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Friday, July 6, 2012

Disastro a Fukushima «Fu colpa dell'uomo»

È un rapporto che ha fatto impressione nel mondo, grazie a una vasta eco mediatica anche superiore rispetto alla risonanza ottenuta in Giappone. L'apposita Commissione parlamentare indipendente di inchiesta ha tratto la conclusione che la crisi nucleare di Fukushima non è stata il risultato di una catastrofe naturale ma «provocata dall'uomo», ossia da numerosi e diffusi comportamenti collusivi e omissivi a più livelli (Tepco, governo, regolatori): «Si poteva e si doveva prevedere e prevenire», oltre a gestire meglio l'emergenza.
Nella relazione di 641 pagine – frutto di oltre 900 ore di audizione di 1.167 persone – spicca anche un'altra conclusione (pur non definitiva) contrastante con le tesi del Governo e dell'utility che gestisce la centrale: il reattore numero 1 potrebbe aver subìto danni gravi in seguito al terremoto, ossia una mezz'ora prima dell'arrivo dello tsunami. Sembra una questione marginale, ma in realtà il solo dubbio è gravissimo, in quanto pone un'ombra sulla sicurezza delle altri centrali in un Paese tanto esposto ai terremoti. Un conto è attribuire l'incidente a un «evento che accade ogni mille anni» (lo tsunami, secondo la tesi della Tepco); un altro è attribuire la perdita delle capacità di raffreddamento nell'impianto al tremore della terra. La pubblicizzazione della relazione parlamentare è avvenuta a poche ore dal riavvio – dopo una pausa di due mesi in cui tutti i reattori erano rimasti spenti, per manutenzione o motivi di sicurezza – della produzione di energia nucleare nel Paese: il reattore numero 3 dell'impianto di Oi ha iniziato a erogare energia nella rete alle 7 del mattino, al 5% della sua capacità, che andrà a regime il 10 luglio. Il Governo aveva dato l'ok al riavvio dell'impianto a giugno, anche se la riforma della regolamentazione del settore ha subìto ritardi tali che ci vorranno ancora vari mesi perché un organismo più indipendente possa nascere. Benché la maggioranza dell'opinione pubblica sia contraria, l'Esecutivo del premier Noda ha tirato diritto, con l'argomento che il Paese non può rinunciare al nucleare per evitare carenze di disponibilità di energia. Una vasta serie di interessi convergenti (dall'industria manifatturiera che teme i rincari dell'elettricità alle utility, fino alle preoccupazioni di ordine militare per il caso che il Paese possa perdere o attenuare una implicita deterrenza) spinge verso la continuità. Non è quindi da sovrastimare l'impatto di una relazione parlamentare tanto più critica rispetto alle altre due inchieste effettuate in precedenza sotto l'egida del governo e della Tepco: è facile buttarla in politica, in quanto il presidente della Commissione, l'accademico Kiyoshi Kurokawa, si era già scontrato con il governo, per cui erato attesi rilievi critici. Kurokawa ha probabilmente fatto un autogol nella prefazione al rapporto, dai toni molto severi, in cui si spinge a definire la tragedia «made in Japan», accaduta per le «radicate convenzioni della cultura giapponese: obbedienza incondizionata, riluttanza a mettere in discussione l'autorità, devozione al rispetto dei programmi fissati, gregarismo e insularità». Così facendo, però, contribuisce a diluire la questione delle responsabilità di singoli individui. In molti Paesi, i comportamenti collusivi indicati basterebbero per incriminazioni non solo sotto il profilo della colpa, ma anche del dolo eventuale per il disastro. E invece di responsabilità penali a Tokyo non c'è traccia.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com

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