I forti temporali che hanno colpito la costa dell’alta Toscana, i fenomeni vorticosi davanti le coste del Lazio o i “Downbursts” verificatesi ieri lungo la costa abruzzese rappresentano solo un piccolo antipasto di cosa potrebbe riservarci l’imminente stagione autunnale. Difatti l’Italia, nella giornata di ieri, è stata appena lambita dalla coda di un fronte freddo, con a seguito temperate correnti di origine medio atlantica che sono riuscite in parte a rimescolare le masse d’aria nei medi e bassi strati. Nonostante la parte più attiva del fronte freddo abbia riservato i fenomeni più intensi sulle Alpi e lungo l’area del verbano, dove si è scatenato un “Downburst” (raffiche fino a 120 km/h) che ha cagionato molti danni e dei feriti, i notevoli scambi diabatici che si sono generati tra il mare caldissimo e le masse d’aria più fresche sovrastanti, hanno innescato intensi moti convettivi, con lo sviluppo di questi intensi sistemi temporaleschi. Ciò mette in evidenza come attorno l’Italia vige un potenziale di energia pronto ad esplodere da un momento all’altro, al primo transito perturbato di matrice autunnale.
Intanto nella giornata di ieri le boe della Rete Ondametrica Nazionale, (gestita dall’ISPRA) di Cetraro, Civitavecchia e Mazara hanno già misurato valori delle acque superficiali di ben +29.4°C +29.5°C. Ma se scendiamo di latitudine, sul basso Canale di Sicilia, in prossimità delle coste tunisine, e sul mar Libico meridionale, si superano già i +30°C. Finora solo nella “caldissima” estate del 2003 si è fatto di meglio, con un picco di quasi +32°C registrato nelle acque di Cetraro, nella Calabria tirrenica. Solo che quest’anno, a differenza del 2003, quasi tutti i bacini attorno l’Italia registrano temperature di oltre i +28°C +29°C, con picchi localmente fino a +30°C. Valori che non hanno nulla da invidiare ai mari tropicali, segno che il Mediterraneo ormai è divenuto una grande pentola a pressione pronta a saltare da un momento all‘altro, agevolando l’innesco di fenomeni meteorologi veramente estremi, come intense manifestazioni temporalesche autorigeneranti (molto pericolose per il verificarsi dei “flash flood”), trombe marine, violenti “Downbursts” o addirittura lo sviluppo di ciclogenesi dalle caratteristiche tropicali (denominate “TLC”, ma si tratta di cicloni tropicali a tutti gli effetti, poco più ristretti rispetto ai comuni uragani atlantici) in presenza di forti avvezioni di vorticità positiva determinate dall‘incrocio fra i rami del “getto sub-tropicale“ e quello “polare“.
Per raccogliere tutta questa energia il “mare Nostrum” ha dovuto impiegare più di quattro mesi. Infatti se ricordiamo, dopo l’intenso episodio di “Burian” che ha colpito buona parte dell’Italia (tralasciando l’estremo sud e la Sicilia) e l’intera Europa nella prima decade di Febbraio, le acque del Mediterraneo si erano bruscamente raffreddate, facendo registrare importanti anomalie termiche negative (fino a -3° -4° dalle medie), specie tra Adriatico e Ionio, fra Marzo e Aprile. Solo dal mese di Maggio, con l’ingresso dei primi robusti promontori anticiclonici sub-tropicali sul bacino centro-occidentale del Mediterraneo le anomalie negative invernali si sono quasi azzerate, mentre le acque superficiali hanno cominciato ad assorbire sempre più calore grazie alla congeniale congiuntura barica che ha deposto a favore di un prolungato soleggiamento diurno di oltre 11-12 ore. Tra Maggio, Giugno e Luglio, con l’estate ben avviata, i capricci dell’ITCZ sul fronte africano (più alta rispetto alla media climatologica) hanno favorito la distensione di frequenti promontori anticiclonici sub-tropicale (con annesse ondate di calore) sull‘Europa meridionale e l‘area mediterranea, regalando cosi intere settimane di tempo stabile e soleggiato, con scarsa ventilazione da “gradiente” nei bassi strati.
