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Sunday, February 5, 2012

L’errore di guardare agli Alieni con occhi umani




Senza interrompere la discussione in corso su un paio degli ultimi post e sul tema di come gli extraterrestri potrebbero comunicare con noi, volevo aggiungere un contributo che si sposa bene sia con la controversa tesi degli ex (tra) terrestri (a proposito: concordo con chi, come Nathan, invita a non personalizzare la polemica) sia con i possibili nuovi problemi finanziari alla base della ripresa dell’attività del programma Seti. Ho appena terminato di leggere l’ultimo libro di Paul Davies (“Uno strano silenzio”; Codice Edizioni, Torino), che traccia un bilancio proprio dell’organismo incaricato della ricerca di un’intelligenza extraterrestre e che suggerisce un suo possibile sviluppo per il futuro. La sintesi del pensiero di Davies, ottima per alimentare il dibattito, è molto semplice e sta in questi passi che traggo dal libro. “Concentrandosi su uno scenario ben specifico, come una civiltà aliena che invia in direzione della Terra dei messaggi radio a banda stretta, la ricerca tradizionale si è fossilizzata in una sorta di circolo vizioso concettuale. Cinquant’anni di silenzio sono un ottimo spunto per allargare i nostri orizzoni di pensiero: è di fondamentale importanza liberare il Seti dai legami con l’antropocentrismo che l’hanno imprigionato fin dall’inizio”. Va detto che il fondatore del Seti, Frank Drake, un’autocritica l’ha fatta: “Ci sbagliavamo. Se la tecnologia può cambiare così tanto in 40 anni, quanto potrebbe cambiare in migliaia o addirittura in milioni di anni?”. Ma se il problema è stato sviscerato, secondo Davies la soluzione non è stata ancora trovata. “.“Per me la strada da percorrere consiste nello smettere di vedere le motivazioni e le attivitò degli Alieni attraverso gli occhi umani; pensare a Seti e pensare alla ricerca di intelligenze extraterrestri, presuppone ora l’abbandono di tutti i nostri preconcetti riguardo la natura della vita, della mente, della civilizzazione, della tecnologia e del destino comune. In breve, pensare a Seti significa pensare all’impensabile”. Credo che questa sia una bella provocazione per tutti, ma in particolare per gli scettici e i negazionisti (nel mio gergo, i miscredenti. Anche se qualcuno ha disapprovato il termine).

Fonte: http://misterobufo.corriere.it

Commento di Oliviero Mannucci: Io lo sostengo da anni l'ho scritto in vari articoli, un vero scienziato per essere tale deve avere la capacità di astrarsi dalla realtà contingente per poter fare le sue ricerche, il cosidetto " metodo scientifico" basato sull'osservazione della realtà con i sensi umani limitati in questo non aiuta di certo. Quando si deve fare una ricerca, su qualsiasi cosa fosse, i pregiudizi e i limiti mentali vanno assolutamente messi da parte. Se si cominciau una ricerca con l'escludere a priori delle cose solo perchè non sono "scientificamente" corrette per i più buonanotte ai suonatori! Cari lettori, fate una piccola ricerca, e scoprirete quanto sia stato faticoso per molti scienziati del passato far accettare le loro scoperte ai scienziati e uomini del loro tempo e quali soprusi ed umilazioni spesso hanno dovuto accettare a causa della cecità e dell'ignoranza. Ora quelle stesse scoperte vengono portate ad esempio della magnificenza della scienza!

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