Uno studio effettuato con il telescopio VLT dimostra che tra le stelle di tipo O, di grande massa e luminosità, il 75 per cento fa parte di sistemi binari, molto più di quanto si pensasse. Ma nella maggior parte dei casi la convivenza finirà male. Lo studio su Science.
Un nuovo studio basato su dati del VLT (Very Large Telescope) dell’ESO ha mostrato che la maggior parte delle stelle più brillanti e massicce, quelle da cui dipende l’evoluzione delle galassie, non vivono da sole. Quasi tre quarti di queste stelle, molto di più di quanto finora si pensasse, hanno accanto una stella compagna. E soprendentemente, la maggior parte di queste binarie subisce un’interazione distruttiva, come il trasferimento di massa da una stella all’altra, e addirittura un terzo di queste probabilmente diventerà una stella singola. I risultati sono presentati nel numero del 27 luglio della rivista Science.
Un’equipe internazionale ha utilizzato il VLT per studiare le stelle di tipo O, cioè stelle con temperature, massa e luminosità tutte molto elevate. Queste stelle vivono una vita breve ma violenta e rappresentano un cardine dell’evoluzione delle galassie. Sono anche legate a fenomeni estremi come le stelle “vampiro” (coppie di stelle in cui la compagna più piccola succhia materia dalla superficie della compagna più grande, o i lampi di luce gamma).
“Queste stelle sono dei veri colossi”, spiega Hugues Sana dell’Università di Amsterdam, l’autore principale dello studio. “Sono almeno 15 volte più massicce del Sole e possono essere anche un milione di volte più brillanti. Sono così calde che la loro luce è bianco-azzurra e la temperatura superficiale supera i 30 000 gradi Celsius.”
Gli astronomi hanno studiato un campione di 71 stelle di tipo O singole o in coppie (binarie) in sei ammassi stellari giovani e vicini nella Via Lattea. La maggior parte delle osservazioni dello studio sono state realizzate con telescopi dell’ESO tra cui il VLT.
Analizzando in dettaglio maggiore di quanto mai fatto prima la luce che proviene da queste sorgenti, l’equipe ha scoperto che il 75% di tutte le stelle O si trova in sistemi binari: questa percentuale, determinata in modo preciso per la prima volta, è maggiore di quanto si pensasse. Più importante ancora è che la frazione di queste binarie abbastanza vicine per interagire (per mezzo di fusioni stellari o trasferimento di massa da parte delle cosiddette stelle “vampiro”) è molto maggiore di quanto si fosse pensato finora. Questo ha profonde implicazioni sulla nostra comprensione dell’evoluzione delle Galassie.
“I sistemi binari composti da due stelle legate dall’attrazione gravitazionale erano una volta ritenuti un caso particolare, che aveva però delle interessanti applicazioni e le rendeva estremamente importanti per gli astronomi” spiega a Media INAF Antonio Frasca, dell’Osservatorio Astronomico di Catania. “Lo studio delle variazioni di velocità radiale (la componente della velocità diretta verso la Terra) consente infatti di misurare le masse delle due stelle e, se il piano orbitale giace lungo la linea di vista, le eclissi permettono di misurare i raggi e le temperature). Poi lo sviluppo tecnologico ha consentito di studiare campioni sempre più ampi di oggetti e ha mostrato che le stelle doppie o multiple sono più di quelle singole”.
Lo studio di Sana è dedicato alle stelle di grande massa (tipo spettrale O) che rappresentano una minoranza in termini numerici (circa l’1 per cento delle stelle nell’Universo) ma che hanno una enorme importanza nella formazione ed evoluzione chimica e dinamica delle galassie, continua Frasca. “Queste stelle infatti, poiché consumano molto rapidamente il combustibile nucleare al loro interno, hanno una vita molto breve che termina in modo violento con l’esplosione dell’astro come supernova. L’esplosione della stella arricchisce il mezzo interstellare, ancora ricco di gas e polveri, con elementi chimici pesanti e favorisce la formazione di nuove stelle”.
Le fusioni tra le stelle, che l’equipe stima siano il destino finale di circa il 20-30% delle stelle di tipo O, sono eventi violenti. Ma anche lo scenario relativamente tranquillo delle stelle “vampiro”, che riesce a spiegare un altro 40-50% dei casi, ha un effetto notevole sull’evoluzione di queste stelle.
Ad esempio, nel caso delle stelle “vampiro”, la stella più piccola, di massa inferiore, ringiovanisce nel succhiare l’idrogeno fresco dalla compagna. La massa aumenta così in modo notevole e di conseguenza la stella vive più a lungo della compagna e comunque molto di più di quanto farebbe una stella singola di pari massa. La stella “vittima” nel frattempo viene spogliata dei suoi strati esterni prima di poter divenire una super gigante rossa luminosa e il suo nucleo caldo e azzurrognolo viene messo a nudo. Come risultato, la popolazione stellare di una galassia distante può apparire molto più giovane di quanto sia realmente: sia le stelle “vampiro” ringiovanite che le vittime spogliate diventano più calde, di colore più blu, imitando così l’aspetto di stelle più giovani. Sapere quale sia la vera frazione di stelle supermassicce interagenti è perciò fondamentale per poter caratterizzare correttamente queste galassie lontane.
“Gli effetti del merging e del trasferimento di massa, la cui analisi è stata effettuata in maniera dettagliata e critica dagli autori, hanno delle implicazioni importanti sul destino finale di questi oggetti, sulle esplosioni di supernove e anche sulla evoluzione delle galassie” conclude Antonio Frasca. “E’ auspicabile che i risultati di questo studio vengano confermati o corretti da studi simili condotti in altri ammassi o regioni di formazione stellare della nostra galassia e, magari, nelle galassie vicine con gli strumenti di futura generazione”.
Fonte: http://www.media.inaf.it
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