La storia è cominciata con la raccolta dei punti che si trovavano nelle confezioni delle merendine o di altri prodotti (alimentari per lo più). Chi completava una tessera appiccicandovi sopra tutti i 12 o 20 o 30 punti vinceva in regalo un gadget (un pupazzo, un giocattolo, una pentola …). E fin qui, tutto sommato niente di male (a parte il fatto che il prodotto alimentare in questione fosse il solito cibo processato ben poco salutare): si premiava la fedeltà ad un prodotto, era un po’ come fare lo sconto a chi acquistava un gran numero di confezioni.
Il
passo successivo fu quello di ideare delle tessere magnetiche che
riproponevano in grande quello stesso meccanismo, ma in una versione
informatizzata: ogni catena di supermercati, ed in seguito anche molti
altri negozi, distribuì ai propri clienti delle tessere magnetiche nelle
quali si registravano i punti che l’acquirente accumulava ogni volta
che faceva degli acquisti, punti che davano diritto al regalo di un
gadget a scelta o ad uno sconto sulla spesa.
Non
so se questa innovazione fosse già in mente sin dall’inizio, o se più
verosimilmente scaturì dalle solite menti diaboliche prendendo la spunto
dalla raccolta punti e dai progressi che nel frattempo si erano
verificati nell’informatica, con l’uso ormai abituale di tessere per
registrare gli orari di ingresso e di uscita dei dipendenti.
Fatto sta che adesso quasi tutti ci siamo trovati piano piano ad avere queste benedette tessere magnetiche, una per il supermercato A, una per il supermercato B, una per il negozio C, che si sono affiancate al bancomat che nel frattempo era stato ideato come “comodo strumento di pagamento”. Devo dire che all’inizio non ne volevo sapere di prendermi queste tessere, ad istinto percepivo qualcosa di negativo, qualcosa di infido. D’altronde ragionavo: perché un supermercato appartenente alla grande distribuzione, e quindi facente parte della struttura alienante della società moderna ed obbediente solo ai meccanismi del profitto, avrebbe dovuto agevolarmi regalandomi quella tessera? Era evidente che se lo facevano avevano il loro tornaconto, non era certo nel mio interesse.
Ho
resistito per un po’, però alla fine mi sono arreso anch’io, costretto
quasi dal fatto che molto spesso non si poteva approfittare degli sconti
se non si aveva la tessera; nonostante la mia avversione non era certo
una cosa terribile, ed era un po’ come le vecchie raccolte punti delle
merendine di una volta. E, diciamolo, ancora non avevo compreso e
nemmeno intuito il disegno complessivo che poteva spiegare l’esistenza
di tutte queste tessere magnetiche: tessera per il supermercato, tessera
per il negozio, tessera del bancomat, tessera del codice fiscale,
tessera per registrare l’orario di ingresso e di uscita dei dipendenti, e
poi piano piano anche tessera magnetica per l’accesso alla sanità
pubblica e tessera magnetica dello studente (già adottata da molte
scuole).
Da
notare che alcune di queste tessere si attivano solo dietro inserimento
di un codice numerico identificativo personale, per cui occorre
inserire e ricordare sempre a memoria questi codici, che poi spesso
cambiano (per motivi di sicurezza informatica) al punto che a un certo
punto ci viene di mandare tutti al diavolo con queste tessere e codici
che ci fanno impazzire, anche perché nel frattempo l’informatica si è
evoluta ed abbiamo cominciato a ricevere le lettere via computer (dietro
autenticazione con nome utente e password e che possono essere molto
più facilmente intercettabili delle vecchie lettere, per le quali
occorreva aprire la busta e poi richiuderla senza farsene accorgere), ad
accedere al sito della scuola per inserire (il docente) o visualizzare
(il genitore) i voti (solo dietro autenticazione con nome utente e
password), mentre anche il cellulare (ormai diffusissimo ed in possesso
di quasi ogni persona) ha un codice di sicurezza per impedire che venga
utilizzato da estranei. Tutte queste password di sicurezza ovviamente
sono difficili da ricordare e, nelle persone viene il desiderio di avere
qualcosa di più semplice per gestire tutta questa accozzaglia accessi
protetti (legati o meno alle tessere magnetiche), anche perché le
istituzioni ti costringono a scaricare da internet il CUD per la
dichiarazione dei redditi, il cedolino del pagamento (per i dipendenti
statali), la pagella scolastica … e piano piano stanno
“de-materializzando” (come dicono loro) tutti i documenti, con un
risparmio (dicono loro) sulla carta e sulla stampa. Risparmio ridicolo e
spesso inesistente dato che il CUD me lo devo stampare a casa mia per
allegarlo alla dichiarazione dei redditi, che il cedolino spesso me lo
stampo per analizzarlo meglio, che la pagella del figlio me la stampo
per conservarla: quello che si ottiene per lo più è il risparmio dello
stato che scarica sui contribuenti una fetta delle sue spese. Per non
parlare del fatto che i computer per gestire tutta questa macchinosa
operazione costano, occorre comprarli e mantenerli (i computer si
guastano e anche la manutenzione ha il suo costo, per non parlare del
costo dei programmi e degli antivirus).
