Ciò è avvenuto probabilmente attorno al 20-21 marzo 2011, cinque giorni dopo il massimo rilascio di radiazione in atmosfera dall’altra parte dell’oceano; abbondanti piogge ne hanno poi causato la precipitazione sulla superficie terrestre e marina, da dove lo iodio è stato accumulato nelle alghe brune (Macrocystis Pyrifera), tipicamente conosciute come “kelp californiano”.
Si tratta di alghe di grandi dimensioni che costituiscono un ottimo rilevatore di radioattività ambientale: si trovano direttamente esposte all’aria e alle precipitazioni e sono uno dei più efficaci accumulatori biologici di iodio conosciuti, cosicché per ogni molecola di iodio in acqua, ce ne sono 10.000 nei tessuti vegetali.
I livelli di radioattività nel kelp sono risultati ben superiori a quelli rilevati prima dell’incidente di Fukushima e molto simili a quelli misurati in Fucus virsoides, un’altra alga bruna, nello Stato di Washington 28 giorni dopo il disastro di Chernobyl del 1986.
L’attività dello Iodio 131 in Macrocystis è andata quindi via via decrescendo fino a raggiungere valori minimi dopo 25 -30 giorni dal primo campionamento, suggerendo una persistenza dello Iodio nelle alghe brune superiore ai 10 giorni.
Secondo lo studio, infine, nell’area più contaminata (Corona del Mar), che comprende circa trentamila metri quadrati di kelp, le alghe avrebbero sequestrato circa 40 milioni di Bequerel di Iodio 131 (anche se probabilmente – per loro stessa ammissione – i valori reali potrebbero essere anche superiori).
Non è invece noto in che misura il radionuclide abbia contaminato gli animali che si nutrono di Macrocystis Pyrifera, come ricci di mare, crostacei e pesci, né quali siano stati gli effetti dello Iodio 131 su questi organismi. Gli autori suggeriscono tuttavia possibili concentrazioni di Iodio 131 a livello della tiroide di alcune specie ittiche, tra le quali anche alcune di importanza commerciale.
Fonte: http://oggiscienza.wordpress.comFonte:
No comments:
Post a Comment
Note: Only a member of this blog may post a comment.