Il premier Noda:
più gas ed energie verdi
ILARIA MARIA SALA
hong kong
Un anno e mezzo di manifestazioni di protesta, di mobilitazione e costante inquietudine per gli effetti delle radiazioni dopo il disastro nucleare a Fukushima hanno finalmente dato i frutti auspicati da una fascia sempre più grande della popolazione giapponese, e nel giro di una trentina d’anni un Giappone senza energia nucleare potrebbe diventare una realtà. Il governo giapponese, guidato dall’ormai poco popolare primo ministro Yoshihiko Noda, ha annunciato di voler cessare l’utilizzo dell’energia nucleare nel Paese prima del 2040. Un decisivo cambiamento di rotta rispetto al passato, e che lascia la lobby industriale fortemente contrariata. Il progetto è già stato approvato dalla maggior parte dei ministri giapponesi, e dovrebbe ottenere nelle prossime ore il via libera finale.
Prima del disastro scatenato dal terremoto e dallo tsunami che hanno travolto il Paese l’11 marzo dello scorso anno, il Giappone - un arcipelago montuoso con poca terra disponibile per i suoi 126 milioni di abitanti - aveva previsto di aumentare la dipendenza dal nucleare fino al 50% del fabbisogno energetico nazionale. Ma la doppia catastrofe naturale del terremoto e dello tsunami - che ha causato la morte di quasi 20.000 persone - ha portato alla luce una serie di gravi inadempienze e leggerezze nella gestione della centrale nucleare di Fukushima, che hanno definitivamente convinto la popolazione che l’energia nucleare non può essere considerata né «pulita» né sicura. La centrale di Daiichi, distrutta dalla catastrofe, ha costretto 160.000 persone ad abbandonare le loro case, e sta avendo conseguenze a lungo termine sulla salute di un numero ancora incalcolabile di persone.
L’obiettivo del Giappone ora è di triplicare il suo utilizzo di energie rinnovabili, arrivando al 30% del totale, continuare il lavoro per ottimizzare il consumo di energia, e aumentare in modo considerevole le importazioni di petrolio, carbone e gas naturale necessarie per i consumi energetici della terza economia mondiale. Secondo un calcolo dello stesso governo giapponese, il cambiamento delle fonti di approvvigionamento energetico dovrebbe aumentare di circa 40 miliardi di dollari Usa la spesa giapponese per importare petrolio e carbone.
«Siamo appena alla linea di partenza», ha detto Noda nell’annunciare il progetto«noalnucleare»:«Oradobbiamo dare il via a un cammino decisamente difficile, ma per quanto complicato sia, non possiamo più rimandare». L’abbandono al nucleare sarà fatto tramite la chiusura successiva delle centrali attualmente attive, man mano che queste raggiungono il loro quarantesimo anno di attività, data oltre la quale avrebbero potuto essere revisionate e riattivate. Al momento, solo due dei 50 reattori nucleari presenti in Giappone sono accesi, e gli altri stanno venendo sottoposti a controlli di sicurezza ulteriori.
L’instabile politica giapponese, però, potrebbeancora intromettersi nella decisione: sonoinfatti attese per il prossimo anno delle elezioni anticipate che, secondo le previsioni, dovrebbero vedere una sconfitta di Noda e del Partito Democratico, e non esiste nessuna garanzia che un governo guidato da un altro partito voglia accettare l’impegnativa decisione annunciata ieri da Tokyo.
Fonte: http://www3.lastampa.it
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