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Sunday, May 8, 2011

6 giorni sulla Terra

Un singolare esperimento italiano tra paranormale e fantascienza, ispirato a b-movie americani. A basso budget e con scarsi risultati: montaggio caotico, immagini sottoesposte e dialoghi goffi

6 giorni sulla Terra

Davide Piso (Massimo Poggio, già visto in alcune pellicole di Ozpetec) è un biochimico che, esercitando l’ipnosi su persone vittime di rapimenti alieni, riesce a contattare coscienze aliene clandestinamente impiantate nei suoi pazienti. Pur isolato dall’incredulità generale, lo scienziato riesce a operare con una certa tranquillità, finché il coinvolgimento con una ragazza appartenente ad una famiglia di antica aristocrazia non lo porta a scontrarsi con uomini ambigui e pericolosi.

Il soggetto di questo singolare caso di fantascienza italiana, pur ricordando celebri b-movie hollywoodiani (primo tra tutti L’invasione degli Ultracorpi), trova sorprendentemente ispirazione nella realtà, anzitutto nella figura dello scienziato Corrado Malanga, che, non diversamente da come ci è mostrato nel film, tiene conferenze per spiegare come alcune razze aliene stiano da millenni impiantando le proprie memorie attive nelle nostre menti, conducendoci verso una modificazione genetica che adatterà i nostri DNA alle esigenze extraterrestri.

Il tema sembrerà discutibile o meno, a seconda che si scelga di credere o no alle teorie raccontate. Il vero problema del film di Varo Venturi è invece di natura esclusivamente cinematografica. Che l’Italia non sia un paese pronto per produzioni finanziariamente impegnative quali le opere di fantascienza, è un fatto scontato. Passi, dunque, la bassa qualità del dato tecnico. Ciò che desta scalpore in questa pellicola è, in realtà, il pessimo lavoro svolto sul lato creativo da un troupe evidentemente improvvisata.

La sceneggiatura, già basata su una trama poco fluida e scarsamente convincente, cade in dialoghi goffi e scene confuse che mescolano in modo maldestro denominazioni improbabili, situazioni poco credibili e personaggi dalla stilizzazione fumettistica. A ciò si aggiunge una fotografia amatoriale (opera dello stesso regista), perennemente sottoesposta, torturata da un uso sistematico e selvaggio del ritocco digitale all’insegna di un cattivo gusto paragonabile solo alle peggiori fiction targate Mediaset. A dare il colpo di grazia è poi il montaggio frenetico e del tutto dimentico di ogni raccordo.

Chi operando nel campo si trova a dover visionare molti cortometraggi diretti e spesso autoprodotti da registi in erba, deve suo malgrado constatare che oggi i più ignorano deliberatamente le lezioni del cinema autoriale, preferendo nutrirsi esclusivamente di b-movie generalmente horror. Il risultato non è soltanto un abbassamento del profilo intellettuale, cosa cui ci si può ancora rassegnare, ma anche una assoluta inettitudine nell’assimilare i meccanismi della narrazione cinematografica. Da qui montaggi caotici e sceneggiature capaci di rendersi incomprensibili anche in passaggi di assoluta semplicità.

Di fronte a questo desolante panorama ci si chiede con inquietudine cosa succederebbe alla nostra scena cinematografica se queste nuove menti conquistassero effettivamente il campo professionale. 6 giorni sulla Terra sembra la peggiore risposta a questo quesito.

Felice Carlo Ferrara

Fonte: http://www.doppioschermo.it/recensioni/6-giorni-sulla-terra.html

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