In un mondo in cui la dipendenza dell'uomo dalle reti elettriche e' sempre maggiore, non e' ancora possibile prevedere con esattezza quando arrivera' una violenta tempesta magnetica generate dalle esplosioni solari. Non è cioè possibile prevedere, per le tempeste solari, l'equivalente dei quello che è il 'Big One' per i terremoti, ossia il grande sisma atteso in California, lungo la faglia di Sant'Andrea. Per questo il gruppo britannico coordinato da Mike Hapgood, del britannico Rutherford Appleton Laboratory, ha proposto sulla rivista Nature di costruire una banca dati storica dell'attività solare.
L'obiettivo è ottenere dati statistici significativi e la proposta arriva nel momento in cui il Sole è tornato a svegliarsi, all'inizio di un nuovo ciclo di attività di undici anni. ''Anche se la Nasa ed altre organizzazioni stanno sviluppando sistemi sempre piu' accurati per prevedere l'arrivo di tempeste geomagnetiche, fino a poche ore o giorni prima che colpiscano la Terra, non e' ancora possibile stabilire quanto potenti potrebbero essere questi eventi'', commenta Hapgood. ''E' un tema che ci lascia impreparati, come lo è stato il Giappone riguardo alle dimensioni del terremoto e dello tsunami che ha devastato il Paese nel marzo 2011''. Secondo lo studioso dovremmo prepararci ad una tempesta molto potente, ''una di quelle che colpiscono una volta nell'arco di mille anni e, purtroppo, non sappiamo quanto potra' arrivare''.
L'umanità conosce già l'impatto che può avere una tempesta solare di notevoli dimensioni, come quelle che colpirono la Terra nel 1859, nel 1921 e nel 1989. La piu' recente causo' un blackout nello stato del Quebec, in Canada, lasciando 5 milioni di persone senza corrente e al freddo per almeno 9 ore, con danni economici di circa 2 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti fu danneggiato un potente trasformatore da 12 milioni di dollari; danni simili furono registrati nel Regno Unito e le agenzie spaziali del mondo persero temporaneamente il contatto con circa 1.600 satelliti.
Per migliorare la valutazione del rischio, il ricercatore inglese raccomanda la digitalizzazione dei vecchi dati meteo dello spazio, attualmente in forma cartacea, oltre ad ulteriori studi statistici e lo sviluppo di processi di elaborazione dati piu' sofisticati, basati su modelli. ''I sistemi terrestri piu' a rischio - conclude - tra cui le reti elettriche e le compagnie aeree, hanno bisogno di tali dati per prendere decisioni fondate''.
Fonte: ansa.it
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