“Scarico controllato” di acqua radioattiva in mare"
Purtroppo aveva ragione Résau “Sortir du Nucléaire” lo sversamento
di acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico dai serbatoi di stoccaggio e
dai sotterranei di Fukushima Daiichi è molto più grave di quanto si
pensasse, ancora più del livello 3 della International Nuclear and
Radiological Event Scale (Ines) che la Nuclear Regulation Authority del
Giappone (Nra) ha comunicato ufficialmente il 28 agosto
all’International atomic energy agency (Iaea).
Oggi la Tokyo electric power company (Tepco) ha annunciato l’ennesimo piano per gestire le acque del cadavere radioattivo della sua centrale distrutta
dalle esplosioni di idrogeno dopo il terremoto/tsunami dell’11 marzo
2011 e il presidente dell’Nra, Shunichi Tanaka, ha detto che potrebbe
essere necessario scaricare nell’Oceano Pacifico l’acqua contaminata
prodotta dal sito, ormai arrivata a 400 tonnellate al giorno.
Per la Tepco, l’Nra ed il governo giapponese la gestione dell’acqua
utilizzata per raffreddare il combustibile fuso nei reattori della
centrale di Fukushima è diventata un incubo, dopo che l’utility non è
riuscita a tamponare una serie di fughe di acqua radioattiva, compreso
lo sversamento di circa 300 tonnellate di acqua altamente contaminata di
un paio di settimane fa. Tanaka spiegando ai giornalisti l’ipotesi di
uno sversamento controllato in mare ha detto: «I livelli dei
contaminanti devono essere portati al di sotto di limiti accettati
attraverso la filtrazione o altri trattamenti prima che l’acqua sia
oggetto di scarico». Come questo possa essere fatto ora è un mistero,
visto che l’acqua altamente radioattiva è stata stoccata in più di 300
serbatoi proprio perché nessuno sapeva come trattarla e smaltirla.
L’Nra potrebbe presentare un progetto globale di gestione delle acque
di Fukushima Daiichi già domani e il vice-capo di gabinetto Katsunobu
Kato ha detto che «Il governo vuole presentare un “pacchetto completo”
di misure per affrontare il problema delle acque contaminate presso
l’impianto di Fukushima».
La verità è che quelli stessi che fino a poche settimane fa cercavano
di derubricare la tragedia nucleare di Fukushima Daiichi in un
incidente di percorso verso il glorioso cammino del nucleare, ora non
sanno letteralmente più che pesci pigliare dopo che la Tepco ieri ha
ammesso che l’ultima fuga di acqua radioattiva scoperta era molto peggio
di quanto rilevata in un primo momento da una strumentazione tarata al
basso ed inadeguata per livelli così alti di radioattività da uccidere
una persona in 4 ore.
La perdita di acqua contaminata fuoriuscita da un serbatoio di
stoccaggio ha in realtà un livello di radioattività di 1.800
millisievert all’ora, 18 volte il livello riportato il 22 agosto nello
punto dai “liquidatori” della Tepco. Un’altra perdita è stata trovata in
una tubazione che collega due serbatoi.
Nei pozzi sotterranei e in centinaia di serbatoi di Fukushima Daiichi
sono stoccate almeno 338.000 tonnellate di acqua con diversi livelli di
tossicità e la Tepco non si è dimostrata in grado di contenere le
continue perdite, come ha ammesso il primo ministro giapponese Shinzo
Abe, che pure prosegue a versare nelle casse dell’utility miliardi di
yen.
