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Saturday, September 29, 2012

Nuove accuse agli USA per il segreto UFO


 Alla conferenza di Las Vegas parlano i testimoni militari


Il colonnello Charles Halt denuncia il cover-up di Washington sugli atterraggi nella base di Bentwaters 
 
 
 
 
Sarebbe indice di eccessiva severità e miopia incalzante dire che quella del 22 Settembre a Las Vegas sia stata solo una riunione di ufologi in pensione, sfuggiti agli sfavillanti alberghi/casinò della città dei divertimenti nel deserto del Nevada. Quello che si è visto nell’austero National Atomic Testing Museum – in collaborazione con la Smithsonian Institution - davanti a una platea di 200 persone – è stato un altro piccolo passo verso la verità.
Rientra in un perfetto copione all’americana, in primis, la scelta di una location quale Las Vegas. Quasi uno schiaffo in faccia alla realtà e su una falsariga che, con un po’ di fantasia, si sarebbe potuta presentare come segue. Signori, oggi andremo oltre il Top Secret sugli UFO! E lo faremo proprio nel mezzo di questi aridi territori, dove sono stati condotti nel massimo segreto gli studi e i test sugli ordigni nucleari, dove sorgono i poligoni missilistici per proteggerci da qualunque nemico, dove le ricerche campo aeronautico e aerospaziale ci hanno assicurato la supremazia mondiale e dove c’è l’Area 51!
Questi, i presupposti di un invito al quale hanno risposto in duecento, attratti da un volantino che annunciava: ’Conferenza straordinaria - Gli UFO Files Militari: I Segreti Rivelati’ e il tutto alla non astronomica cifra di 35 dollari per un posto a sedere. Sala piena, in attesa del chairman, Allan Palmer, direttore esecutivo del Museo e cinque esponenti di apparati militari e governativi con credenziali impeccabili. Se doveva essere un evento-provocazione, peraltro voluto non si sa esattamente da chi, il risultato non sembra aver coinciso con il programma proposto sulla carta, anzi lo ha ribaltato del tutto.
È vero, i relatori hanno confermato il loro coinvolgimento in vicende sulle quali non è mai stata fatta luce piena, ma le loro dichiarazioni si sono trasformate nei capi di accusa di un processo che vede il governo degli Stati Uniti alla sbarra per reticenza, falsa testimonianza e occultamento delle prove. Un dibattimento che neppure la gelida presenza fra i relatori del colonnello John Alexander ha impedito di accendersi per mano del colonnello Halt.
Nel ’panel’ di esperti spiccava l’inappuntabile ex 007 britannico Nick Pope, ormai americano di adozione dopo il suo recente trasferimento a Tucson, Arizona, dove si è stabilito con la moglie, l’antropologa Elizabeth Weiss. Nel 2006 Pope lasciava il suo incarico per il MoD (Ministero della Difesa) di Londra preferendo gli agi e la fama di una carriera come scrittore, conferenziere e consulente aerospaziale d’industria. Dichiarò allora candidamente di essere stato il responsabile dell’Ufficio Studi sugli UFO di Sua Maestà Britannica nei primi anni Novanta. Un ufficio del quale nessuno aveva mai saputo l’esistenza. Per le sue mani, quindi, erano passate centinaia di rapporti di avvistamento UFO e di incontri ravvicinati, classificati e mai divulgati.
Negli anni successivi, un Pope abilissimo e sgusciante come un’anguilla nel pantano dell’ufologia continentale europea e mondiale come maggior esponente di quella britannica, riusciva a mantenere un atteggiamento ’neutrale’ rispetto a una questione “sulla quale al meglio delle mie conoscenze – questo ha ribadito in decine di interviste - non esiste alcun cover-up e alcuna cospirazione”. Prova ne sia che durante il congresso ’UFO verso la veritàtenutosi a Roma il 22 Aprile 2006, seppur incalzato da un pubblico attento e competente, descrisse l’incidente UFO avvenuto tra il 26 e il 27 Dicembre 1980 nel perimetro della base militare USA-GB di Bentwaters, nella Foresta di Rendlesham come un atterraggio anomalo del quale si erano avute prove concrete, ma irrilevante dal punto di vista della difesa del suo Paese.
Stavolta, però, Pope si è trovato sullo stesso palco con il colonnello Charles Halt, dell’USAF, l’Aeronautica militare degli Stati Uniti e, forse, non si attendeva tanta veemenza da parte dell’alto ufficiale americano che all’epoca dei fatti era vicecomandante della base congiunta anglo-americana. Nelle convulse ore notturne in cui si verificarono gli avvistamenti che richiesero ripetuti interventi da parte degli uomini ai suoi ordini, Halt fu testimone diretto dell’incidente ed è assolutamente convinto che all’origine dell’incidente ci fu l’intrusione di un oggetto volante non identificato di matrice non terrestre.
