Come può un lago dalle acque fredde e cristalline diventare la zona
più inquinata del pianeta? Molto semplice: ospitando, nelle immediate
vicinanze, Mayak Production Association, uno dei più grandi impianti di produzione di reattori nucleari di Russia.
L’affascinante lago Karachay,
a sud degli Urali, a 150 km da Ekaterinburg, si è conquistato il triste
primato da quando, nel 1990, si scoprì che tenere i piedi in ammollo
nelle sue acque per circa un’ora, bastava ad assorbire una dose di
radiazioni pari a 600 roentgen, sufficiente ad uccidere un essere umano.
L’impianto della Mayak è stato tenuto nascosto dal governo russo fino al 1990 perchè era un importante obiettivo strategico e militare
dove si conducevano anche esperimenti e solo dopo la dismissione la sua
posizione geografica ha iniziato a comparire anche sulle cartine.
La sua esistenza è stata ufficialmente riconosciuta quando non si potevano più ignorare coincidenze e fenomeni inquietanti: nella regione di Chelyabinsk, infatti, è stato riscontrato un aumento del 21%
dell’incidenza di cancro sulla popolazione locale, il 25% in più di
difetti congeniti sui neonati e un aumento del 41% delle leucemie.
Mayak
è infatti stato teatro nel 1957 di uno dei più gravi incidenti nucleari
della storia (terzo in ordine di garvità dopo Chernobyl e Fukushima)
quando un serbatoio esplose rilasciando 100 tonnellate di scorie
radioattive che contaminarono una vasta zona a sud degli Urali e anche
le acque del lago Karachay, causando numerosi morti e e feriti
perl’esposizione prolungata alle radioazioni. Il regime sovietico
infatti coprì per anni ciò che effettivamente era accaduto, portando nei
seguenti 45 anni a 400.000 le persone coinvolte.
Quindi,
in questo lungo periodo nel lago nessuno ha bonificato il lago dall
scorie nucleari né ha avvertito o evacuato la popolazione locale, che ha
continuato a bere e irrigare i campi con le acque del lago Karachay,
del suo affluente, il fiume Techa, e delle falde acquifere e ai corsi d’acqua sotterranei della regione.
Il risultato? Il 65% della popolazione ha contratto le ‘tipiche’ malattie da radiazioni, quelle che i medici chiamato ‘malattie speciali’, termine utilizzato nelle diagnosi per coprire l’esistenza dell’impianto.
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Adesso il lago Karachay è stato completamente riempito di cemento per tentare di contenere i sedimenti radioattivi. L’acqua a valle nel fiume Techa è stata depurata quasi completamente dal cesio radioattivo ma non è ancora possibile berla e le sue rive continueranno ad essere potenzialmente pericolose per decenni.
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Solo nel 2003 le autorità competenti hanno revocato la licenza per lo scarico delle scorie in
mare aperto ma, nonostante questo, l’impianto Mayak è rimasto al suo
posto senza che le auspicabili e necessarie precauzioni del caso (e lo
smantellamento) siano ancora state adottate.
Uno scandalo che si è
nutrito della segretezza per distruggere tante vite umane e l’ambiente
da parte di chi non ha alcun rimorso per le conseguenze!
Erika Facciolla
Fonte
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