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Saturday, June 16, 2012

Italia-Fukushima, l'eredità del nucleare

Un anno fa il popolo italiano ha detto «no», per la seconda volta, all'energia nucleare: la prima volta, nel 1987, sull'onda del disastro di Cernobyl, lo scorso anno di quello di Fukushima. Se i referendum del 2011 hanno cambiato il panorama italiano, il disastro nucleare in Giappone ha cambiato il panorama e le prospettive internazionali. Facciamo il punto: la lobby nucleare è in difficoltà, ma ancora forte; gli interessi in gioco sono colossali, e nulla ci mette al riparo dall'eventualità che qualcuno rispolveri di nuovo programmi nucleari.
È opportuno fare il punto, anche per cercare di dare una scossa all'opinione pubblica, che dopo quel successo sembra dormire sugli allori. La lobby nucleare è in difficoltà, ma ancora forte; gli interessi in gioco sono colossali, e nulla ci mette al riparo dall'eventualità che qualcuno rispolveri di nuovo programmi nucleari.

La nostra eredità nucleare
I nostri programmi nucleari, chiusi da un quarto di secolo, lasciano una pesante eredità: quattro reattori nucleari da smantellare (il decommissioning è alle fasi iniziali) e una quantità di depositi «temporanei» di residui nucleari, più o meno grandi, più o meno sicuri (qualcuno manifestamente poco sicuro, con rischi di incidenti nucleari piuttosto gravi). Una situazione inaccettabile, che tra l'altro costa agli utenti italiani tra i 300 e i 400 milioni di euro l'anno. Un paese civile avrebbe un'Agenzia per la Sicurezza, che invece in Italia era stata creata in modo strumentale e inadeguato dal governo Berlusconi ed è stata soppressa dal governo Monti, anziché venire adeguatamente riformata. Così il settore nucleare rimane affidato alla Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari), società per azioni (oggetto di scandali finanziari) istituita nel 1999, finanziata principalmente dalla componente degli oneri generali del sistema elettrico italiano presente nelle bollette elettriche.
È urgente realizzar un deposito nazionale dei residui nucleari (l'avanzamento dello smantellamento genera ulteriori residui, per i quali si realizzano altri depositi «temporanei»), ma non lo si vede all'orizzonte. Nel 2003 il governo Berlusconi dichiarò perfino un'emergenza nucleare per imporre un improvvisato deposito nazionale a Scanzano Ionico, respinto a furor di popolo. Poi l'emergenza è misteriosamente svanita.
Ci sarebbe da vergognarsi, e invece le consorterie nucleari nostrane hanno ancora l'impudenza di ritornare periodicamente e pateticamente alla carica. Così l'Enel - con un indebitamento finanziario netto di quasi 45 miliardi - ha acquisito le centrali nucleari della spagnola Endesa (per il 92%) e le vecchie centrali sovietiche della slovacca Elektrarne (per il 66%).

La lunga ombra di Fukushima
Sul disastro di Fukushima (11 marzo 2011) si cerca di calare il silenzio e l'oblio: ma l'incidente è tutt'altro che chiuso e le sue conseguenze si protrarranno per decenni.
Sulla centrale giapponese pesano soprattutto due ordini di problemi. Le unità 1, 2 e 3 hanno subito la fusione (meltdown) dei noccioli, e almeno nella prima il combustibile fuso (corium) ha perforato il vessel d'acciaio ed è penetrato nel basamento di cemento. Dire che è stato raggiunto lo «spegnimento a freddo» dei reattori è privo di senso, in quanto tale definizione è riferibile solo a un nocciolo integro. Il corium fuso è incontrollabile, avendo perduto i parametri di controllo e quindi non si può escludere che possa riacquistare localmente configurazioni critiche con ripresa della reazione a catena. Ci vorrà un tempo lunghissimo (decine d'anni) e difficilmente prevedibile per metterlo sotto controllo, e potrebbe prevalere la scelta di lasciare per sempre i reattori racchiusi in un involucro d'acciaio, monumenti alla stoltezza umana.
Non meno grave, anzi più urgente, appare il problema delle barre di combustibile accumulate in modo addensato nelle piscine di raffreddamento. Gli edifici che le contengono sono stati gravemente lesionati, e un nuovo forte sisma (la regione continua a tremare) potrebbe causare un disastro con conseguenze ancora maggiori di quelle dello scorso anno. Un gruppo di esperti dell'Ufficio di Gabinetto giapponese ritiene probabile che nei prossimi anni possa avvenire un terremoto di grado 9 nella faglia oceanica e uno tsunami con onde di altezza eccezionale che colpirebbero non solo Fukushima, ma anche altre centrali nucleari. È quanto mai urgente il trasferimento di tutte le barre di combustibile immagazzinate nelle piscine di Fukushima.
Il Giappone ha grandi quantità di combustibile esaurito immagazzinato, benché sia tra i pochi paesi al mondo che pratica il ritrattamento, con cui ha già accumulato decine di tonnellate di plutonio, materiale di solo interesse militare (sono necessari pochi kg per una bomba), sollevando dubbi motivati su possibili programmi militari.
Rimane poi il problema della contaminazione del territorio, dell'oceano, delle acque interne, delle matrici e delle catene alimentari, contaminazione costituita principalmente da cesio-137 che permane per oltre mezzo secolo.
Dal 5 maggio tutti i reattori nucleari giapponesi sono fermi per manutenzione e controlli. Il governo è determinato a riavviarli, ma l'opposizione nella società civile cresce e la partita è aperta. Le minacce di black out estivi risultano strumentali alla luce del parco elettrico del Giappone che, a fronte di una domanda costante dalla fine degli anni '90 (circa 170.000 MW), garantisce una sovra potenza installata di 220.000 MW senza la fonte nucleare (e con grande capacità di incremento dell'autoproduzione nell'industria, oltre che di sviluppo delle fonti rinnovabili).