Per molti giorni il mare a largo è rimasto quasi immobile, come fosse una palude di acque stagnanti, il cosiddetto “mare d‘olio“, come viene definito da pescatori e marinai. L’acqua calma in superficie, sotto il sole cocente di Giugno e Luglio, ha potuto immagazzinare una maggiore quantità di calore dopo settimane di cieli sereni o poco nuvolosi. Ciò può spiegare perché già ad inizio di Luglio i mari che circondano l’Italia erano già molto caldi, con rilevanti anomalie termiche positive fino a +4°C, +5°C, localmente anche +6°C, rispetto alle medie tipiche per il periodo. In previsione della futura stagione autunnale i mari cosi caldi rappresentano un brutto presagio non appena il flusso umido perturbato atlantico comincerà a scendere di latitudine pilotando verso il Mediterraneo i primi sistemi frontali e le prime profonde saccature dalla forma a “V”. Tutto questo calore latente accumulato verrà poi gradualmente smaltito durante l’autunno e la stagione invernale, trasferendo cosi alle masse d’aria sovrastanti una maggior quantità di calore che oltre a far innalzare le temperature dell’aria nei bassi strati contribuirà ad apportare una maggior quantità di vapore acqueo nell’atmosfera che a sua volta determina un incremento dei “carichi precipitativi” nei periodi di instabilità atmosferica, al primo affondo perturbato verso il “mare Nostrum“ (saccature in quota, CUT-OFF, gocce fredde).
Un mare cosi caldo, inoltre, è in grado di alimentare e irrobustire i fronti perturbati di origine nord atlantica e nord-africana, fornendo una maggior quantità di calore latente che funge da carburante per lo scoppio dell’attività convettiva, favorendo cosi lo sviluppo di grossi sistemi temporaleschi a mesoscala e MCS capaci di apportare severe fasi di maltempo, con forti piogge e nubifragi piuttosto intensi, in grado di causare anche dei disastrosi “flash flood”, spesso enfatizzati dall’azione orografica (vedi la Sardegna, la Liguria, l’alta Toscana, le coste campane, la Calabria, la Sicilia) e dal fenomeno dello “stau”. Alcuni di questi sistemi temporaleschi, sfruttando le enormi quantità di calore latente sprigionate dal mare, possono anche evolversi in insidiose ciclogenesi dalle caratteristiche tropicali, meglio note con la sigla di “TLC”, caratterizzati da una intensa attività convettiva centrale (attorno il minimo barico) e da grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”.
Questi profondi vortici ciclonici tropicali mediterranei, in genere molto ristretti (possono essere grandi quanto la Sicilia), si formano molto spesso nella stagione autunnale, fra Agosto e Gennaio, nel periodo dell’anno in cui le temperature delle acque superficiali dei mari mediterranei raggiungono i massimi valori. Proprio nel Novembre scorso, nel tratto di mare poco a nord delle Baleari, nacque “Rolf”, un “TLC” che raggiunse lo stato di tempesta tropicale, con venti ad oltre i 100 km/h. Quello di “Rolf” fu un caso di sistema depressionario extratropicale, a cuore freddo, strutturato in quota, che a contatto con le calde acque del Mediterraneo si è rapidamente evoluto in una ciclogenesi di tipo tropicale. L’enorme quantità di calore latente aspirato dal mar delle Baleari ha fatto esplodere la convezione attorno il minimo barico, generando dei nuclei temporaleschi (con fulminazioni) attorno l’area di bassa pressione. Stavolta, differentemente dallo scorso anno, il mare è molto più caldo. Quindi alcune ciclogenesi, una volta chiuse sul mar Mediterraneo, a contatto col mare molto caldo, rischiano di assumere piene caratteristiche tropicali, specie se a nord vi passa un braccio dell’alta pressione delle Azzorre che chiude definitivamente l’onda che le ha generate, tagliandole fuori dal flusso perturbato principale.
Fonte: http://www.meteoweb.eu
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