Proprio Abe oggi ha detto che «Il governo adotterà azioni rapide ed
esaurienti» per bonificare Fukushima Daiichi ed ha ribadito che «Il
governo andrà avanti adottando tutte le misure necessarie per gestire le
conseguenze del peggior disastro nucleare dell’ultimo quarto di secolo»
e che «Predisporrà rapidamente. un piano per farlo»
Il governo giapponese il 4 settembre istituirà una task force per
accelerare la creazione di impianti intermedi di stoccaggio intermedio
per le scorie radioattive nella prefettura di Fukushima. A capo di
questa task force ci saranno il ministro della ricostruzione, Takumi
Nemoto, e quello dell’ambiente, Nobuteru Ishihara, che dovrebbero
accelerare la consultazione con municipalità e cittadini per acquistare i
terreni per i siti di stoccaggio dove conferire il suolo ed i detriti
contaminati raccolti durante il lavoro di decontaminazione. Il network
radiotelevisivo giapponese Nhk scrive che «Il governo prevede di
costruire i siti nelle città di Futaba, Okuma e Naraha, vicino alla
centrale nucleare di Fukushima Daiichi». Il governo vorrebbe iniziare a
trasferire i rifiuti contaminati dai siti temporanei di stoccaggio dal
gennaio 2015, ma le popolazioni delle tre città sono sempre più
preoccupate e temono che questi impianti intermedi diventino in realtà i
siti di smaltimento finale. Nemoto ha sottolineato che «Gli impianti di
stoccaggio intermedio sono essenziali per promuovere la
decontaminazione» ed ha assicurato: «Gestirò con attenzione la questione
perché avrà un impatto sulla ricostruzione delle comunità locali e
sulla vita dei residenti».
Ma nessuno ormai crede più alle rassicurazioni di Abe e dei suoi
ministri che hanno tenuto nascoste le magagne radioattive di Fukusmima
Daiichi durante la recente campagna elettorale. Intanto il rinascimento
nucleare sognato dal governo di centro-destra del Giappone si allontana
sempre di più: uno dei due reattori della centrale di Ohi, gli unici
ancora in funzione nel Paese, si è fermato oggi per un controllo
routinario e domani sarà fermato anche l’altro. La Nra deve accertare la
sicurezza dei reattori in base ai nuovi standard post-Fukushima , la
Kansai Electric Power Company (Kepco) che gestisce Ohi ha chiesto di
riaprire la produzione bei reattori 3 e 4 dal 15 settembre.
Questo significa che tutti i reattori nucleari del Giappone, dopo una
timida ripresa della produzione nei pochi impianti ritenuti “sicuri”,
saranno di nuovo offline per la prima volta da circa 14 mesi. Nel
frattempo la Nra sta esaminando la sicurezza di altri reattori, compresi
i 6 di Ohi, e non è chiaro se darà il via libera alla Kpco per
riavviare una centrale costruita sopra una faglia sismica.
Ormai si può parlare di una nuova sindrome di Fukushima che sta
annichilendo le smanie nucleariste del governo Abe che ha appena
annunciato l’istituzione di gruppi consultivi con le agenzie governative
per aiutare le municipalità ad elaborare piani di evacuazione in caso
di incidenti nucleari. Dopo la catastrofe nucleare di Fukushima 156
municipalità che hanno il loro territorio entro 30 km di una centrale
nucleare hanno dovuto rivedere i loro piani di evacuazione in caso di
incidenti nucleari, ma questo processo è bloccato a causa delle
difficoltà a fare accordi tra i governi locali sull’evacuazioni oltre i
confini della prefettura colpita ed il trasporto di pazienti anziani da
ospedali e strutture di assistenza infermieristica. Il governo centrale
ha cercato di obbligare le municipalità ad approvare piani di
evacuazione comuni, dicendo che è loro dovere farlo, ma non ce l’ha
fatta ed ha deciso di istituire consigli consultivi per mettere nelle
mani dello Stato il compito di risolvere i problemi comuni ed
assicurarsi così che le prefetture non colpite accettino i profughi
nucleari. Il governo giapponese sottolinea che «Sulla base di nuove
linee guida per la sicurezza delle centrali nucleari, delineare piani di
evacuazione è altrettanto importante della salvaguardia delle centrali
nucleari», ma per far questo bisogna superare le paure ed i pregiudizi
enormemente cresciuti tra la gente con il disastro infinito di Fukushima
Daiichi.
Fonte
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