La sicurezza nucleare dopo Fukushima
Gli incidenti ai reattori e alle piscine della centrale di Fukushima inficiano definitivamente le valutazioni, opinabili, della probabilità di incidenti nucleari gravi. Il succedersi degli incidenti di Harrisburg (negli Usa, 1979), Cernobyl (Ukraina, 1986) e Fukushima (anche prescindendo da altri incidenti gravi che non hanno avuto simili conseguenze), porta a concludere che ci si può aspettare un ulteriore incidente grave nei prossimi anni. Tra i possibili candidati, secondo molti esperti, anche i 58 reattori nucleari francesi, collocati nel cuore d'Europa e a poche centinaia di chilometri dalle nostre grandi città.
La «rinascita nucleare» di cui si continua a favoleggiare è sempre stata una frottola, ma dopo gli incidenti di Fukushima questo risulta sempre più evidente. L'uscita dal nucleare decisa dalla Germania e dalla Svizzera è stato un duro colpo. L'elezione di Hollande alla presidenza della Francia ha già seminato il panico nell'industria nucleare. D'altra parte l'energia nucleare era già fuori mercato, e si reggeva solo sui forti incentivi e sussidi pubblici e sul riconoscimento della limitata responsabilità in caso di incidenti. Ma dopo Fukushima gli aumenti dei costi sono assolutamente fuori controllo. La francese Areva e la giapponese Tepco denunciano perdite record nel 2011. Wall Street e le famigerate ma potenti società di rating esprimono valutazioni poco incoraggianti sulla tecnologia nucleare. L'adeguamento a nuove normative e sistemi di sicurezza è lungi dall'essere terminato e non si intravede nessuna soluzione per le decine di migliaia di tonnellate di combustibile esausto esistenti nel mondo. Vi sono centinaia di centrali nucleari nel mondo in attesa di smantellamento, con problemi e costi vertiginosi.

La lobby nucleare in difficoltà
L'esito dello scontro in atto in Giappone sarà decisivo per il futuro del nucleare nel mondo: in ogni caso nulla sarà più come prima. Uno dei paesi che alimenta progetti nucleari ambiziosi (4 nuove centrali) è la Gran Bretagna, la cui industria nucleare peraltro è nelle mani dell'Edf francese (che l'acquistò nel 2008, dopo che la premier Margareth Thatcher l'aveva privatizzata nel 1980): e Edf ha da poco rinviato di almeno 4 anni la costruzione della prima di esse, a Hinkley Point, mentre le tedesche Rwe e E.On si sono ritirate definitivamente dai progetti a Wylfa e Oldbury.
Negli Usa la Nrc (National Regulatory Commission) ha lanciato allarmi sulla sicurezza di molti dei 104 reattori attivi in caso di gravi calamità naturali. Malgrado gli sforzi per un rilancio del nucleare fatti da George W. Bush e anche da Barack Obama, una delle due centrali di cui era prevista la costruzione - quella di Calvert Cliffs - potrebbe essere definitivamente abbandonata dopo il ritiro di Constellation Energy dal progetto.
La Cina ha ambiziosi programmi nucleari, che hanno però subìto un rallentamento dopo il disastro di Fukushima, con la sospensione almeno temporanea dell'autorizzazione di nuovi progetti.
Il mondo in cui viviamo è già abbastanza complicato: evitiamo almeno l'ulteriore complicazione dell'energia nucleare! Gli ultimi «inattesi» eventi sismici, in aree fino a oggi considerate a basso rischio, rappresentano un ulteriore monito per un paese, come il nostro, destinato a convivere da un lato con un rischio sismico elevato, dall'altro col pressappochismo e l'affarismo privo di scrupoli di troppi imprenditori e amministratori.

*** Harumi Matsumoto, Yukari Saito, Chie Wada, Angelo Baracca, Massimo Bonfatti, Marcello Buiatti, Ernesto Burgio, Giulietto Chiesa, Giorgio Ferrari, Patrizia Gentilini, Ugo Mattei, Giorgio Parisi, Paola Pepe, Adriano Rizzoli, Roberto Romizi, Alex Zanotelli, Monica Zoppè, Alberto Zoratti, promotori dell'appello «Per una moratoria nucleare in Giappone e per l'immediata rimozione del combustibile nucleare dall'impianto di Fukushima» (su il manifesto 18 maggio 2012) isdepalermo.ning.com/notes/Fukushima. L'appello ha raccolto finora più di 3.600 adesioni, che vengono consegnate in mattinata all'Ambasciata del Giappone a Roma.
La raccolta delle firme prosegue.

Fonte: http://www.ilmanifesto.it

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