La sua testimonianza, però, similmente a quella dei suoi uomini, non può trovare alcun riscontro nei cosiddetti X Files britannici resi noti negli anni scorsi dal Dipartimento della Difesa Britannico. “Tonnellate di scartoffie - ha detto Halt - registrate accuratamente, ma dalle quali mancano solamente i fascicoli inerenti il periodo dell’incidente di Bentwaters. Da qui e dalla certezza che l’insabbiamento delle prove sia stato orchestrato da una o più agenzie governative che lo hanno imposto ai cugini inglesi, Halt ha rivolto il suo ’j’accuse’ ai vertici del Pentagono e alle strutture di sicurezza e di intelligence militari americane che ritiene responsabili. Dati gli alti incarichi da lui ricoperti in passato e soprattutto in ragione dell’esistenza di numerose copie audio registrate delle sue dichiarazioni, ben custodite in luoghi sicuri, Halt si è detto tranquillo rispetto a possibili ritorsioni nei suoi confronti, mai palesatesi in passato e se ne è data una ragione: Suonerò un po’ paranoico, ma credo di aver fatto benissimo a perdere tanto tempo nel fare quelle copie ha detto a Las Vegas.
Quella sul palco del Museo di Esperimenti Nucleari non era dunque la rappresentanza di una ’quinta colonna’ che, seppure sui generis, restasse non identificabile come cellula clandestina nel cuore del problema UFO/Difesa per gli Stati Uniti. Formata da ex militari statunitensi, patrioti nel midollo e veterani collegati alle strutture di intelligence di varie forze, costituiva invece una pattuglia d’assalto, che oltre ad Halt comprendeva due colonnelli USAF il cui nome è strettamente connesso al famoso Progetto Blue Book: William Coleman, che fu portavoce ufficiale del progetto dal 1961 al 1963 e Robert Friend, che ne fu direttore dal 1958 al 1963.
Oggi sappiamo che il Blue Book fu essenzialmente un’operazione di controinformazione e depistaggio. Costretta dalla necessità ineludibile di dare risposte al popolo americano in merito alle centinaia di avvistamenti UFO nel Paese, l’Aeronautica americana istituì un ufficio che si occupasse della raccolta dati, li scremasse e decidesse quali rendere noti o meno. Dopo quasi 20 anni di attività, nel 1969, la conclusione del Blue Book fu che il fenomeno, con poche centinaia di casi rimasti inspiegati su oltre 12.000 catalogati, non rappresentava alcunché di significativamente avanzato rispetto al livello di conoscenze scientifiche dell’epoca.
Tale negazione di evidenza, plausibile alla luce del clima da guerra fredda, fu solo un paravento per coprire altri studi condotti da diverse strutture dell’intelligence militare USA. Coleman e Friend si sono limitati a ricordare alcuni fatti eclatanti della loro vita militare, avvistamenti personali e a consigliare alla gente comune di farsi avanti e non avere timore di testimoniare le proprie esperienze.
A ben vedere, però, alcuni dei componenti di questo gruppo qualcosa sono ancora propensi o costretti a nasconderlo. Di Nick Pope abbiamo detto. Del colonnello John Alexander potremmo invece dire che il suo personaggio, che incarna perfettamente anche come “physique du role”, sembra tratto da un film di fantascienza di serie B, in cui a causa di un’invasione di soverchianti dischi volanti extraterrestri, alcuni consiglieri del Presidente USA sottovoce ammettano: Ehhhh noi lo sapevamo, ma non potevamo dirlo per evitarle una brutta figura, signor Presidente e così abbiamo sempre negato l’evidenza o sviato l’attenzione su altre questioni”. Mentre Halt ha espresso a chiare lettere che il governo USA nasconde la verità sugli UFO da sempre e che è giunta l’ora che questo abbia fine, Alexander ha dichiarato: “Gli UFO sono reali, è un fenomeno globale. Non solo qualcosa che accade negli Stati Uniti. Dobbiamo rendere possibili per gli scienziati la discussione e la ricerca su questi argomenti. Uno ’statement’ degno di un’autentica eminenza grigia, la cui sola presenza pone qualunque interlocutore in soggezione (con la sola eccezione dello storico Richard Dolan): del colonnello Alexander è nota l’indubbia preparazione in questo e altri campi, soprattutto quello parapsicologico, che lo ha reso famoso come ispiratore del personaggio interpretato da George Clooney nel film ’L’uomo che fissa le capre’.
Fra i relatori di Las Vegas, Alexander è quello che ha mantenuto il profilo più basso. Qualcosa che Halt non accetta, di fronte alla propria coscienza.

Fonte: http://www.lindro.it

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