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Monday, August 27, 2012

Astronomia : materia oscura tra le galassie


La “materia oscura”, con questo termine gli studiosi, soprattutto fisici, astrofisici e cosmologi, indicano quella parte della materia che non è visibile, da cui il nome, ma che fa avvertire la sua presenza grazie ai suoi effetti, oltre che essere necessaria al fine di giustificare fenomeni gravitazionali, altrimenti inspiegabili dalla fisica.

Fonte: http://www.zazoom.it

La sua definizione risale agli anni trenta del secolo scorso, quando gli studiosi Zwicky, nel 1933, e Smith, nel 1936, osservando, due ammassi di galassie (rispettivamente quello della Chioma di Berenice e quello della Vergine) giunsero entrambi alla conclusione che la loro velocità era molto superiore se funzione esclusivamente della massa visibile. Tali sistemi gravitazionali sarebbero stati giustificati esclusivamente se vi fosse stata coinvolta una quantità di materia assente, che per tale motivo denominarono “mancante”.

In seguito la stessa fu definita ?oscura”, in quanto non osservabile attraverso la semplice emissione di luce. Successivamente negli anni settanta, grazie all’osservazione di un maggior numero di galassie e del moto delle stelle al loro interno, l’intera comunità scientifica ha condiviso tale teoria. Venendo ai giorni nostri, sono stati pubblicati sulla rivista Nature i risultati di uno studio coordinato da Joerg P. Dietrich, del Michigan Center for Theoretical Physics dell’Università del Michigan che produce l’evidenza dell’esistenza della tanto teorizzata, e ricercata, ?materia oscura”. I ricercatori hanno studiato il super-ammasso di galassie composto da Abel 222 e Abel 223, di cui quest’ultimo composto a sua volta da due galassie. La caratteristica di questa regione dello Spazio consiste nel presentare un eccesso di densità di galassie con una massiccia emissione di “raggi X molli” che contribuisce alla massa totale dell’ammasso quanto un ammasso aggiuntivo.

Gioverà precisare che con “molli” si definiscono i raggi X a minore emissione energetica con lunghezza d’onda prossima all’ultravioletto; quelli “duri” sono più energetici e prossimi ai raggi gamma. Nell’articolo apparso su Nature, in cui appaiono anche immagini che descrivono l’andamento della materia “oscura” individuata, gli autori descrivono la tecnica utilizzata per giungere alla scoperta. Grazie alle osservazioni effettuato con il telescopio Subaru, posizionato presso l’osservatorio di Mauna Kea nelle Hawaii, gli studiosi hanno osservato come veniva distorta la luce posizionata al di là delle galassie osservate; in base alla distorsione subita dalle immagini, si può misurare la massa delle galassie in questione.

Questa è la tecnica delle “lenti gravitazionali”. La distorsione misurata non era giustificata solo dalla materia visibile, pertanto è da attribuire alla materia “oscura” che, sebbene non visibile, deve presentare anch’essa una massa che produce un campo gravitazionale. Pertanto risulta osservata, benché in modo indiretto. Nello specifico, i calcoli effettuati hanno fornito nello spettro X una porzione di gas incandescente pari circa al 9% rispetto alla massa totale del filamento; gli studiosi, pertanto, hanno dedotto che la parte rimanente fosse composta da materia “oscura”, che nella banda dei raggi X emetterebbe una radiazione troppo fredda per essere misurata dai telescopi. Lo stesso coordinatore della ricerca Joerg P. Dietrich ha commentato i passi avanti fatti con la presente ricerca: «Questa è la prima volta che un filamento di materia oscura è stato rilevato in maniera convincente. È una conferma clamorosa della teoria standard della formazione della struttura dell’universo.

Ed è una conferma che non si pensava fosse possibile a questo punto». Ma commenti giungono, ovviamente, da chiunque studi la materia celeste come, ad esempio, Massimo Meneghetti, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna: «Il modello cosmologico supportato da praticamente tutte le osservazioni dell’universo su grande scala fatte nell’ultimo decennio prevede che la materia nell’universo sia dominata da una componente di materia oscura fredda. In questo scenario, ci aspettiamo che le strutture cosmiche si formino in modo “gerarchico”: per effetto della gravità, partendo da fluttuazioni primordiali di densità, prima si formano le strutture più piccole (come le galassie), che poi si aggregano formando strutture più grandi, come gli ammassi di galassie. Ci aspettiamo che la materia condensi in una rete di filamenti e che gli ammassi di galassie si formino alle loro intersezioni. Osservare questi filamenti di materia oscura attorno agli ammassi può rappresentare un’ulteriore prova del fatto che abbiamo ben compreso come si formano le strutture cosmiche».

di Michele Sanvitale

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