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Thursday, February 24, 2011

Violò la rete informatica della Nasa, cagliaritano rinviato a giudizio

Rischia fino a otto anni di carcere il giovane accusato di avere fatto tre intrusioni nei sistemi informatici dell'Agenzia spaziale americana e di avere copiato le chiavi di accesso di alcuni dipendenti

CAGLIARI. Al momento delle presunte intrusioni nei supercomputer della Nasa, Alessio Arceri aveva appena 18 anni, aveva la terza media e come risorse informatiche disponeva solo di un computer acquistato in offerta speciale in un centro commerciale. Tutto il contrario di un hacker professionista capace di violare i sistemi di protezione informatica dell’agenzia spaziale statunitense.

Così l’avvocato Gianfranco Annino difensore, assieme alla collega Marcella Cabras, del giovane di Bacu Abis (Carbonia) rinviato a giudizio dal Gup del Tribunale di Cagliari con l’accusa di aver violato per ben tre volte la rete informatica blindata della Nasa. La Procura gli contesta l’accesso abusivo ai sistemi informatici, con l’aggravante del fatto che si tratta di reti militari: un reato che può far rischiare una pena sino a otto anni di carcere.

Ma l’immagine di Arceri che fornisce l’avvocato Annino, che questa mattina ha discusso per oltre un’ora davanti al giudice Giorgio Altieri, è ben lontana da quella di un hacker professionista.

«Dalla base della Nasa di Pasadena, in California, è arrivata l’i nformativa alla Procura della Repubblica di Roma tramite l’a mbasciata degli Stati Uniti - racconta il difensore - Nell’i nformativa vengono forniti dati secondo i quali, un ip italiano (l’I p è il numero d'identificazione che viene assegnato a ciascun computer collegato a Internet, ndr) avrebbe abusivamente fatto irruzione nel sito dell’Agenzia spaziale americana, superando i sistemi di difesa e di controllo, in tre diversi momenti dal maggio al luglio del 2008, quando il mio assistito aveva appena 18 anni. Ora lo accusano di introduzione abusiva e captazione di alcune password intestate a dipendenti della Nasa».

La ricostruzione dell’avvocato punta anche in altre direzioni. «Quello che contestiamo radicalmente - spiega - è proprio che il ragazzo abbia commesso queste intrusioni. Alessio utilizzava a quel tempo un ponte radio per collegarsi a internet, non dunque un servizio via cavo bensì una postazione wireless senza fili. Chiunque avrebbe potuto captare il suo nickname ed il suo ip, servendosi dell’identità internet del ragazzo per l’accesso abusivo alla Nasa. E’ la stessa informativa americana che indica la provenienza da ip olandesi, venezuelani e cinesi: dunque potrebbero essere degli hacker professionisti che, rubate varie identità in giro per il mondo, hanno compiuto questi attacchi».

Fonte: http://lanuovasardegna.gelocal.it/

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