Ma
da quale ”nube”? Quella del disco protoplanetario, piu’ recente, nella
quale si sono formati asteroidi, comete e pianeti? O quella
interstellare, l’antica nube molecolare nella quale lo stesso Sole si e’
formato? Nel primo caso, il ghiaccio primordiale sarebbe l’esito d’una
serie di processi di trasformazione – per esempio di ionizzazione –
innescati dal Sole, e dunque avvenuti contestualmente alla formazione
dei pianeti. Nel secondo, invece, risalirebbe a un’epoca anteriore. Per
arrivare a una datazione certa, un team guidato da Ilse Cleeves,
dottoranda in astronomia all’Universita’ del Michigan, ha messo a punto
un modello basato sull’abbondanza isotopica del deuterio, l’isotopo
dell’idrogeno che arricchisce l’acqua pesante – o meglio, in questo
caso, il ”ghiaccio pesante”. Il ghiaccio presente nelle nubi
interstellari, a causa delle temperature estremamente basse alle quali
si forma, tende infatti a essere assai ricco di deuterio.
I
ricercatori hanno dunque simulato un disco protoplanetario ”vergine” –
completamente privo di ghiaccio contenente deuterio – e lo hanno fatto
”girare” per un milione di anni, per vedere se fosse in grado di
produrre ghiaccio pesante in quantita’ analoghe a quelle presenti nelle
meteoriti, negli oceani terrestri e in quelle vere e proprie capsule
temporali che sono le comete. Risultato: niente. Di conseguenza, buona
parte dell’acqua presente nel Sistema solare doveva gia’ essersi formata
quando il Sole ancora non c’era. Una conclusione, questa, che
incoraggia ulteriormente la ricerca di pianeti abitabili – o magari gia’
abitati da qualche forma di vita – al di fuori del Sistema solare. Come
sottolinea John Robert Brucato, astrobiologo all’Osservatorio
Astrofisico di Arcetri dell’Inaf, ”gia’ sapevamo che tutta l’acqua che
troviamo sulla Terra vi e’ stata trasportata da piccoli corpi, come le
comete e gli asteroidi”, ma con questo lavoro si fa un ulteriore passo
in avanti e si e’ riuscito, infatti, a capire che l’acqua che oggi
costituisce gli oceani terrestri, e che e’ presente negli altri corpi
del Sistema solare, e’ rimasta praticamente inalterata rispetto a quella
presente nel mezzo interstellare e non ha subito trasformazioni durante
il processo di formazione dei pianeti. Questo permette di capire che le
condizioni iniziali che hanno favorito la nascita della vita non sono
uniche, cioe’ non dipendono dalle caratteristiche peculiari del nostro
Sistema solare, ma possono essere comuni nello spazio. ”E dunque
presenti – osserva Brucato – anche in altri sistemi planetari. Questo
aumenta ulteriormente la speranza di trovare segni di vita in qualche
altro angolo della nostra galassia. Bastera’ semplicemente saperli
cercare”
Peppe Caridi
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