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Wednesday, July 25, 2012

E se gli extraterrestri fossimo noi?

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© Foto: KinoPoisk.RU


Non si è ancora spenta l’eccitazione dei documentari di Discovery Channel con i commenti scioccanti di Stephen Hawking, uno dei fisici teorici più famosi e più influenti dal punto di vista scientifico, nonchè premio Nobel, che aveva destato sensazione con la sua dichiarazione secondo cui gli alieni esistono davvero. Hawking prega però gli umani di non cercare di mettersi in contatto con loro. Non è la prima volta che lo studioso parla del mondo extraterrestre: a renderlo famoso fu il saggio “Breve storia del tempo” in cui affronta il tema dell’origine dell’Universo. Nella nuova serie, Hawking ha riferito che forme di vita diversa esistono in molti angoli dell’Universo, ma gli extraterrestri possono utilizzare il nostro Pianeta solo come fonte di risorse da prendere e portar via.

Gli Americani hanno già affrontato la questione dell’identificazione degli alieni, ma per ora solo a livello genetico. Il Professore di Genetica della Scuola di Medicina di Harvard Gary Ruvkun ha progettato un chip capace di identificare la presenza di frammenti di DNA di alieni. Si presume che questo chip verrà utilizzato durante le ricerche nelle prossime esplorazioni su Marte. La polvere del Pianeta Marte crea una soluzione speciale che viene elaborata dagli ultrasuoni per distruggere possibili frammenti di resti organici e poi viene analizzata mediante il chip per individuare la presenza di DNA.

“Piccoli omini verdi”, come avviene l’accoglienza

Le ricerche sulla vita extraterrestre vanno avanti da decenni. Gli studiosi Americani hanno deciso di giustificare il bisogno di cercare una vita intelligente nello spazio con l’applicazione del paradosso del famoso fisico Enrico Fermi che essi leggono come la contraddizione tra l’alta possibilità che una vita intelligente esista e la mancanza di segni visibili di tale esistenza. Lo scienziato aveva posto una semplice domanda: “Se le civiltà extraterrestri sono tante, dove si trovano?”

Gli studiosi Americani hanno proposto una soluzione a questo paradosso. Se si suppone che la vita media della civiltà intelligente nella nostra Galassia sia di circa 1000 anni (gli abitanti terrestri mandano nello spazio segnali di soli 100 anni), allora nella Via Lattea possono esistere, senza conoscersi l’un l’altro, oltre 200 civiltà. Gli Inglesi sono andati oltre. All’Università di Edimburgo hanno ipotizzato che nella nostra Galassia esistono da 361 a 38 mila civiltà.

Buoni risultati teorici sono stati ottenuti non solo dagli studiosi del SETI, ma anche da milioni di volontari di tutto il mondo che, dal 1960 cercano di percepire segnali provenienti da mondi invisibili. Nel 1977 il radiotelescopio dell’Università dell’Ohio ha catturato un segnale lungo ben 37 secondi. Il segnale proveniva dalla costellazione del Sagittario ed fu il più lungo mai avvertito. Nel 2004 il radiotelescopio di Arecibo (Porto Rico) ha trasmesso un segnale definito SHGb02+14° e proveniente da quella parte dell’Universo in cui la costellazione dell’Ariete confina coi Pesci.

Gli ultimi dati, pubblicati nel 2008 da studiosi americani che lavoravano al programma di ricerca di civiltà extraterrestri, possono certamente definirsi sensazionali. Uno dei sistemi stellari più vicini alla Terra può essere considerata la copia esatta del nostro Sistema Solare, solo ai primi stadi di sviluppo. Non si esclude così che l’uomo sia una copia di esseri vissuti milioni di anni fa in mondi lontani.

Il chimico svedese Svante Arrhenius, anch'egli premio Nobel, alla fine del XIX secolo ha espresso la propria idea sulla panspermia, teoria che suggerisce che la vita sulla Terra sia arrivata dal Cosmo. La scienza ufficiale del XX secolo ha ignorato questa ipotesi, ma ora molti fisici teorici di fama in Europa e in Russia si occupano intensamente della questione della vita portata sul nostro Pianeta, e rifiutano la teoria “ufficiale” secondo cui la Terra sarebbe il centro del mondo e tutto l’Universo giri intorno alla Terra. La teoria su un’origine extraterrestre della vita è stata affrontata per la prima volta in Russia dagli scienziati dell’Istituto di spettroscopia dell’Accademia delle Scienze.

Da un punto di vista filosofico si può supporre che esseri extraterrestri cerchino di continuare la propria specie e di trasferire le conoscenze acquisite. Sarebbe dunque più semplice per questi essere inviare nello spazio circostante all’interno della Galassia centinaia di migliaia di tonnellate di biomolecole, microcapsule di DNA che contengono informazioni su preciso tipo di vita a cui esse appartengono. Questo scambio di informazioni è vantaggioso anche da un punto di vista energetico. Le particelle di DNA inviate nel cosmo alla velocità cosmica di decine di km al secondo si diffondono nella Galassia per milioni di anni, un tempo utile per poter essere accolte. Al contrario, il segnale elettromagnetico che supera la velocità della luce si diffonde piuttosto rapidamente e contiene poche informazioni.

Una parte di “eredi” è ovvio che si disperde, viene catturata dal campo gravitazionale e si infiamma, una parte viene distrutta dalle scintille delle supernove, ma una quantità considerevole riesce a cadere sui pianeti in condizioni favorevoli, come quelle terrestri. Se il pianeta si rivela adatto, il biosegnale non sparirà senza lasciar traccia. Se cade ad esempio in acqua, ad una certa temperatura, inizia a svilupparsi. Nel DNA è racchiusa una quantità colossale di informazioni, 109 alfabeti genetici composti da 4 lettere, i nucleotidi. È impossibile provare a pensare a tutte le varianti di combinazioni genetiche. Questa è la vita. I gentisti molecolari sostengono che solo il 5% del DNA dell’uomo contiene informazioni utili. Il restante 95%, la parte “eccedente” del DNA, contiene segreti sull’origine della vita, incluse informazioni utili e necessarie per comprendere quale sarà l’evoluzione della specie umana. Per raggiungere il “loro” grado di sviluppo, potremmo compiere lo stesso tipo di operazione di diffusione della vita nella Galassia per i prissimi milioni di anni.

C’è un’altra importante testimonianza del fatto che la vita sia arrivata sulla Terra dal cosmo. Le ultime ricerche microbiologiche dell’Istituto russo di medicina cosmica mostrano che la vita è apparsa non appena ci sono state le condizioni necessarie. Se si considera che l’età stabilita per il primo gene terrestre è di 3,8 miliardi di anni e che l’età geologica della Terra è di 4,6 miliardi di anni, allora sembra chiaro che i primi veri “extraterrestri” siamo proprio noi.

Fonte: http://italian.ruvr.ru

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