Sette volte la massa della Terra e probabile presenza di acqua in forma liquida. Un nuovo studio su un corpo extrasolare individua caratteristiche ideali per lo sviluppo della vita. Ma per raggiungerlo impiegheremmo 300.000 anni
di TIZIANO TONIUTTI
ROMA - Venti anni luce, così lontano eppure così vicino. E un nome strano, Gliese 581d, che viene dalla stella nana attorno a cui orbita, Gliese 581, senza la "d" finale. E' un nuovo pianeta che gli scienziati francesi che l'hanno individuato definiscono "capace di ospitare la vita, in forme simili a quelle che conosciamo sulla Terra". La scoperta è stata annunciata da un comunicato del Cnrs, il centro per la ricerca scientifica francese. Si stima che il pianeta possa avere una massa sette volte superiore alla terra, ed estendersi per circa il doppio della superficie. E' dal 2007 che ne è nota l'esistenza, ma un nuovo studio ne definisce l'abitabilità, dopo una ricerca più accurata sull'atmosfera, che permetterebbe la presenza di acqua.Gliese 581d orbita infatti all'esterno della cintura verde della relativa stella, nella cosiddetta "zona di Goldilock", una posizione in cui la temperatura è ideale per l'esistenza dell'acqua in forma liquida. Non è così caldo da farla evaporare e nemmeno così freddo perché congeli. E con il tipo di atmosfera ad alta densità di diossido di carbonio, che gli scienziati ritengono probabile per un pianeta così grande come quello individato, potrebbero quindi esserci piogge, nuvole, oceani. E quindi la vita, in forma vegetale e anche animale. E addirittura intelligente, sempre nel campo delle ipotesi. Gliese 581d è solo uno degli oltre cinquecento pianeti extrasolari scoperti negli ultimi 15 anni
Ma secondo chi l'ha scoperto, 581d potrebbe non avere un ambiente del tutto simile alla Terra. Anzi, sarebbe "un posto piuttosto strano da visitare". L'aria più densa e le nuvole più compatte, secondo il Cnrs, manterrebbero la luce in superficie in una perpetua colorazione rosso-tramonto, piuttosto scuro. E la grande massa del pianeta lascia ipotizzare una gravità doppia rispetto alla Terra. E comunque, arrivarci non è possibile per la nostra attuale tecnologia. Venti anni luce significa che per raggiungere Gliese ci vorrebbero circa 20 anni, viaggiando alla velocità della luce. Utilizzando le nostre attuali tecnologie, ci vorrebbero circa 300mila anni. Un tempo necessario per studiare molti altri metodi per viaggiare nello spazio.
Fonte: http://www.repubblica.it
SI CONFERMA UN PIANETA "ABITABILE"
Gliese 581d: un’altra Terra?
A sorpresa, il riconoscimento ufficiale di primo pianeta extrasolare dove potrebbe svilupparsi la vita va a Gliese 581d, che scippa il titolo al più "chiacchierato" Gliese 581g. Intanto, il programma SETI@home passa all'azione. Nel mirino i candidati individuati dal telescopio Kepler.
Nuovo colpo di scena per Gliese 581, la stella nana rossa che attira l’attenzione di ricercatori e sognatori. A renderla speciale è il suo sistema di pianeti rocciosi che si contendono a turno il titolo di primo pianeta extrasolare potenzialmente abitabile. Se fino a pochi mesi il candidato numero uno era Gliese 581g, ora il titolo passa a Gliese 581d, sul quale potrebbe esserci una temperatura adatta a mantenere l’acqua allo stato liquido. Questo a patto che il pianeta possieda un’atmosfera densa costituita da anidride carbonica, come hanno dimostrato i ricercatori guidati da Robin Wordsworth dell’ Institute Pierre Simon Laplace di Parigi, i cui risultati sono pubblicati in un articolo sull’ Astrophysical Journal Letters.
E pensare che Gliese 581d sembrava fuori gioco: la distanza dalla sua stella, verso la quale rivolge sempre la stessa faccia, lo facevano ritenere un corpo freddo e ghiacciato. Wordsworth e colleghi hanno però sviluppato al computer un nuovo modello che simula le condizioni climatiche di un pianeta in base alle diverse atmosfere possibili. A sorpresa è risultato che qualora fosse presente un’atmosfera densa costituita per lo più da anidride carbonica, la temperatura sul pianeta sarebbe mite. Questo perché la luce della nana rossa riuscirebbe a passare attraverso questa atmosfera, riscaldando la superficie. Inoltre parte del calore acquisito rimarrebbe intrappolato a causa dell’effetto serra dovuto all’anidride carbonica. La temperatura mite, unita alla pressione esercitata dall’atmosfera, sarebbero in grado di mantenere l’acqua allo stato liquido sulla superficie del pianeta.
Ancora non sappiamo se Gliese 581d possieda o meno una simile atmosfera né tantomeno se ci sia acqua, ma di certo ha rubato la scena al suo compagno Gliese 581g. Scoperto nel 2010, Gliese 581g sembrava possedere una massa simile a quella della Terra e soprattutto sembrava posizionato alla giusta distanza dalla sua stella per garantire temperature miti. I dati successivi hanno però messo in dubbio questo scenario, al punto che oggi ci si chiede se il pianeta esista o se la sua presenza sia solo stata una deduzione errata dovuta all’elaborazione affrettata di misurazioni non ancora attendibili.
Novità su Gliese 581 g e d e più in generale su quale sarà il primo pianeta extrasolare abitabile ad essere scoperto, potrebbero arrivare presto dalle misure ottenute grazie ai telescopi di nuova generazione. Tra questi spicca il telescopio spaziale Kepler che ha già individuato oltre 1000 possibili pianeti extrasolari. Tra i pianeti ritenuti più interessanti, il radiotelescopio di Green Bank sta dedicando parte del suo tempo a raccoglierne le onde radio. La speranza è di captare un segnale radio di origine artificiale, prodotto da una civiltà aliena. Riuscire però a separare un tale segnale dall’insieme di tutti i segnali di origine naturale è come cercare di trovare il famoso ago nel pagliaio. Per questo i dati saranno inviati a circa un milione di utenti che sul loro pc hanno installato SETI@home, il programma screensaver che durante le fasi di inutilizzo del computer si attiva per dare una mano nell’elaborazione di questa interminabile mole di informazioni. La grande rete costituita da questi utenti, insieme al lavoro dei radiotelescopi come quello di Green Bank, rendono così ancora vive le speranze del progetto SETI dopo che ben 42 antenne dell’ Allen Telescope Array in California, ritenuto lo strumento principale del programma, sono state messe in “pausa” a causa di una drastica riduzione dei fondi.
Fonte: http://www.media.inaf.it/
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