NAPOLI - Il ticchettio non lo sentiamo neanche più, abituati come siamo a considerare il Vesuvio soltanto come parte del panorama; immagine da cartolina che la rivista Nature (ripresa dal National Geographic) smonta ricordando che il vulcano che domina il golfo di Napoli è «la bomba a orologeria d’Europa». Secondo Nature il rischio Vesuvio è sottovalutato, così come lo era l’ipotesi di un terremoto disastroso in Giappone. La prossima eruzione potrebbe essere peggiore di quanto prevista dal piano d’emergenza.
La giornalista Katherine Barnes, autrice del servizio, raccoglie diversi studi e li mette a confronto. Il punto di partenza è rappresentato dagli studi del team di Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano, che assieme ad altri studiosi già nel 2006 indagò sulla cosiddetta eruzione delle Pomici di Avellino, l’evento che circa 3.800 fa devastò l’intera Campania, con effetti ancora più disastrosi della successiva eruzione di Pompei del 79 d.C.
Il primo dato riguarda l’area da ritenere a rischio. La zona rossa comprende attualmente 18 comuni e circa 600mila residenti. Nature mette in discussione in piano di evacuazione e d’intervento. «Quando si appronta un piano di emergenza – sottolinea la rivista scientifica - occorre tener conto anche del cosiddetto ”worst-case scenario” cioè del peggiore caso possibile». Ed in effetti l’eruzione del Vesuvio con caratteristiche altamente distruttive metterebbe letteralmente in ginocchio non solo la Campania ma lo stesso sistema nazionale e, di conseguenza, l’intera Unione europea. Nature cita a proposito la teoria dei «cigni neri», vale a dire eventi poco probabili ma potenzialmente devastanti.
Ma quali sono gli elementi che creano allarme? Mastrolorenzo e la sua collega Lucia Pappalardo hanno ipotizzato, sulla base di una serie di indagini sismologiche, l’esistenza di una vasta camera magmatica a circa 8-10 chilometri di profondità sotto il Vesuvio; segno di un possibile risveglio violento del vulcano. Lo studio ribadisce la possibilità che i flussi colpiscano anche al di là della cosiddetta «zona rossa», della quale da anni lo stesso Mastrolorenzo chiede l’estensione all’intera area urbana di Napoli, il che imporrebbe un’evacuazione di tre milioni di persone invece delle 600mila attualmente previste.
Nature ha, quindi, interpellato anche i rappresentanti del dipartimento della Protezione Civile che ribattono come il piano di emergenza sia in continuo aggiornamento e che la valutazione del rischio viene compiuta «sulla base delle condizioni presenti del vulcano». Secondo il vulcanologo Warner Marzocchi dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia «non si può investire tutto in previsione del peggiore evento possibile: la riduzione del rischio deve basarsi su presupposti razionali. Un’evacuazione di tutti i tre milioni di abitanti dell’area urbana di Napoli sarebbe impossibile da gestire».
Mazzocchi e i suoi colleghi, segnala Nature, stanno sviluppando una serie di modelli probabilistici che potrebbero aiutare le autorità a valutare la situazione e a decidere le possibili soluzioni in caso di crisi. Un metodo simile a quello utilizzato dall'équipe di Peter Baxter dell’Università di Cambridge in occasione dell’eruzione avvenuta nel 1997 sull’isola di Montserrat, nei Caraibi. Le previsioni di Baxter consentirono di evitare l’evacuazione dell'intera isola. Per il Vesuvio, Baxter e i suoi colleghi hanno approntato un modello di previsione che tiene conto dei possibili scenari in caso di eruzione. In base allo studio, un’eruzione media come quella del 1944, con flussi di lava e moderate emissioni di cenere, resta l’evento più probabile. Qualora il vulcano dovesse risvegliarsi, la probabilità che lo faccia con un’eruzione pliniana, devastante come quelle di Pompei o di Avellino, viene calcolata intorno al 4%. Un simile approccio probabilistico, conclude l’articolo di Nature, sembra l’unico a disposizione di autorità e studiosi, in mancanza di sistemi più accurati per prevedere le eruzioni.
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=149289&sez=NAPOLI#
Ho fatto una riflessione sul mio blog, http://italiaemondo.blogspot.it/2012/09/yellowstone-cosa-succederebbe-se.html.
ReplyDeleteCordiali saluti.
Caro Antonio, grazie del tuo commento e della tua riflessione che alcuni anni fa è stata anche la mia, perchè, anche se per brevi periodi, mi è capitato di risiedere sul Vesuvio,nella zona delle pizzerie, in una via che si chiamava proprio via Vesuvio. Dal balcone della casa dove mi trovavo vedevo a qualche centinaio di metri più su l'osservatorio geofisico ( ti parlo del 1986). Ed ero sempre lì, quando una mattina verso le 5.00( io ero sveglio e guardavo verso Napoli, esplose non il Vesuvio, ma una raffineria di petrolio ( se non ricordo male) l'esplosione fece tremare tutti i vetri e provocò una colonna di fumo nero, che da Napoli andava verso Angri o giù di li, la quale durò diversi giorni e che passava proprio sopra alla zona dove mi trovavo. Mi ricordo che un mio amico sentendo l'esplosione, ma trovandosi in un altra zona della casa dalla quale non si vedeva Napoli, si affacciò fuori a guardare il Vesuvio, pensava proprio fosse saltato il tappo. Ma se fosse avvenuto veramente, forse non sarei stato qui a raccontartelo. La cosa che mi fa pensare, di quella zona è che vi abitano, nelle immediate vicinanze, circa 700 000 persone, senza contare tutto il resto della metropoli napoletana. Nel momento in cui, il Vesuvio deciderà di eruttare, le eruzioni di Pompei ed Ercolano, saranno uno scherzo in confronto. Ma l'uomo purtroppo è fatto così, vuole addomesticare una natura che non è addomesticabile e spesso poi ne paga le amare conseguenze.
DeleteCieli sereni
Oliviero Mannucci