Stonehenge è il monumento megalitico più famoso del mondo, e risale al secondo millennio avanti Cristo: quattromila anni fa. Ma i grandi templi megalitici di Malta risalgono a mille anni prima di Stonehenge, e non sono meno belli né meno spettacolari. E, in più, a Malta c’è sempre il sole.
L’arcipelago maltese è composto da due isole principali, Malta e Gozo. Tra di esse si trovano due isole piccole, Comino e Cominotto; e a Sud un piccolo scoglio chiamato Filfla. L’altitudine massima di Malta è 258 metri, quella di Gozo 194; e la Sicilia dista soltanto 95 Km. A Malta si parla il maltese, che è una lingua curiosa. Se vi capita di ascoltare una conversazione, l’impressione è che vi prendano in giro: ci sono infatti molte parole italiane, e addirittura delle frasi sembrano nella nostra lingua; poi tutto diventa confuso e indistinguibile, pare di essere diventati improvvisamente sordi e di capire male le parole, oppure che vi stiano nascondendo qualcosa per ignote ragioni. Invece no, gli isolani stanno solo parlando la loro lingua, che incorpora, per ovvi motivi storici e geografici, molti termini inglesi, italiani, arabi e siciliani. Anche l’ortografia è curiosa ed è stata introdotta dal governo inglese, anche in odio alle parole di origine italiana che vengono in qualche modo camuffate. Ne diamo soltanto qualche cenno. Per esempio, Hagar Qim, ma anche alcune lettere non sono quelle del normale alfabeto, si pronuncia àgiar ‘im, più esattamente la “q” ha un suono gutturale che in italiano non esiste, ma che c’è in arabo, e Tarxien è tàr-scìn. L’apparentemente impronunciabile Ggantija è invece, all’ascolto, un simpatico e abbordabile Gigantìa.
Il più antico sito rituale conosciuto a Malta è la grande grotta di Ghar Dalam (Ghar significa appunto grotta e si pronuncia “aar”): ” Le grotte, con la loro atmosfera fredda e segreta, le stalattiti e le stalagmiti e i corsi d’acqua sotterranei, emanano un senso di mistero paragonabile forse alla stessa rigenerazione della vita: gli spazi chiusi delle caverne simboleggiano il canale del parto e il grembo della dea.” (Maria Gimbutas, Le dee viventi, ed. Medusa) Gli antichi maltesi abitavano già in case e villaggi, e questa grotta aveva la funzione di una grande cattedrale naturale. Ghar Dalam è una grotta molto lunga e con poca pendenza, non molto profonda (non nel tratto aperto ai turisti), sdrucciolevole come tutte le grotte; e le parole della grande archeologa lituana sono davvero perfette per descrivere il senso di sacro che si riceve percorrendola.
I templi veri e propri risalgono al neolitico. Dopo la fase di Ghar Dalam (dal 5000 a.C.), inizia la costruzione dei templi. Gli studiosi la dividono in varie fasi, che hanno i nomi delle località in cui si trovano le costruzioni o quel che ne resta: le fasi di Skorba e di Zebbug , a partire dal 4100 a.C. ; la fase di Mgarr (dal 3800 a.C.), di breve durata; e poi quella di Xemxija nella St.Paul’s Bay. I grandi templi megalitici, i più antichi d’Europa, vengono dopo queste fasi; sono ad essi successivi la Piramide di Cheope (2500 a.C.), Stonehenge (2300 a.C.) e i palazzi minoici di Creta (1800 a.C.).
Il primo dei grandi templi è quello di Ggantija, nell’isola di Gozo, che risale al 3600 a.C.; seguono quelli di Ta’Hagrat, Skorba, Mnajdra e Tarxien. Ggantija fu portato alla luce nel 1827. Si tratta di due templi affiancati e separati, uniti da un unico muro di cinta; il Tempio Meridionale è più grande ed ha cinque absidi. I due templi furono utilizzati dal 4100 a.C. al 3000 a.C. Erano dedicati al culto della fertilità, e vi si veneravano le famose figure femminili, nell’ambito del culto della Dea Madre.
Al 3300 a.C. risale l’ipogeo di Hal Saflieni, che si sviluppa da 3 a 10 metri di profondità, per una superficie complessiva di 2500 metri quadrati. Fu usato sia come tempio che come luogo di sepoltura; si sviluppa su tre livelli sotterranei con grandi camere e ampi spazi. Le camere ripetono gli stessi elementi architettonici dei templi all’aperto, e sono ricche di decorazioni. Qui fu rinvenuta la famosa statuetta della Dormiente.
Durante questa fase appaiono i primi templi a doppio asse come Skorba, Mgarr e Tarxien; e successivamente quelli di Hagar Qim e Mnajdra, nella parte meridionale dell’isola. E’ interessante notare la pianta di queste costruzioni: gli ingressi corrispondono ai punti cardinali, ci sono più altari e varie “navate”, e il perimetro della mura ha sempre una forma arrotondata, circolare o ellittica: le forme dell’uovo, simbolo di fecondità, ma anche del seno materno, e dei glutei. Non è un caso, ovviamente: anche le statuette di questo periodo, le famose Veneri preistoriche, hanno forme sovrabbondanti, a sottolineare ricchezza e fecondità; e la nostra bella Dormiente ha queste forme, e riposa su un giaciglio di forma ovale.
