Roma – La situazione a Fukushima non è affatto migliorata e, nonostante il tentativo di controllare le fughe di notizie e lo stoicismo del popolo giapponese, di fatto il disastro c’è.
Le ultime notizie dal Giappone riguardano tracce di iodio radioattivo nel latte materno, l’oceano Pacifico con sostanze radioattive che hanno superato di 20 mila volte il limite massimo annuale, l’accesso vietato per un raggio di venti chilometri intorno alla centrale di Fukushima e un nuovo terremoto di magnitudo pari a 6.3, ma da quel giorno di marzo la terra non ha mai smesso di tremare nel Paese del Sol Levante.
Alla crisi nucleare occorsa dopo il sisma è seguita quella politica, che vede – soprattutto in questi ultimi giorni – il governo giapponese in profonda difficoltà a causa della gestione dell’emergenza, tanto che non poche voci hanno chiesto le dimissioni del Primo Ministro Naoto Kan, accusato di aver mostrato mancanza di polso e di aver contribuito a “coprire” la reale entità dei danni.
Ad aggravare il quadro si aggiunge il prevedibile tracollo economico che il Giappone dovrà affrontare nei prossimi mesi nonostante la buona volontà di dirigenti e classe lavoratrice: le previsioni di crescita dell’Ocse – Organisation for Economic Co-operation and Development (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) – vedono il Pil del Giappone crescere solo dello 0,8% per il 2011, valore ancora più basso della precedente previsione che riferiva un dato pari all’1,7%, sebbene le previsioni per il prossimo anno siano più rosee.
Le esportazione sono già notevolmente calate e pesca – settore importantissimo in quello che non a caso è il Paese del sushi – e agricoltura hanno subito danni irreparabili, soprattutto nelle zone prossime alla centrale di Fukushima.
E mentre i vertici della Tepco cercano di scusarsi in tutti i modi con la popolazione – che non ha avuto certo reazioni entusiaste – in tutto il mondo si rincorrono le voci sull’entità del disastro e il paragone con Chernobyl – considerato l’episodio più catastrofico nella storia del nucleare – affiora in ogni discorso e in ogni analisi. Se l’oggi è incerto – livello 7 o livello 8, disastro locale o disastro globale, peggio Chernobyl o peggio Fukushima –il domani non lo è.
Fermo restando che, sebbene siano passati anni, i dati su Chernobyl sono ancora contrastanti, abbandoniamo la mera matematica e usiamo la logica e l’osservazione per comprendere le conseguenze di un incidente nucleare.
È importante soprattutto considerare che il pericolo delle radiazioni non è percepito dalle persone, insomma non è come sentire il sibilo di una bomba e poi vederla esplodere a pochi metri da noi, per questo è così difficile tenere sotto controllo gli effetti dell’esposizione a sostanze radioattive.
Oltre ai devastanti effetti sulla salute degli esseri umani – tumori, mutazioni genetiche e conseguenti malformazioni – restano incalcolabili i danni al territorio, all’ambiente e quindi a tutta la terra che, a ben pensarci, è un unico enorme ecosistema in cui anche noi siamo coinvolti.
Dunque questi i problemi principali che il Giappone dovrà affrontare: bonifica delle aree coinvolte – con una perdita economica rilevante, soprattutto perché gli isotopi radioattivi hanno tempi di decadimento lunghissimi – diffusione di malattie non trascurabili nei prossimi anni e per le prossime generazioni – anche questo influirà non poco sull’economia in termini di forza lavoro e spese sanitarie – e infine, ma certo non per rilevanza, l’incidenza dell’evento sulla vita del pianeta.
Recentemente (il 18 marzo) il Guardian ha proposto una mappa commentata dei principali incidenti nucleari che si sono verificati a partire dal 1952, utile strumento per iniziare a capire dove? e poter passare al come? e perché?. Il poi? è ancora da stabilire.
Francesca Penza
Fonte: http://www.wakeupnews.eu
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