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Monday, May 4, 2015

EXPO – Le multinazionali nutrono loro stesse non il pianeta


multinazionali

LE MULTINAZIONALI CHE PORTANO MALATTIE E MALNUTRIZIONE ATTRAVERSO I PRODOTTI CHMICI E GLI OGM, attraverso il cibo-spazzatura e alimenti trasformati, hanno speso negli ultimi decenni grandi quantità di denaro per la pubblicità e per le pubbliche relazioni con un’azione di lobbying, volta a influenzare le politiche e ad affermare, in maniera del tutto falsa, che i loro prodotti sfamino il mondo. Si sono accordate tra loro per brevettare i nostri semi, per influenzare la ricerca scientifica, per negare ai cittadini il diritto di essere informati, attraverso leggi sull’etichettatura degli Ogm. Le multinazionali che hanno distrutto i nostri terreni e la nostra salute ora saranno tutte ad Expo. Vogliamo fare una breve lista? Mc Donald’s, Coca Cola, Monsanto, Syngenta, Nestlè, Eni, Dupont, Pioneer: bastano queste a rappresentarle tutte. Le multinazionali non nutrono il pianeta, come proclama lo slogan di Expo 2015. Lo affamano. La lista degli sponsor dell’esposizione universale parla da sola. È coerente con tutto questo che per costruire Expo si sia occupato ancora suolo e si siano cementificati molti altri ettari di terra fertile. È sconfortante che per tanti l’esposizione mondiale sia l’occasione per far consumare più cibo. Ed è emblematico che sia stato dato un ruolo di primo piano a chi propone un cibo fatto da un’aggregazione di zuccheri e grassi, inadatto a nutrire le persone e dannoso per la nostra salute e soprattutto dei nostri figli. Cosa si può fare per impedire che Expo sia solo la passerella dell’agroindustria e di chi pensa che la strada per nutrire il pianeta sia solo scegliere la tecnologia più apparentemente innovativa o la molecola di sintesi più raffinata?

mcdonalds-expo 

LA RISPOSTA E’ SCONTATA portare altri contenuti dentro questo contenitore. Ad oggi la lista degli eventi, dei dibattiti, del luoghi di confronto in cui si costruisce una visione più ampia, inclusiva e democratica sembra ancora molto povera. Ma la cosa paradossale è che da Expo sono fuori non solo fisicamente ma anche culturalmente i contadini italiani, europei e del mondo intero, cioè coloro che producono il cibo per i cittadini e curano la Terra. Sono i piccoli agricoltori che producono il 70% del cibo consumato nel pianeta e che stanno resistendo all’attacco dell’agroindustria mondiale. Dobbiamo fare di tutto per difendere un modello agroalimentare, fondato sull’agricoltura familiare, come quello italiano, europeo e di molti altri paesi. Dobbiamo riaffermare l’orgoglio dei tanti piccoli agricoltori di tutto il mondo che hanno tenuto a costo di grandi difficoltà, i loro campi e che li coltivano con i metodi biologici ed ecologici. Dobbiamo cogliere l’occasione per incontrare persone che incrociano difficilmente i temi della difesa della biodiversità e che magari pensano che la questione del cibo sia solo un tema di quello che si riesce a mettere in tavola e non una questione centrale per ridefinire l’economia e la democrazia.

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SE NOI I MOVIMENTI E LE ASSOCIAZIONI CHE HANNO SCELTO DI ENTRARE dentro i cancelli di Expo, saremo capaci di aprire le porte al mondo, alle ragioni della Terra dalla quale può nascere un nuovo paradigma economico allora è possibile che Expo diventi un’occasione. L’occasione per passare dal modello “taglia e brucia” che è proprio dell’economia lineare estrattiva delle risorse al modello economico, politico e sociale circolare basato sulla restituzione. L’occasione per superare la linearità che produce scarti materiali (i rifiuti) e scarti sociali (i poveri, gli emarginati, i disperati) e arrivare finalmente alla chiusura del cerchio ecologico. Saremo presenti all’Expo per assicurare che non sia solo la voce delle multinazionali ad essere ascoltata. Noi vogliamo portare la voce dei semi e della terra, dei piccoli agricoltori e delle generazioni future. Aggiungere al dialogo le diversità.

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