L’ultima fase parte dal 3000 a.C., e prende il nome dal tempio centrale di Tarxien, non lontano dall’ipogeo. A questa fase appartengono i grandi complessi che ci sono rimasti. Maria Gimbutas faceva notare, sulla base di molti scavi archeologici in tutta Europa, che nei siti di questo periodo non si trovano mai fortificazioni, ma solo fossati e recinti per difendersi dagli animali; e le uniche armi che si trovano sono archi e lance per la caccia. Gli antichi europei erano popolazioni tranquille, non aggressive; e l’aspetto pacioso e pacifico delle loro divinità fa pensare che sia una teoria giusta. In seguito, questa civiltà pacifica fu spazzata via da invasioni di popoli guerrieri, provenienti da Est: e forse è proprio questa l’origine del conflitto che ci portiamo dentro da millenni, questo convivere di due nature diverse, una inquieta e nomade e una tranquilla e dedita al vivere quotidiano.
Hagar Qim è costituito da quattro templi; il maggiore, rivolto a Sud, è al centro del complesso. Mnajdra è costituito da due templi affiancati ma non comunicanti, ognuno con un proprio ingresso; è a circa 500 metri da Hagar Qim, verso il mare. E’ su una piccola altura che offre una spettacolare veduta, che dà sullo scoglio di Filfla.
A Tarxien vi sono 4 templi, e il più antico risale alla fase di Ggantija. Il tempio è nel centro della città, e per visitare il sito archeologico si entra da un normale portone d’ingresso, come se fosse un museo o un’abitazione. Ci vuole un po’ di fantasia, davanti a questi grandi sassi rosi dal tempo; ma dopo un po’ ci si orienta, e non si può non fare un paragone con le nostre chiese. Ci sono infatti absidi ed altari, ben visibili ancora oggi; e qua e là vi sono ancora tracce dell’ocra rossa e gialla con le quali erano dipinti. C’è anche una grande statua, o meglio quello che ne rimane, dalle tipiche forme arrotondate. Mi fermo davanti a quest’altare, che porta decorazioni a spirale e a meandri, e piccoli fori che pare rappresentino api ed alveari. Le api di Malta sono nere, un po’ più snelle delle nostre, piccole, nervose; e un tempo anche a Malta c’erano foreste e selvaggina. Forse tremila anni fa questo era un piccolo paradiso, e il miele era davvero una benedizione divina; chissà, forse c’era anche un culto particolare del gentile imenottero.
Alla fine dell’epoca di Tarxien, intorno al 2500 a.C., per cause ignote, l’isola si spopola. Si pensa ad un’epidemia, o ad un lungo periodo di siccità; comunque sia, per 5 secoli è come se Malta fosse disabitata. Nel 2000 a.C. arrivano nuovi colonizzatori, che introducono la lavorazione dei metalli: siamo nell’Età del Bronzo. Ma è in quest’epoca che i templi iniziano la loro rovina, e l’unico tipo di costruzione sacra che risale a questo periodo è il dolmen. Qui inizia la storia conosciuta di Malta, che porterà all’arrivo dei Fenici (900 a.C.), e poi dei Cartaginesi e dei Romani.
Il Museo Archeologico, a La Valletta, è piccolo ma molto bello. Come è facile immaginare, data l’antichità dei templi, ben pochi oggetti sono stati risparmiati dai saccheggi; sono molto più numerose le vestigia romane. Ci sono accurate riproduzioni dei templi, che ne mostrano decorazioni, tetti, e infissi in legno; ed è un peccato che non si possano portare via, nemmeno in un kit da costruzione. Al Museo si trovano gli originali di altari, statue e pietre scolpite, che nei templi – per comprensibili motivi – sono stati sostituiti da copie.
Alla fine rimane l’impressione di qualcosa di inevitabilmente perduto, del tutto cancellato dalla nostra memoria. Eppure questa civiltà ha percorso l’Europa, lasciando i grandi megaliti un po’ dappertutto: in Francia, in Spagna, in Sardegna, in Inghilterra… Anche gli archeologi non sanno spiegarsi molte cose, e alla gente normale, a quelli come me che non hanno studiato, l’ultimo giorno a Malta non rimane che farsi una gita al mare, alla bella spiaggia di Mellieha oppure sui gradoni calcarei degradanti verso il mare; o magari fermarsi a contemplare i dolmen, magari quelli prigionieri negli alberghi, morti e imbalsamati come vecchi leviatani o come gli ippopotami e gli elefanti che forse popolavano ancora l’isola al tempo di Ghar Dalam.
Fonte:http://arengario.net/momenti/momenti60.html
FONTE: Il mistero dei megaliti di Malta, più antichi di Stonehenge
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