LE MULTINAZIONALI CHE PORTANO MALATTIE E MALNUTRIZIONE ATTRAVERSO I PRODOTTI CHMICI E GLI OGM,
attraverso il cibo-spazzatura e alimenti trasformati, hanno speso negli
ultimi decenni grandi quantità di denaro per la pubblicità e per le
pubbliche relazioni con un’azione di lobbying, volta a influenzare le
politiche e ad affermare, in maniera del tutto falsa, che i loro
prodotti sfamino il mondo. Si sono accordate tra loro per brevettare i
nostri semi, per influenzare la ricerca scientifica, per negare ai
cittadini il diritto di essere informati, attraverso leggi
sull’etichettatura degli Ogm. Le multinazionali che hanno distrutto i
nostri terreni e la nostra salute ora saranno tutte ad Expo. Vogliamo
fare una breve lista? Mc Donald’s, Coca Cola, Monsanto, Syngenta,
Nestlè, Eni, Dupont, Pioneer: bastano queste a rappresentarle tutte. Le
multinazionali non nutrono il pianeta, come proclama lo slogan di Expo
2015. Lo affamano. La lista degli sponsor dell’esposizione universale
parla da sola. È coerente con tutto questo che per costruire Expo si sia
occupato ancora suolo e si siano cementificati molti altri ettari di
terra fertile. È sconfortante che per tanti l’esposizione mondiale sia
l’occasione per far consumare più cibo. Ed è emblematico che sia stato
dato un ruolo di primo piano a chi propone un cibo fatto da
un’aggregazione di zuccheri e grassi, inadatto a nutrire le persone e
dannoso per la nostra salute e soprattutto dei nostri figli. Cosa si può
fare per impedire che Expo sia solo la passerella dell’agroindustria e
di chi pensa che la strada per nutrire il pianeta sia solo scegliere la
tecnologia più apparentemente innovativa o la molecola di sintesi più
raffinata?
LA RISPOSTA E’ SCONTATA
portare altri contenuti dentro questo contenitore. Ad oggi la lista
degli eventi, dei dibattiti, del luoghi di confronto in cui si
costruisce una visione più ampia, inclusiva e democratica sembra ancora
molto povera. Ma la cosa paradossale è che da Expo sono fuori non solo
fisicamente ma anche culturalmente i contadini italiani, europei e del
mondo intero, cioè coloro che producono il cibo per i cittadini e curano
la Terra. Sono i piccoli agricoltori che producono il 70% del cibo
consumato nel pianeta e che stanno resistendo all’attacco
dell’agroindustria mondiale. Dobbiamo fare di tutto per difendere un
modello agroalimentare, fondato sull’agricoltura familiare, come quello
italiano, europeo e di molti altri paesi. Dobbiamo riaffermare
l’orgoglio dei tanti piccoli agricoltori di tutto il mondo che hanno
tenuto a costo di grandi difficoltà, i loro campi e che li coltivano con
i metodi biologici ed ecologici. Dobbiamo cogliere l’occasione per
incontrare persone che incrociano difficilmente i temi della difesa
della biodiversità e che magari pensano che la questione del cibo sia
solo un tema di quello che si riesce a mettere in tavola e non una
questione centrale per ridefinire l’economia e la democrazia.
SE NOI I MOVIMENTI E LE ASSOCIAZIONI CHE HANNO SCELTO DI ENTRARE
dentro i cancelli di Expo, saremo capaci di aprire le porte al mondo,
alle ragioni della Terra dalla quale può nascere un nuovo paradigma
economico allora è possibile che Expo diventi un’occasione. L’occasione
per passare dal modello “taglia e brucia” che è proprio dell’economia
lineare estrattiva delle risorse al modello economico, politico e
sociale circolare basato sulla restituzione. L’occasione per superare la
linearità che produce scarti materiali (i rifiuti) e scarti sociali (i
poveri, gli emarginati, i disperati) e arrivare finalmente alla chiusura
del cerchio ecologico. Saremo presenti all’Expo per assicurare che non
sia solo la voce delle multinazionali ad essere ascoltata. Noi vogliamo
portare la voce dei semi e della terra, dei piccoli agricoltori e delle
generazioni future. Aggiungere al dialogo le diversità.
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