Sono passati 3 anni dal referendum che il 12 e 13 giugno 2011 portò oltre 27 milioni di italiani a decidere su temi importanti come la gestione della risorsa idrica e l’uso dell’energia nucleare. I quesiti erano quattro. Due di questi vennero promossi dai comitati che si battevano per togliere ai privati la gestione della risorsa idrica (il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nato nel 2006). Gli altri due invece da movimenti ecologisti (che si battevano per il no al nucleare) e dal partito Italia dei Valori (contro la legge sul legittimo impedimento che permetteva a membri del governo di non presentarsi in tribunale se impegnati su questioni amministrative).
Il risultato sorprese tutti, in primis quello
dell’affluenza al voto. Erano anni infatti (dal 1995) che in Italia un
referendum non raggiungeva il quorum del 50% previsto dalla legge.
Stavolta invece andò a votare quasi il 55% degli aventi diritto (dato
che sale al 57% se non si contano gli italiani all’estero).
Sorprese anche il fatto che i promotori del
referendum erano, a parte quello relativo al legittimo impedimento,
movimenti e comitati al di fuori della rete dei partiti politici
tradizionali. Del resto già la raccolta firme per la convocazione del
referendum aveva sorpreso tutti: il Forum dei Movimenti per l’Acqua, i
cui banchetti di raccolta firme durarono tre mesi, ne riuscì a
raccogliere quasi 1 milione e mezzo.
A
parte l’affluenza fu il risultato del voto a rappresentare un vero
evento storico, con la netta vittoria dei promotori. Per tutti e quattro
i quesiti venne raggiunto il 95% dei “SI”. Il nucleare venne rifiutato
da 25 milioni di italiani, (un risultato sul quale pesò probabilmente
anche l’incidente nella centrale nucleare di Fukushima, avvenuto in
Giappone dopo il sisma del 11 marzo). Anche la norma sul legittimo
impedimento venne rifiutata da circa il 95% dei votanti (si trattava di
una norma introdotta dall’allora governo Berlusconi, che permetteva ai
titolari di cariche governative di non presentarsi a udienza nei
tribunali se impossibilitati da altri impegni).
Grande soddisfazione per il Forum dei Movimenti per
l’Acqua, che festeggiarono la sera del 12 giugno con una manifestazione
nel centro di Roma. In sostanza oltre il 95% dei votanti disse no alla
possibilità di privatizzazione totale o parziale delle società che
gestiscono la rete di distribuzione idrica, e di remunerazione da parte
dei privati del capitale investito, attraverso un’imposta aggiunta sulle
bollette dell’acqua.
In sostanza vinsero quanti ritenevano che lasciare in
mano a società private la gestione della rete idrica fosse sbagliato ed
ingiusto, perché l’acqua deve restare un bene comune accessibile a
tutti, e che fosse da eliminare ogni forma di profitto effettuata
sull’acqua.
I contrari a questo referendum, promotori del NO,
ampiamente sconfitti, affermarono invece che con questa vittoria si
bloccava il processo di ammodernamento della rete idrica italiana,
fortemente malandata (con perdite altissime specialmente negli
acquedotti del sud), perché in sostanza gli enti pubblici non avrebbero
mai avuto abbastanza soldi da investire nella loro manutenzione e dopo
la vittoria del “si” i privati sarebbero stati tenuti alla larga dalla
gestione della rete idrica.
I promotori del referendum sull’acqua avevano in
realtà depositato nel 2007 una legge di iniziativa popolare nella quale
veniva delineata una gestione diversa della risorsa acqua, al di fuori
delle logiche ancora oggi esistenti, ma quella legge nononostante le
centinaia di migliaia di firme raccolte è rimasta nei cassetti del
Parlamento senza essere approvata.
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