Grazie alla diffusione di internet e degli smartphone, sono sempre più numerosi i progetti che chiamano in causa i cittadini. Dall'esplorazione di Marte al checkup della fauna selvatica, ecco come sentirsi un po' astronomi, zoologi, botanici, biochimici e così via di GIULIA BELARDELLI
SCOVARE corpi celesti o fiutare polvere di stelle. Oppure concentrarsi sulla Terra, schierandosi al fianco di botanici e zoologi per classificare nuove specie e monitorare i cambiamenti di quelle già conosciute. Le possibilità di dedicarsi alla scienza, per chi ha tempo e passione, sono pressoché infinite: basta farsi un giro nel cyberspazio per rendersi conto di quanto la "citizen science", ovvero la scienza fatta dai cittadini, possa tradursi, talvolta, in un valido aiuto per la ricerca accademica. Per alcuni, come è accaduto allo scopritore di Orione e Sirio, le prime particelle di polvere stellare identificate dalla missione Stardust della Nasa, il gioco può valere una menzione su riviste del calibro di Nature. Per altri, la passione per i videogiochi in stile Tetris può trasformarsi in una straordinaria capacità nel costruire la struttura terziaria delle proteine. Per non parlare degli appassionati di animali selvatici, che segnalando eventuali anomalie o comportamenti sospetti potrebbero addirittura scongiurare rischi ambientali e possibili epidemie. Dall'astronomia all'indagine bioinformatica, ecco alcuni esempi di progetti di "citizen science": in molti casi per partecipare basta avere un computer, una connessione a internet e uno smartphone. Provare per credere.A caccia di alieni. Inizialmente, l'idea di coinvolgere gli internauti in attività scientifiche di rilievo aveva un che di utilitaristico: ciò che interessava agli scienziati era più che altro la potenza di calcolo di ogni singolo computer, non il contributo degli utenti. Il capostipite di questi progetti, SETI@home 1, ha forse lo scopo più ambizioso: trovare segnali di vita intelligente al di fuori della Terra. Nato nel 1999 da un'iniziativa della University of California di Berkeley, SETI@home è un programma di calcolo distribuito volontario che usa computer connessi a internet per analizzare i dati provenienti dal radiotelescopio di Arecibo, nell'isola di Porto Rico. Il software, di cui si sono succedute diverse versioni, può essere eseguito sia come screensaver sia durante il lavoro: in undici anni, a scaricarlo sono stati più di 5,2 milioni di persone, un record che lo ha fatto entrare nel Guinness dei primati come progetto di calcolo distribuito con il maggior numero di partecipanti. Il successo di SETI ha ispirato diverse altre iniziative di "grid-computing", come ad esempio Grid Republic 2, un consorzio di oltre 50 progetti che si basano sullo stesso principio.
Da rete di computer a network di cervelli. Dalla stessa famiglia di software è nato anche Rosetta@home 3, un programma di calcolo distribuito per l'elaborazione della struttura tridimensionale delle proteine. Come riporta un recente articolo di 4Nature 5, è stato questo programma ad aver mostrato la via verso la "citizen science". Il software, infatti, simulava il ripiegamento di una catena di amminoacidi sul monitor procedendo per tentativi, senza dare agli utenti la possibilità di intervenire. Con il tempo si è capito che il programma raggiungeva i risultati migliori combinando le funzionalità della macchina alla capacità, tipica degli esseri umani, di risolvere il puzzle per intuizione. Ecco allora che gli internauti sono diventati parte attiva del processo grazie a Foldit 6, un gioco online dove gli utenti competono, collaborano e creano strategie per la costruzione di proteine in 3D.
Tutti a testa in su. Per quanto riguarda l'astronomia, il progetto pilota è Stardust@home 7, letteralmente "polvere di stelle a casa". Dal 2006 il programma invita i cittadini a identificare tracce di polvere interstellare seminate dalla cometa WILD2 e raccolte dalla sonda Stardust: i volontari lavorano sui "focus movie", sequenze di immagini in cui ogni fotogramma rappresenta una porzione di campo visivo. Dedicato agli ammassi di stelle è invece Galaxy Zoo 8, lanciato nel 2007 dal'Università di Oxford: in questo caso, gli utenti sono chiamati a dire la loro sulla forma di una galassia, scegliendo tra ellissi e spirali di diverso tipo. L'iniziativa ha riscosso un successo enorme: nel primo giorno, il sito ha ricevuto oltre 70mila classificazioni all'ora. A completare la parabola spaziale ci ha pensato la Nasa con "Be a Martian 9", il sito in cui l'agenzia spaziale americana si serve del contributo dei cittadini per raffinare la mappa del Pianeta Rosso e dei suoi crateri. Per partecipare è sufficiente avere un computer e una connessione a internet, oltre a essere disposti a sottoscrivere la dichiarazione "I want to be a Martian Citizen".
