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Thursday, September 20, 2012

Stati Uniti: come farsi rubare materiale nucleare da una suora

 Il Vice-segretario all’Energia Daniel Poneman | Foto di: NNSA News / Flickr CC

Ci sono una suora, un giardiniere e un imbianchino in una struttura nucleare. No, non è una barzelletta, ma l’inizio di una vicenda tragicomica che sta scuotendo nel profondo la National Nuclear Security Administration statunitense. Una vicenda che, al di la delle ripercussioni sull’amministrazione Obama, ha implicazioni pesantissime per come è stata concepita la sicurezza di strutture considerate ad alto rischio nel mondo occidentale.
Tutto ha avuto inizio lo scorso 28 luglio, quando tre attivisti pacifisti sono riusciti a infiltrarsi a Y-12, una struttura legata al Dipartimento dell’Energia situata a Oak Ridge, nel Tennessee. Pare che il trio sia riuscito ad infiltrarsi nella struttura sfruttando alcuni buchi nel sistema di sicurezza, complici alcune telecamere non funzionanti da alcuni mesi e guardie a dir poco disattente. I tre, per fortuna, erano armati solo di tagliacavi e di una bibbia. La loro età media, 67 anni, fa si che possano essere catalogati “a bassissima pericolosità”. Certo è che se tre anziani sono riusciti ad eludere la security di una struttura che in teoria dovrebbe essere super controllata, allora il Dipartimento dell’Energia dovrebbe porsi serie domande sulle procedure in atto nei suoi impianti.
L’Y-12 è solo uno dei tanti nodi di una struttura più complessa gestita dalla National Nuclear Security Administration, un’agenzia semiautonoma subordinata al Dipartimento dell’Energia. L’intero complesso è responsabile, tra l’altro, del mantenimento, produzione e smantellamento delle testate nucleari statunitensi.
Inoltre la struttura supporta il sistema di reattori nucleari della marina – sia in termini di ricerca sia per quanto riguarda la produzione di combustibile per i sottomarini e le portaerei. Y-12 è stato, negli anni, centro principale per lo stoccaggio di materiale nucleare statunitense ed estero, in particolare ex-sovietico e cileno.
All’interno della struttura è dunque conservato sia plutonio sia uranio altamente arricchito (HEU), materiali che, non sarebbe neppure necessario dirlo, potrebbero diventare armi pericolosissime nelle mani sbagliate. Eventuali malintenzionati potrebbero utilizzare il plutonio per fabbricare una dirty bomb con cui contaminare una metropoli come New York o Los Angeles. Peggio ancora, con l’uranio anche un tecnico inesperto potrebbe costruirsi una bomba atomica di media potenza, magari scaricandosi uno dei tanti manuali che circolano su internet, con conseguenze ancora più devastanti se poi utilizzata in area urbana.
Il pensiero corre ovviamente a potenziali terroristi islamici, anche se la possibilità che un gruppo di questo genere decida di utilizzare un’arma di distruzione di massa – o di mass disruption nel caso della bomba sporca – è sufficientemente remota secondo molti esperti.
Molto più probabile che gruppi terroristici statunitensi, ad esempio ecoterroristi o anti-federalisti la cui agenda politica è sicuramente più schizofrenica di quella degli estremisti islamici, possano approfittare della situazione per scatenare un olocausto nucleare in miniatura. Oppure, ipotesi decisamente più gettonata, qualcuno potrebbe infiltrarsi per rubare materiale da rivendere poi sul mercato nero, magari con la complicità di un dipendente della struttura a conoscenza dei limiti della sicurezza. Con buona pace di tutti gli sforzi diplomatici ed economici per evitare che paesi non-amici entrino in possesso di uranio sufficiente da produrre una bomba atomica.
La vicenda è stata ampiamente esaminata dall’Energy and Commerce Committee, la commissione del Congresso incaricata di vigilare sul Dipartimento dell’Energia. Il repubblicano Terry Lee (Nebraska), membro della commissione, non ha lesinato critiche nei confronti del Dipartimento dell’Energia: ha definito la sicurezza dell’impianto “un totale fallimento”. Terry Lee non riesce ancora a capacitarsi come tre ultrasessantenni siano riusciti a infiltrarsi sino a pochi metri dai materiali più pericolosi che l’uomo abbia mai prodotto.
A parte l’ovvio sfruttamento politico di una vicenda che mette in difficoltà l’amministrazione democratica, le critiche di Lee sono pienamente condivisibili. Il comitato ha scoperto che alcune delle telecamere della sicurezza erano spente causa guasto già da sei mesi.
A poco è valso il tentativo del vice-segretario all’energia Daniel Poneman di convincere il comitato che tutte le misure di sicurezza sono state migliorate e che i responsabili sono stati puniti. In effetti, pare che tutti i presenti al momento dell’incidente siano stati licenziati o messi in prepensionamento, così come i loro responsabili. Primo passo di un repulisti che quasi certamente colpirà anche (NYSE:BWC) e i suoi subappaltatori che gestiscono l’impianto dal 2008. Stessa sorte toccherà anche la Wackenhut Services, responsabile – o irresponsabile – della sicurezza.
La vicenda mette in dubbio anche la certezza tutta statunitense che la tecnologia sia fondamentale per la sicurezza di impianti ad alto rischio. La polemica tra Washington e Mosca sulla questione non si è mai sopita. Dalla Casa Bianca, che successivamente al crollo dell’Unione Sovietica ha speso più di qualche milione di dollari per aiutare la Russia a mettere in sicurezza il suo materiale nucleare, hanno sempre criticato l’atteggiamento di Mosca sulla sicurezza. Gli americani vogliono più tecnologia – telecamere, sensori – per mettere in sicurezza le strutture nucleari russe. Mosca, da parte sua, ha sempre sostenuto che non c’è niente di meglio dei suoi soldati e della capacità di controllo dell’FSB per evitare incidenti e furti.
Anche se non ci sono dati certi, pare che in Russia le violazioni della sicurezza siano rarissime. Negli Stati Uniti, nel 2003 e nel solo Y-12, sono state cinque le occasioni in cui si sono verificati incidenti – o problematiche – relativi alla sicurezza dell’impianto. Con l’aggravante che se del materiale nucleare dovesse essere rubato in Russia, dovrebbe farsi migliaia di chilometri e attraversare decine di confini prima di arrivare in America o in Europa. Materiale nucleare rubato negli Stati Uniti potrebbe essere facilmente trasportato fino ad una grande città senza grandi rischi di subire controlli di sorta dalle autorità.
Gli stessi rischi sono presenti anche in Europa e sarebbe il caso che le autorità preposte prendano tutti i provvedimenti necessari per far si che la sicurezza degli impianti ad alto rischio sia sempre garantita. In Italia per il momento possiamo stare tranquilli: le suore e i pensionati sono troppo impegnati dalle loro attività per andare a ficcanasare nei depositi di materiale nucleare e radiologico.

Fonte: http://www.meridianionline.org

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