E non possiamo fare a meno di notare che spesso questa tecnologia informatica ci complica la vita, che la connessione ad internet si blocca, il computer si blocca, la linea di accesso al ministero è intasata e tante volte il poter andare in un ufficio a chiedere un certificato in carta e inchiostro sarebbe la soluzione più pratica. Non nascondo qui il fatto che l’informatica possa risultare utile alla gestione della burocrazia, ma c’è anche il grande pericolo della contraffazione e della manipolazione dei dati e dei documenti. Se creare un falso attestato o diploma o certificato era alquanto complicato perché si dovevano contraffare timbri e firme (per non parlare dell’esistenza in un apposito ufficio di copie cartacee registrate e protocollate degli attestati diplomi e certificati realmente validi, cosa che rendeva quasi sempre possibile fare un controllo e smascherare il falsario), con la nuova tecnologia digitale in fondo basta avere l’accesso a dei codici che danno il privilegio di trattare determinate istanze burocratiche. E come si possono creare dei documenti così si possono anche perdere o peggio intenzionalmente distruggere.
Ad
ogni modo questo sovraffollamento di tessere magnetiche e di codici
identificativi e password genera il desiderio di un unico sistema di
identificazione personale valido una volta per tutti. Qualcuno forse
avrà già capito che ci troviamo di fronte al solito meccanismo
sofisticato denominato problema-reazione-soluzione. Una prima
“soluzione” parziale è quella offerta dai nuovi cellulari smartphone che
per alcune applicazioni si possono anche utilizzare al posto del
bancomat (per i pagamenti), ma è pur vero che gli smartphone possono
essere persi, rubati, che lo smartphone è protetto anch’esso da una
password e che difficilmente sostituirà tessere identificative
istituzionali (codice fiscale, tessera sanitaria, etc.).
E quindi qual è la soluzione? Indovinate un po’ …
Se
non l’avete ancora capito vi faccio un ulteriore esempio. Pochi mesi fa
mi è arrivata a casa la lettera per il rinnovo dell’assicurazione. Mi
si prometteva uno sconto del 10 per cento se avessi (gratuitamente)
installato una scatola, una sorta di scatola nera per auto, che
registrava grazie ad un collegamento satellitare (come il GPS) ogni
spostamento dell’automobile istante per istante. In tal modo, è chiaro,
si dirimerebbero molte controversie in caso di incidente ed il lavoro
delle assicurazioni sarebbe in qualche modo agevolato. D’altra parte
l’utente che installa questo meccanismo nella propria automobile
acconsente ad essere continuamente e tecnologicamente spiato. E qual è
la molla per indurre il consumatore ad accettare questo strumento così
come la tessera del supermercato? Lo sconto!
E
così come se non bastassero i bancomat che tengono traccia di ogni spesa
che facciamo (col fisco che per altro si arroga il diritto di
controllare i nostri movimenti spiando legalmente i nostri conti
correnti), i tesserini sanitari che tengono traccia di ogni farmaco che
assumiamo e di ogni visita medica che facciamo, adesso potremmo avere
una scatola che controlla ogni movimento che facciamo in automobile (e
chi ha un GPS magari è controllato ugualmente), per non parlare dei
cellulari, il cui spostamento è tracciato continuamente dal sistema di
gestione delle telefonate, e delle telecamere di sorveglianza che sono
presenti ovunque.
Il sistema di vigilanza globale preconizzato da Orwell è già presente,
solo mancano alcuni piccoli ritocchi finali per renderlo perfetto.
Ma
quale innovazione migliore per perfezionare questo mostro di uno
strumento computerizzato e miniaturizzato ricetrasmittente da inserirsi
direttamente nel corpo umano? Risolveremmo così tutti in una volta i
problemi delle tessere e dei codici di accesso, non dovremmo nemmeno
avere più dei codici di sicurezza da mandare a memoria, basterebbe
appoggiare la mano in cui è inserito il microchip vicino al sensore ed
il gioco è fatto?
Semplice
no? In fondo lo hanno già fatto con tutti gli animali per agevolarne il
ritrovamento qualora si perdessero, per eliminare la piaga del
randagismo vero?
Peccato
che il microchip possa essere clonato né più e né meno di un bancomat o
di una scheda del cellulare, che negli animali sono stati segnalati
casi di cancro nella zona di innesto del microchip, che ci sono casi
documentati di torture mentali in persone in cui è stato inserito
abusivamente il microchip senza il loro consenso. E intanto nei libri di
scuola fanno propaganda la microchip innestabile come strumento sicuro e
affidabile!
Quanto
agli animali non sono molto favorevole alla loro schiavitù domestica
(un conto poi è avere un animale che scorre liberamente in un ampio
cortile o in una fattoria, un conto è costringerlo a stare nelle nostre
scatole di mattoni) figuriamoci poi se posso reputare etico inserire a
forza nei loro corpi un oggetto estraneo che rischia di farli ammalare.
E noi, dobbiamo essere considerati peggio delle bestie?
Ti starebbe bene essere marchiato con questo nuova forma invasiva e tecnologica di identificazione?
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