Secondo i nuovi documenti diffusi dai media giapponesi vennero ignorati
ordini del capo impianto Masao Yoshida, morto di cancro all'esofago nel
luglio dello scorso anno
TOKYO - Nuovi inediti
documenti riscrivono la storia di quei giorni di marzo 2011 quando
l'emergenza alla centrale nucleare di Fukushima tocco il suo massimo.
Quasi tutti i lavoratori Tepco, inclusi i dirigenti che avrebbero dovuto
gestire gli incidenti, ignorarono gli ordini e fuggirono dalla centrale
nel momento più acuto dell'emergenza nucleare. Sui timori che il
contenitore principale di un reattore fosse stato distrutto, circa 650
lavoratori, il 90% dei 720 presenti, abbandonarono i loro posti,
riferisce il quotodiano Asahi, malgrado l'ordine contrario del capo del
sito, Masao Yoshida, 'l'eroe di Fukushima' morto di cancro all'esofago a
luglio 2013.
Fu lo stesso Yoshida a dare conto della situazione
nel corso delle audizioni tenute tra luglio e novembre 2011 dinanzi al
Comitato investigativo voluto dal governo per ricostruire i passaggi
della crisi scatenata dal sisma/tsunami dell'11 marzo dello stesso anno.
La Tepco, il gestore dell'impianto, non aveva finora fatto riferimenti
agli ordini impartiti da Yoshida il 15 marzo al momento dell'emergenza
definendoli flessibili e aveva riferito che nessuna violazione delle
regole aziendali erano stata accertata.
L'Asahi, in base alla
copia ottenuta del documento di oltre 400 pagine, riferisce che c'erano
anche i dirigenti tra le 650 persone spostatesi nell'impianto di
Fukushima Dai-ni, distante poco più di 10 chilometri. Yoshida, sul
punto, disse di non aver "mai detto ai lavoratori di andare lì. Pensai
di aver dato l'ordine di evacuare temporaneamente in un luogo dove i
livelli di radiazione fossero bassi nei pressi della centrale di
Fukushima e attendere ulteriori istruzioni".
Dopo essere
arrivati a Dai-ni, "li contattai e chiesi che i dirigenti del gruppo
fossero i primi a tornare. Yoshida non sembrava dare colpe particolari
ai lavoratori con responsabilità più basse, ma esprime sorpresa sulla
condotta dei manager. A un certo punto, solo 69 lavoratori erano ancora
all'impianto danneggiato: durante l'assenza dei più, un vapore bianco
fuoriuscì dal reattore n.2 e un incendio interessò il n.4. I livelli
delle radiazioni raggiunsero i livelli più alti vicino al cancello
principale dell'impianto nucleare. La testimonianza di Yoshida solleva
interrogativi sul fatto che i lavoratori della utility possano e debbano
rimanere al loro posto in caso di emergenza.
Fonte
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