Sembra che il calore per mantenere liquidi il metano e l’azoto negli ipotetici oceani criogenici dei due pianetini venga dall’attrito delle maree, non certamente dal sole, così lontano che brilla meno della luna in una notte terrestre. Intanto la sonda Dawn ha raggiunto Cerere e, tempo un mese, comincerà a svelare i suoi segreti. In attesa dei risultati c’è chi immagina un sottomarino per esplorare i mari di metano liquido su Titano, la luna più grande di Saturno. Un video su Youtube mostra il progetto che dovrebbe esplorare le coste e i fondali che potrebbero rivelare un ecosistema a 170 gradi sottozero. Il progetto è stato sviluppato per la NASA da Innovative Advanced Concepts (CANI) Programma, da COMPASS team della NASA Glenn, tecnologi e scienziati del laboratorio di fisica applicata e designer sottomarini.
Com’è possibile l’evoluzione di un
ecosistema a meno 170°C lo spiegano tre ricercatori americani, James
Stevenson, Jonathan Lunine e Paulette Clancy che hanno pubblicato il
risultato della loro ricerca su Science Advances. Ecco
la traduzione dell’abstract dell’articolo: “La membrana lipidica a due
strati, che è il fondamento della vita sulla Terra, non è possibile al
di fuori della biologia a base di acqua liquida. Questo fatto ha guidato
astronomi che cercano le condizioni adatte per la vita in pianeti
extrasolari all’interno della “zona abitabile”, la fascia stretta in cui
può esistere acqua liquida. Possono però esistere membrane delle
cellule e la loro risposta a questa domanda ipotizza un nuovo tipo di
membrana, costituita da composti azotati organici, che sia in grado di
formarsi e funzionare nel metano liquido a temperature criogeniche (meno
170°C). Con simulazioni molecolari, dimostriamo che queste membrane, in
un solvente criogenico, hanno una elasticità pari a quella dei doppi
lipidici in acqua a temperatura ambiente. Come prova di concetto,
abbiamo anche dimostrato che membrane criogeniche stabili potrebbero
derivare da composti osservati nell’atmosfera della luna di Saturno,
Titano, nota per l’esistenza di mari di metano liquido sulla sua
superficie.”
Addio liposomi. Benvenuti “azotosomi”. È
così che gli ingegneri chimici hanno battezzato la loro forma di vita a
base azotata: molecole di azoto (al posto dell’ossigeno), carbonio,
idrogeno, presenti in abbondanza negli oceani criogenici di Titano, e
tanto stabili e flessibili quanto i liposomi terrestri. E al posto
dell’acqua liquida fra i cinque e i quaranta gradi centigradi, il metano
liquido a meno centosettanta, o giù di lì.
Che fantastico scenario! Probabilmente
quella vita, per noi così fredda e così aliena, si sarà evoluta, da
qualche parte nell’Universo, verso l’intelligenza e con una tecnologia
in grado di uscire dagli oceani di metano liquido per avventurarsi fra
le stelle. Anche noi, che per quella crio-intelligenza siamo più roventi
del fuoco, ci avventureremo fra le stelle e forse, un giorno,
c‘incontreremo.
A volte mi chiedo se, vicino all’orlo
dei buchi neri, nelle turbolenze a cavallo dell’orizzonte degli eventi,
non si possano manifestare aggregazioni complesse ed estremamente
organizzate di materia e energia, tanto da assomigliare alla vita
biologica. E mi chiedo se la stessa cosa non possa avvenire nel cuore
delle stelle, a milioni di gradi e a pressioni iperboliche, dove gli
atomi diventano plasma. Però ho qualche dubbio perché i processi della
vita e dell’intelligenza sono più minuti, raffinati. Ricordano le
stringhe dello spazio-tempo con il loro sterminato contenuto
d’informazione che disegna la struttura della materia.
Sono sicuro che la codifica binaria è il
mattone fondamentale dell’informazione. A partire da quella codifica
tutto si può descrivere, disegnare, progettare. Se potessimo
scannerizzare l’intero universo (o multiverso) la sua descrizione
analitica sarebbe fatta di zero e uno in sequenza. Sarebbe una
descrizione così precisa che è naturale chiedersi se non sia, essa
stessa, la sua copia identica. Che strana cosa la mente umana! E’ più
facile pensare ad un file immenso che contenga in sequenza tutte le
dimensioni dello spazio-tempo che non allo spazio-tempo. Ma dove
potrebbe essere memorizzato questo file se non nello spazio-tempo che
così sarebbe strutturato come il nostro multiverso? La componente
autoreferenziale di questa domanda la dice lunga su come funziona la
nostra mente!
Ma torniamo con i piedi per terra (si fa
per dire) e concentriamoci sulla vita e sull’intelligenza. Il
sottomarino in esplorazione nei mari di Titano sarebbe un robot. D’altra
parte, anche se fosse possibile, che cosa ci farebbe un equipaggio
umano in un oceano di metano liquido a meno 170°C? Se però la sotto si
scoprisse la vita, a conferma delle teorie dei tre ricercatori
americani, che salto nella cultura umana! Che cambio di prospettiva!
Sarebbe naturale pensare che la nostra
intelligenza potrebbe evolvere così: raggiunta la maturità, invece
spegnersi con la morte del nostro cervello biologico, potrebbe migrare
in una rete neuronale di silicio, di grafene (o altro). Il suo ambiente
ideale sarebbe il vuoto cosmico. Li potrebbe convivere con alte
intelligenze maturate in oceani criogenici di metano liquido, oppure
vicino a buchi neri, o nel plasma del cuore delle stelle.
Drammaticamente diverse nella loro struttura fisica di origine, queste
intelligenze ospitate in un ambiente artificiale, si orienterebbero
verso le zone meno calde dell’universo. Verso luoghi dove la minima
energia sufficiente per alimentarle non scatenerebbe turbolenze
pericolose per la loro eternità.
Daniele Leoni
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