I ricercatori americani, per contribuire alla ricerca della vita extraterrestre, sono convinti che non basta guardare solo nello spazio, ma rivolgere l'attenzione anche ad alcune rocce che sono proprio qui sulla Terra. Alcune di queste risalgono a più di 3,5 miliardi di anni fa.
Secondo gli scienziati, questi reperti possono offrire informazioni cruciali per comprendere in che modo la via si sia sviluppata qui sul nostro pianeta e, quindi, in altri luoghi dell'Universo. Questo tipo di studio può fare da apripista alla ricerca della vita sul nostro vicino Marte [Tracce di vita nel sottosuolo del Pianeta Rosso].
“Le rocce conservano sempre una storia nascosta”, spiega Clark Johnson, investigatore capo per il Wisconsin Astrobiology Research Consortium. “Tocca ai geologi essere abbastanza furbi da ideare gli strumenti di cui abbiamo bisogno per interrogare le rocce e scoprire la storia che conservano”.
Tra le attività promosse dal progetto, c'è anche l'invio in orbita, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, di diverse tipologie di microbi, allo scopo di studiarne le reazioni rispetto all'ambiente spaziale e alle radiazioni cosmiche.
Nelle varie osservazioni compiute sui reperti, i ricercatori hanno scoperto alcuni preziosi dettagli sulla vita microbica tra i 2 e i 3 miliardi di anni fa, prima che l'ossigeno facesse la sua comparsa nell'atmosfera del pianeta. Si è osservato che l'attività metabolica dei microbi per produrre energia era basata più sul ferro che sulla luce solare. [Vita aliena di 3 mila anni fa in Antartide].
I dati raccolti nella ricerca saranno utilizzati anche per interpretare le informazioni raccolte sulla superficie di Marte dalle varie missioni robotiche, per determinare se l'ambiente marziano possa essere stato, o sia ancora, favorevole allo sviluppo della vita microbica. Tutte le esplorazioni future di Marte non potranno non tenere in considerazione il lavoro della University of Wisconsin-Madison.
“E' possibile che molti pianeti siano in grado di ospitare forme di vita microbiche e che solo raramente poi ci sia un evoluzione a forme di vita multicellulari più complesse”, ha affermato Johnson. “Questa è attualmente la nostra ipotesi”.
Edward Goolish, direttore dell'Astrobiology Institute della Nasa, ha sottolineato come il progetto rappresenti uno dei principali obiettivi della Nasa, finalizzato alla scoperta della vita, o alla sua possibilità, in altri luoghi dell'Universo oltre alla Terra. “Non solo! Il lavoro del team di Johnson ci offre una quantità tale di dati da permetterci di comprendere meglio anche lo sviluppo della vita sul nostro pianeta, fattore ugualmente importante per l'astrobiologia e la scienza in generale”, conclude Goolish. [Tutti gli abitanti che popolano il nostro ombelico].
Un “alieno” terrestre!
Un esempio su tutti, di quanto possano essere resistenti alcuni microrganismi alle più avverse condizioni ambientali, è offerto dal tardigrada, anche conosciuto come orso d'acqua. Si dice spesso che gli scarafaggi siano gli unici esseri viventi a poter sopravvivere ad una esplosione nucleare. Ebbene, l'orso d'acqua, una creatura le cui dimensioni possono variare da da meno di 0,1 mm a 1,5 mm, è in grado di fare molto meglio! [Ecco le 10 creature più mostruose dell'oceano].
Si contano più di 900 specie di tardigradi e sono stati individuati in ogni parte del mondo, dalle montagne più alte agli oceani più profondi. Peccato che c'è veramente poco da vedere!
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