugiada”, che mira all’accoglienza dei bambini
residenti in villaggi rurali del sud della Bielorussa, nelle zone
contaminate a causa del più grave disastro nucleare che nel 1986 colpì
la tristemente nota centrale di Chernobyl.
A differenza dei precendenti programmi di ospitalità in Italia, il “Progetto Rugiada” si realizza in un centro che sorge in Bielorussia all’interno di un’area non contaminata (certificata dalle misurazioni effettuate dall’ARPA Emilia-Romagna), ottenendo così gli stessi risultati sulla salute dei bambini di un soggiorno all’estero. Il centro, inoltre, è stato costruito con criteri ambientali che si sposano con l’essere e l’agire di Legambiente: efficienza energetica, riscaldamento a biomasse, pannelli solari per la produzione di acqua calda, riciclo dei rifiuti, coltivazione biologica per ortaggi, vegetali e frutta per il consumo interno.
Dal 7 al 10 dicembre una delegazione di Legambiente Nazionale e di Legambiente Emilia-Romagna ha svolto una breve missione in Bielorussia al fine di verificare i risultati ottenuti dal lavoro svolto negli ultimi anni e pianificare le attività del prossimo anno.
Ciò che più ha colpito la delegazione sono le conseguenze dovute al tragico incidente alla centrale nucleare che, ancora oggi, costringono oltre 5 milioni di persone, tra Russia, Ucraina e Bielorussia, a vivere in zone contaminate dal fallout radioattivo del 1986. La nazione più colpita dagli effetti della contaminazione è stata la Bielorussia, con il 70% del fallout radioattivo ricaduto sul proprio territorio e con oltre il 20% del proprio territorio contaminato da Cesio137 con livelli che variano da 1 a oltre 40 Curie per chilometro quadrato.
In questi 5 anni sono stati oltre 1250 i bambini accolti presso il centro bielorusso per un periodo di risanamento e cura: anche nel 2013 Legambiente proseguirà in questo progetto per garantire assistenza e cura a un centinaio di bambini residenti nelle zone più contaminate della Bielorussia, come ad esempio gli abitanti del villaggio abbandonato di Gden.
Gden dista in linea d’aria soltanto 10 km dalla centrale di Chernobyl: si trova quindi all’interno del perimetro della zona morta dei 30 km di esclusione, alla quale si può accedere solo con un apposito permesso rilasciato dalle autorità governative. In questo villaggio vivono circa 250 persone completamente abbandonate a se stesse e private dei servizi più essenziali: manca un presidio istituzionale, un ambulatorio medico, non esiste l’illuminazione pubblica e la scuola più vicina dista oltre 20 km. Queste persone sono dunque costrette a vivere oltre i limiti della dignità umana, in baracche freddissime a 12°C sottozero, bruciando legna contaminata per scaldarsi, mangiando patate e rape coltivate nell’orto, e vivendo in luoghi a elevata contaminazione (oltre 40 curie di Cesio137 per chilometro quadrato).
Oltre all’impegno sul “Progetto Rugiada”, il viaggio è stato l’occasione per verificare alcuni dei progetti realizzati da Legambiente Emilia-Romagna e cofinanziati dall’Assessorato Cooperazione allo Sviluppo della Regione Emilia-Romagna: in particolare il progetto di “Ambulatorio mobile”, che dal 2002 opera nella regione di Brest al fine di effettuare screening su patologie tiroidee, con risultati davvero sorprendenti sia in termini quantitativi – oltre 80.000 ecografie effettuate – che qualitativi, per l’intervento di prevenzione e di cura delle neoplasie e delle altre patologie della tiroide.
Altrettanto soddisfacenti sono i risultati ottenuti nel reparto chirurgico pediatrico di Gomel – la seconda città della Bielorussia meridionale – dove è attiva dal dicembre 2005 una sala ad alta densità curativa per bambini, realizzata grazie al cofinanziamento della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Modena, che funge da punto riferimento medico avanzato per l’intera regione di Gomel, la più colpita dagli effetti del fallout radioattivo.
L’intervento concreto e diretto di Legambiente in Bielorussia vuole essere, oltre che un aiuto e un sostegno alle popolazioni costrette a vivere in zone fortemente contaminate, un atto di denuncia nei confronti dell’indifferenza della Comunità internazionale e della stessa Bielorussia la quale, oltretutto, non è in grado di sostenere da sola il peso di una simile tragedia che ancora oggi in quei territori è silenziosamente presente.
A tutto questo, si aggiunge oggi la preoccupazione per la costruzione di una nuova centrale nucleare proprio in Bielorussia, nella nazione la cui popolazione paga il prezzo più pesante per la sciagurata scelta dell’uso dell’energia nucleare.