I progetti terrestri, dal clima alla botanica. Rimettendo i piedi sulla Terra, i cittadini-scienziati possono decidere se dedicare le loro attenzioni alla lotta al cambiamento climatico, alla protezione di specie animali o alla catalogazione di campioni vegetali. L'organizzazione australiana ClimateWatch 10, ad esempio, esorta gli utenti a tracciare eventuali variazioni stagionali nei cicli di vita di piante e animali, con la possibilità di scegliere il proprio favorito tra rane, insetti, mammiferi o creature marine che abitano nell'emisfero meridionale. Di impronta ambientalista è anche NestWatch 11, progetto della Cornell University che consente agli utenti di condividere osservazioni sulle abitudini di nidificazione delle diverse specie di uccelli che popolano il Nord America. L'iniziativa, finanziata dalla National Science Foundation, si sta rivelando particolarmente utile anche per monitorare gli effetti del disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. Sul fronte dei vegetali, invece, l'esempio più completo è Herbaria@home 12, portale britannico nato per favorire la classificazione collettiva delle specie di piante che colorano i boschi e i prati del Regno Unito. Finora sono state documentate quasi 75.700 specie diverse.
Il check up della fauna selvatica. Uno dei settori più movimentati della "citizen science" è l'osservazione della salute degli animali selvatici, così da prevenire eventuali epidemie nell'uomo. E' questo lo scopo di "Wildlife Health Event Reporter 13", sito internet nato dalla collaborazione tra Università del Wisconsin e Geological Survey National Wildlife Health Center. Il portale è stato creato per permettere a tutti, in qualsiasi parte del mondo, di condividere informazioni su eventuali minacce alla salute della fauna selvatica e degli esseri umani. Chiunque veda un animale malato o morto può registrarsi sul sito e inviare la sua segnalazione. I report sono visibili a tutti ed è anche possibile sottoscrivere un feed rss e ricevere via e-mail tutti gli aggiornamenti zona per zona. L'idea è moltiplicare gli occhi e le orecchie pronti a lanciare l'allarme nel caso di fenomeni sospetti: l'unico modo per prevenire con efficacia la diffusione di malattie che spesso hanno origine proprio nel regno animale - come la SARS, il virus del Nilo Occidentale e le rabbie. Spostandoci nel campo del mobile, invece, una delle ultime novità è "Outbreaks Near Me", un'applicazione che fa parte di HealthMap.org 14, sistema elettronico dedicato alla raccolta di informazioni su possibili epidemie e condizioni di rischio per la salute globale. Il programma, sviluppato da due ricercatori del Children Hospital di Boston, consente di inviare i report direttamente da un iPhone o da uno smartphone su piattaforma Android.
Scienziati (non) per caso. Come dimostrano alcuni esempi illustri, per essere un "citizen scientist" modello non bisogna essere dei geni o dei plurilaureati di Harvard. Il New York Times, ad esempio, ha recentemente ricordato 15 la storia di Hanny van Arkel, maestra senza una particolare formazione in astronomia che navigando su Galaxy Zoo si è imbattuta in un corpo celeste misterioso mai intercettato dagli astronomi. Non solo al misterioso oggetto è stato dato il suo nome (Hanny's Voorwerp), ma l'insegnante tedesca è stata coinvolta come co-autrice in un articolo scientifico che sarà pubblicato a gennaio. Così è stato anche per Bruce Hudson 16, cittadino dell'Ontario che dopo essere rimasto paralizzato per metà corpo a causa di un infarto è diventato uno dei campioni di Stardust@home: è stato lui a scegliere le denominazioni di Orione e Sirio per le prime particelle di polvere interstellare ricavate dalla missione Stardust. Prima di scoprire il progetto il suo era solo un vago "interesse per le stelle e cose del genere"; ora, invece, si impegna al fianco degli astronomi per capire meglio la composizione delle comete.
(29 dicembre 2010)
Fonte:http://www.repubblica.it
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