Una ricerca per metà italiana studia la struttura del satellite più grande di Saturno. Al suo interno una distesa d'acqua per centinaia di chilometri. Lo studio pubblicato su Science
di Laura Berardi Come si fa a scoprire com’è fatto l’interno di un pianeta quando non si ha accesso alla sua superficie né si può studiare il suo campo magnetico? Se ne osservano rotazione e maree usando le onde radio. Almeno questo è quanto hanno fatto i ricercatori dell’ Università Sapienza di Roma e dell’ Università di Bologna per analizzare la struttura interna di Titano, il più grande satellite di Saturno. Con questo metodo gli scienziati hanno scoperto che sotto la spessa superficie ghiacciata che ricopre il pianeta si estende un oceano per 250 chilometri e forse più. I dati – provenienti dalla sonda Cassini della Nasa – sono stati pubblicati su Science.
Dal 2004, anno in cui il satellite artificiale che studia Saturno è nell’orbita del pianeta, Cassini è passato in volo radente vicino a Titano più di 80 volte, e ne ha potuto osservare attentamente superficie e atmosfera. Purtroppo però, la sonda non ha mai potuto fornire informazioni sulla struttura, poiché questa luna non ha un campo magnetico interno rilevabile; né è possibile studiarne il mantello usando le onde sismiche, come si fa sulla Terra. Gli scienziati italiani, insieme ai colleghi del California Institute of Technology e della Cornell University, hanno quindi dovuto escogitare un’altra soluzione.
L’idea è stata di studiare le maree. Titano orbita intorno a Saturno in 16 giorni e il gigante gassoso comprime il corpo roccioso ritmicamente, in maniera simile a quanto succede alle masse d’acqua del nostro pianeta per colpa della Luna. L’intuizione è piuttosto semplice: più la struttura interna del pianeta è strizzabile (ovvero composta da acqua o al più di qualche sostanza fangosa e non di rocce solide), più Saturno riuscirà a deformarla. L’alterazione della forma ha come conseguenza alcuni cambiamenti nel campo gravitazionale, che possono essere studiati tramite onde radio, calcolando le variazioni nella frequenza dei segnali sparati dalla sonda verso la Terra nei passaggi ravvicinati al satellite ( effetto Doppler). Nel corso di sei voli ravvicinati tra il 2006 e il 2011, si sono rilevate le variazioni del campo gravitazionale di Titano misurando i cambiamenti che questo provocava nell’orbita della sonda stessa. “ Queste misure forniscono la velocità di Cassini con un’accuratezza di 0,015 millimetri al secondo”, ha precisato Marco Ducci, del dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale dell’ateneo romano.
I ricercatori hanno così calcolato che sotto 50-100 chilometri di crosta ghiacciata, si trovano almeno altri 200 chilometri di liquido (forse persino 250), senza dubbio acqua: se Titano avesse avuto una struttura interna interamente rigida, Saturno avrebbe causato maree solide non superiori a un metro di altezza, mentre i dati mostrano deformazioni che arrivano a 10 metri di altezza. Ancora più all’interno ci sarebbe poi uno strato incredibilmente soffice, un solido molto deformabile, o forse – ma gli stessi ricercatori sono scettici al riguardo – uno strato ancor più denso di acqua e ghiaccio.
Che in quest’oceano ci sia vita, tuttavia, è improbabile. “ L’oceano di Titano non ha niente a che fare con quelli nei quali si svilupparono i primi microrganismi sulla Terra”, ha commentato David Stevenson, del CalTech. “ La superficie ghiacciata è veramente fredda e spessa, ci sono poche possibilità che ci siano punti in cui nutrienti e sostanze inorganiche riescano a combinarsi per dare origine alla vita”. L’interesse degli astrobiologi può però essere rivolto all’atmosfera: una grande quantità del metano presente sul satellite (che rappresenta il 4% dei gas nell’atmosfera) viene trasformato dai raggi ultravioletti provenienti dal Sole in molecole organiche complesse, simili a quelle che c’erano sulla Terra nella fase precedente allo sviluppo della vita. Per questo processo il metano avrebbe dovuto esaurirsi qualche decina di milioni di anni fa. E invece è ancora lì, probabilmente proveniente proprio dall’oceano appena scoperto, anche se non si sa né come, né perché.
Un dubbio che Cassini dovrà per forza sciogliere nei suoi prossimi cinque anni di vita, ovvero prima del suo pensionamento previsto per il 2017, quando verrà fatto precipitare su Saturno per studiarne l’atmosfera.
(Credit per la foto: Nasa)
Fonte: http://daily.wired.it
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