- di Gianni Lannes -
Solo i piccoli segreti vanno protetti: per quelli grandi sarà sempre sufficiente l’incredulità della gente.
La rivelazione di segreti bellici del patto atlantico nel 1978 è
costata la condanna a morte di Aldo Moro, stabilita a Washington. Oggi
nonostante la guerra fredda sia ufficialmente terminata nel 1989 con la
caduta del muro di Berlino, l’alleanza atlantica di criminali in divisa e
doppiopetto ha allargato le sue mire terroristiche, avvalendosi anche
di scientisti italidioti, assoldati nei retrobottega dell’impero a
stelle e strisce.
Così mentre mandano in onda la farsa
elettorale dell’Europa, con un parlamento di facciata, ossia privo di
qualsiasi potere decisionale e non rappresentativo dei popoli, Obama si
appresta a scatenare una guerra nucleare, usando il vecchio continente,
dove hanno nascosto un arsenale proibito dal Trattato di non
proliferazione nucleare, firmato anche dall’Italia nel 1968 e ratificato
dal parlamento tricolore nel 1975.
I governi italiani dal 1956 a tutt’oggi, hanno sempre negato al
presenza sul suolo nazionale di armamenti atomici, eppure una miriade di
documenti ufficiali USA, nonché la constatazione diretta in alcune basi
statunitensi del belpaese, dimostrano il pericolo e l’illegalità
sancita dai vertici del nostro Stato, privo di sovranità. Usano da
sempre la nostra terra per fare la guerra.
E pochi sanno che quando sarà scatenato il conflitto nucleare,
proprio l’Italia è il primo obiettivo di distruzione, a parte gli
incidenti già verificatisi e gli inquinamenti correnti. E’ ora di
chiedere il conto e di cacciarli tutti via, a partire dai servi nostrani
che banchettano nei palazzi statali.
A un giornalista si chiede di raccontare i fatti, di spiegarli con
riscontri documentati, soprattutto di controllare il potere, ogni
potere. Occorre cercare la verità, quella scomoda, quella che urtica,
quella che obbliga al realismo, non all’intrattenimento.
Un’inchiesta giornalistica è la paziente fatica di portare alla
luce i fatti, di mostrarli nello loro forza e nello durezza. Il buon
giornalismo sa che i fatti non sono mai al sicuro nelle mani del potere e
se ne fa custode nell’interesse dell’opinione pubblica.
Possiamo fare qualcosa? Ho il dovere di sperarlo e di essere
contagioso. Anche a questo serve la cultura: a rinvigorire l’umanità nei
momenti critici, perché la conoscenza ci rende esseri liberi.
Riferimenti:
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