23/04/2012 - Il racconto di un operaio Tepco che lavora nella centrale a Rue89
di Dario Ferri
Lo tsunami e la tragedia nucleare che hanno travolto il Giappone
lo scorso anno non finiscono di provocare danni e vittime. Rue 89 racconta la storia,
e raccoglie la testimonianza, di un operaio impegnato nei lavori di
smantellamento della centrale di Fukushima danneggiata dal maremoto e
dalla quale sono fuoriusciti e fuoriescono radiazioni potenzialmente
pericolose per la salute umana.
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RADIOATTIVITA’ ALTA – “Voglio stare dentro, Mi sento più utile. Forse perché sono un po’ kamikaze”, dice Takehiro, uno dei 3mila uomini impegnati nel perenne raffreddamento del reattore al centro del disastro. L’ambiente in cui lavorano gli operai è sensibilmente contaminato, fino a 13 microsievert per ora (mSv/h), vale a dire 113,9 microsievert all’anno (mSv/anno), più di cento volte in più del livello di radioattività consentito dalla comunità internazionale. “So che è molto radioattivo – dice Takehiro – A volte ho paura. Ma di più all’inizio. Ora il pericolo fa parte della mia vita. Forse in cinque-dieci anni sentirò gli effetti”.
LAVORO DISUMANO – Un’esperienza a metà tra il senso del dovere e lo spirito di sacrificio, e l’incoscienza. Poco conta se la Tepco, società che gestisce l’impianto di Fukushima, ha strumentalmente innalzato il limite massimo di esposizione alla radioattività da 20 a 25o mSv all’anno, per favorire il lavoro dei 3mila ‘liquidatori’. Leggi e tutele sembrano solo concetti astratti, e distanti. Assunto nel maggio 2011, il lavoratore, in realtà dipendente di una subappaltatrice di un partner Tepco, ha lavorato tutti i giorni per i primi quattro mesi. Nè una mattina, nè un pomeriggio di riposo. Da settembre ha cominciato poi a lavorare sei giorni a settimana. Senza vacanze e senza contratto. E in condizioni ai limiti del possibile. L’azienda vieta di mangiare o bere durante le ore di lavoro, per i rischi per la salutem a gli operai, stremati dal calore non possono far altro che ignorare la regola. Takehiro dice: “A volte mi tolgo la maschera per fumare o bere una bottiglia d’acqua di nascosto. E’ pericoloso, ma non posso aspettare per il lavoro. Se la Tepco lo sa vengo licenziato”.
“NON M’IMPORTA IL DENARO” – Sono circa 20mila le persone che son passate nel sito di Fukushima dal disastro. Sei dipendenti sono morti. Si sentono sotire di lavoratori che “vedono il numero di globuli bianchi crollare”, dice Takehiro. A fare da contrappeso al pericolo ci sarebbe una paga soddisfacente, 180mila yen al giorno, 1670 euro, 8mila (74 euro) per i non specializzati. Ma Takehiro rivela di fare tutto solo per passione. Per aiutare il suo Giappone: “Non mi importa, non lavoro per denaro, sono felice di fare questo lavoro”.
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LAVORO DISUMANO – Un’esperienza a metà tra il senso del dovere e lo spirito di sacrificio, e l’incoscienza. Poco conta se la Tepco, società che gestisce l’impianto di Fukushima, ha strumentalmente innalzato il limite massimo di esposizione alla radioattività da 20 a 25o mSv all’anno, per favorire il lavoro dei 3mila ‘liquidatori’. Leggi e tutele sembrano solo concetti astratti, e distanti. Assunto nel maggio 2011, il lavoratore, in realtà dipendente di una subappaltatrice di un partner Tepco, ha lavorato tutti i giorni per i primi quattro mesi. Nè una mattina, nè un pomeriggio di riposo. Da settembre ha cominciato poi a lavorare sei giorni a settimana. Senza vacanze e senza contratto. E in condizioni ai limiti del possibile. L’azienda vieta di mangiare o bere durante le ore di lavoro, per i rischi per la salutem a gli operai, stremati dal calore non possono far altro che ignorare la regola. Takehiro dice: “A volte mi tolgo la maschera per fumare o bere una bottiglia d’acqua di nascosto. E’ pericoloso, ma non posso aspettare per il lavoro. Se la Tepco lo sa vengo licenziato”.
“NON M’IMPORTA IL DENARO” – Sono circa 20mila le persone che son passate nel sito di Fukushima dal disastro. Sei dipendenti sono morti. Si sentono sotire di lavoratori che “vedono il numero di globuli bianchi crollare”, dice Takehiro. A fare da contrappeso al pericolo ci sarebbe una paga soddisfacente, 180mila yen al giorno, 1670 euro, 8mila (74 euro) per i non specializzati. Ma Takehiro rivela di fare tutto solo per passione. Per aiutare il suo Giappone: “Non mi importa, non lavoro per denaro, sono felice di fare questo lavoro”.
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Commento di Oliviero Mannucci: Qualche settimana fa il dott. Veronesi, sostenendo che non ci sono stati morti ne nell'incidente nucleare di Chernobyl, ne in quello di Fukushima, ha chiesto al premier Monti di invalidare il referendum contro il nucleare. Bene, visto che il dott. Veronesi continua a minimizzare gli effetti delle radiazioni, che vada a dare una mano ai liquidatori giapponesi, che stanno morendo come le mosche, per la sciempiaggine di chi sottovaluta il pericolo della energia nucleare.
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