Legambiente Emilia-Romagna
A differenza dei precendenti programmi di ospitalità in Italia, il “Progetto Rugiada” si realizza in un centro che sorge in Bielorussia all’interno di un’area non contaminata (certificata dalle misurazioni effettuate dall’ARPA Emilia-Romagna), ottenendo così gli stessi risultati sulla salute dei bambini di un soggiorno all’estero. Il centro, inoltre, è stato costruito con criteri ambientali che si sposano con l’essere e l’agire di Legambiente: efficienza energetica, riscaldamento a biomasse, pannelli solari per la produzione di acqua calda, riciclo dei rifiuti, coltivazione biologica per ortaggi, vegetali e frutta per il consumo interno.
Dal 7 al 10 dicembre una delegazione di Legambiente Nazionale e di Legambiente Emilia-Romagna ha svolto una breve missione in Bielorussia al fine di verificare i risultati ottenuti dal lavoro svolto negli ultimi anni e pianificare le attività del prossimo anno.
Ciò che più ha colpito la delegazione sono le conseguenze dovute al tragico incidente alla centrale nucleare che, ancora oggi, costringono oltre 5 milioni di persone, tra Russia, Ucraina e Bielorussia, a vivere in zone contaminate dal fallout radioattivo del 1986. La nazione più colpita dagli effetti della contaminazione è stata la Bielorussia, con il 70% del fallout radioattivo ricaduto sul proprio territorio e con oltre il 20% del proprio territorio contaminato da Cesio137 con livelli che variano da 1 a oltre 40 Curie per chilometro quadrato.
In questi 5 anni sono stati oltre 1250 i bambini accolti presso il centro bielorusso per un periodo di risanamento e cura: anche nel 2013 Legambiente proseguirà in questo progetto per garantire assistenza e cura a un centinaio di bambini residenti nelle zone più contaminate della Bielorussia, come ad esempio gli abitanti del villaggio abbandonato di Gden.
Gden dista in linea d’aria soltanto 10 km dalla centrale di Chernobyl: si trova quindi all’interno del perimetro della zona morta dei 30 km di esclusione, alla quale si può accedere solo con un apposito permesso rilasciato dalle autorità governative. In questo villaggio vivono circa 250 persone completamente abbandonate a se stesse e private dei servizi più essenziali: manca un presidio istituzionale, un ambulatorio medico, non esiste l’illuminazione pubblica e la scuola più vicina dista oltre 20 km. Queste persone sono dunque costrette a vivere oltre i limiti della dignità umana, in baracche freddissime a 12°C sottozero, bruciando legna contaminata per scaldarsi, mangiando patate e rape coltivate nell’orto, e vivendo in luoghi a elevata contaminazione (oltre 40 curie di Cesio137 per chilometro quadrato).
Oltre all’impegno sul “Progetto Rugiada”, il viaggio è stato l’occasione per verificare alcuni dei progetti realizzati da Legambiente Emilia-Romagna e cofinanziati dall’Assessorato Cooperazione allo Sviluppo della Regione Emilia-Romagna: in particolare il progetto di “Ambulatorio mobile”, che dal 2002 opera nella regione di Brest al fine di effettuare screening su patologie tiroidee, con risultati davvero sorprendenti sia in termini quantitativi – oltre 80.000 ecografie effettuate – che qualitativi, per l’intervento di prevenzione e di cura delle neoplasie e delle altre patologie della tiroide.
Altrettanto soddisfacenti sono i risultati ottenuti nel reparto chirurgico pediatrico di Gomel – la seconda città della Bielorussia meridionale – dove è attiva dal dicembre 2005 una sala ad alta densità curativa per bambini, realizzata grazie al cofinanziamento della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Modena, che funge da punto riferimento medico avanzato per l’intera regione di Gomel, la più colpita dagli effetti del fallout radioattivo.
L’intervento concreto e diretto di Legambiente in Bielorussia vuole essere, oltre che un aiuto e un sostegno alle popolazioni costrette a vivere in zone fortemente contaminate, un atto di denuncia nei confronti dell’indifferenza della Comunità internazionale e della stessa Bielorussia la quale, oltretutto, non è in grado di sostenere da sola il peso di una simile tragedia che ancora oggi in quei territori è silenziosamente presente.
A tutto questo, si aggiunge oggi la preoccupazione per la costruzione di una nuova centrale nucleare proprio in Bielorussia, nella nazione la cui popolazione paga il prezzo più pesante per la sciagurata scelta dell’uso dell’energia nucleare.
Legambiente Emilia-Romagna
Fonte: http://www.parmadaily.it
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