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Saturday, April 2, 2011

IL DRAMMA GIAPPONESE E' STATO CAUSATO ANCHE DALLA MANCANZA DELLA ROBOTICA

Una centrale troppo vecchia

E’ di oggi la notizia che l’Usa fornirà robot al Giappone per lavorare nelle centrali nucleari danneggiate. La giusta critica dell’ing. Bottoni del Cirn sull’assenza di elicotteri telecomandati per “innaffiare” i reattori di Fukushima, sorvolati invece a gran velocità perché i piloti non subissero irraggiamento, mi riporta al memorabile incontro con lo scomparso prof.
M. Somalvico, padre dell’Intelligenza Artificiale e della Robotica italiane. Pochi minuti con lui, deceduto nel 2002 e oggi quasi dimenticato, bastavano per formarsi idee fantastiche di automatismi dalle più svariate applicazioni. Eppure non si sono usati finora “robot” a Fukushima, nel Paese di origine di oggetti imitanti perfettamente animali, camerieri, ecc.
L’obiezione che l’uso della robotica nelle attività più pericolose ridurrebbe posti di lavoro è assurda (e cinica), come quella che gli operatori del “solare” sarebbero lasciati sul lastrico dall’avvento del nucleare. In entrambi i casi si tratterebbe invece di un gran salto di qualità del lavoratore: si pensi all’abbrutimento del minatore rispetto alla maestria richiesta al semplice assemblatore di robot, per non parlare delle vite salvate dall’uso di robot nel caso di incidente in miniera o…in un reattore nucleare.
I robot devono essere fabbricati, ma poi non sostituiscono l’uomo, che invece deve manovrarli singolarmente. La completa Ai è di là da venire!
Ecco le caratteristiche di un robot per applicazioni, come quelle di ispezione e riparazione, che non richiedono tanto un’intelligenza per decisioni autonome quanto una guida a distanza per spostamenti e azionamenti.
Si darà più importanza alla mobilità e alla robustezza che all“intelligenza” e per questi scopi è già possibile produrre robot, in modelli abbastanza simili fra loro, per qualunque applicazione, per esempio adattando in versione molto più robusta e con maggiore autonomia quelli su 4 ruote indipendenti già usati con successo su Luna e Marte.
Escluso ogni antropomorfismo, occorre una grossa e potente batteria elettrica, ma anche un lungo cavo per alimentazione di emergenza nel caso il robot con batterie scariche non sia più in grado di raggiungere la presa di ricarica disposta all’uopo nei locali in cui opera, oppure, come nei reattori di Fukushima i primi giorni, non ci sia più corrente all’interno.
Occorre poi una ricca sensoristica: ottica (stereoscopica), tattile, di prossimità, di analisi di aria e liquidi e, per i reattori nucleari, della radioattività. Il tutto va in un affidabile computer che, messi tutti i dati in ordine, li trasmette su un unico canale in forma seriale via radio digitale e/o via cavo a un operatore dotato di computer, che vede ciò che il robot “vede” e completa l’informazione con adeguati aggiustamenti e simulazioni, fino ad avere un quadro della situazione anche più completo di quello che non avrebbe se fosse presente egli stesso sul luogo dove si trova il robot (può ingrandire, zoomare, cambiare angolo visuale, colorare particolari, ecc.
). In base a ciò che vede, l’operatore ordina a tempo debito al robot, sempre via cavo o radio, come deve proseguire, per esempio semplicemente spostarsi in altro luogo o, nel punto in cui si trova in quel momento, eseguire un certo compito, che può andare dalla semplice ispezione (ravvicinata) visiva, tattile o radioattiva alla vera e propria attuazione di qualche comando locale per mezzo di “bracci” e “dita” con i necessari gradi di libertà e “forza” per eseguire l’operazione, anche per mezzo di speciali attrezzi recuperati al campo base; l’operazione è seguita tramite i sensori e corretta in tempo reale, se necessario, dall’operatore con telecomandi, che possono essere semplici come un “mouse” o complessi fino a speciali “guanti” in modo da far riprodurre alle dita (o grosse pinze) del robot i movimenti fini dell’operatore.
Tutto ciò è molto più semplice e immediato che nello Spazio perché non sono in gioco lunghe distanze (a volte migliaia di km, tra operatore e attuatore), rendendo così quasi istantanei i percorsi dei segnali nelle due direzioni (dura più il tempo di elaborazione dei dati di quello di trasmissione; nello Spazio è il contrario!).

Non si comprende come mai ciò non fosse già disponibile a Fukushima (e non lo sia in USA e Europa), causando così grossi errori e perdite di vite umane. Sarebbe raccomandabile che i grandi “decision maker” mettessero subito in cantiere schiere di questi robot, invece di limitarsi a ordinare spegnimenti immediati e revisione della funzionalità degli attuali reattori, con presenza diretta di operatori in aree oggi potenzialmente critiche.
E chissà che andando a curiosare presso i militari non si trovino già alcuni di questi dispositivi belli e pronti!
In conclusione, anche indipendentemente dagli incidenti eccezionali, la casistica giornaliera di interventi normali o di manutenzione, specie nel settore chimico, suggerirebbe già di investire proficuamente in un settore, quello della robotica “di emergenza”, da troppo tempo trascurato.

*CIRN Lombardia

Fonte: http://www.opinione.it/

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